I dati, asset cruciale per il wealth management

Laura Magna
Laura Magna
9.7.2021
Tempo di lettura: 5'
Asset e wealth management possono, attraverso questa risorsa, offrire una consulenza su misura grazie alla conoscenza diretta del cliente. “Attraverso la digitalizzazione e relativa capacità di raccolta, archiviazione e analisi dei dati, aumenta esponenzialmente anche la velocità delle operazioni e dell'interazione con il cliente”. Ne parliamo con Nicola Bonoli, Financial Services Director di Iconsulting

Oltre a rendere efficiente un processo pre-esistente, i dati abilitano la relazione coi clienti che prediligono la velocità e una maggiore personalizzazione dei servizi

Secondo il Politecnico di Milano, soltanto il 7% delle aziende dichiara molto elevato il proprio livello di qualità dei dati, contro il 43% che lo ritiene insufficiente. Avere tanti dati non significa saperli valorizzare adeguatamente

Secondo i dati (segnatamente quelli dell'Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano), soltanto il 7% delle grandi aziende dichiara molto elevato il proprio livello di qualità dei dati, contro il 43% che attesta, invece, un livello insufficiente per le proprie esigenze di business. Questo perché spesso si cade in un “equivoco”: avere tanti dati a disposizione non significa avere tante informazioni. La gestione e la valorizzazione dei dati è imprescindibile per ogni settore. E asset e wealth management non fanno eccezione.

I dati come asset della finanza


Anzi, “i dati sono stati un asset fondamentale del mercato finanziario da sempre – precisa Nicola Bonoli, Financial Services Director di Iconsulting - ma il presidio della relazione era fisico e non digitale e il principale canale di accesso era la filiale”. Poi il mondo è cambiato. E la pandemia, con l'accelerazione indotta nella digitalizzazione, ha fatto il resto. “Oggi, la sfida è nel conquistare e mantenere la padronanza della relazione con il cliente considerando i molteplici punti di ingresso ai servizi finanziari ed una sempre maggiore propensione dei millennials (e successivi) all'utilizzo dei canali digitali: in questo i dati, e la capacità di utilizzarli, costituiscono gli elementi fondamentali per poter stare nel mercato. Alcune delle principali Banche italiane collaborano con Iconsulting proprio per innovare e soddisfare, attraverso la valorizzazione dei dati, le esigenze di un mercato in continua evoluzione”, dice Bonoli.

Le informazioni che servono ad asset e wealth management


Quale valore aggiunto offrono i dati per chi si occupa di asset e wealth management? “Asset e Wealth Management – risponde Bonoli - offrono una consulenza per tutte le necessità e personalizzata grazie alla conoscenza diretta del cliente: attraverso la digitalizzazione e relativa capacità di raccolta, archiviazione e analisi dei dati, aumenta esponenzialmente anche la velocità delle operazioni e dell'interazione con il cliente. I dati quindi, oltre a rendere efficiente un processo pre-esistente, abilitano la relazione coi clienti che prediligono la velocità (ad es. di una app con la quale fare le proprie scelte di investimento) e una maggiore personalizzazione dei servizi”. Insomma, i dati, o meglio le informazioni che da essi si possono trarre, servono a fidelizzare i clienti esistenti e ad attrarne di nuovi, soprattutto Millennial e Gen Z che si affacciano al mondo degli investimenti e della gestione dei risparmi.

L'avvento della Psd2


E c'è un altro fattore, precedente la crisi pandemia, ad aver rafforzato il trend digitale per l'industria tradizionale. Parliamo della Psd2 che abilita l'open banking e su cui, almeno in Italia, c'è ancora molta strada da fare. “L'ingresso della Psd2 ha determinato una maggior competizione nel mercato con l'ingresso di nuovi player come startup e soprattutto delle BigTech che hanno reso i dati il loro asset nativo o principale e che trainano il processo di innovazione del mercato – commenta Bonoli - Alcuni player dell'industria finanziaria si sono limitati, in prima battuta, all'utilizzo degli Aisp con l'obiettivo di usare questi dati per scopi coerenti con la natura dei prodotti e servizi precedentemente offerti. Ad oggi il processo evolve invece sfruttando i dati per lo studio dei comportamenti, dei gusti e delle esigenze di ogni cliente al fine di proporre prodotti ritagliati su misura e fornire servizi finanziari secondo modalità innovative rispetto alla banca tradizionale”. Ed è da questo punto di partenza che si può immaginare l'evoluzione che avranno istituti di credito e intermediari finanziari grazie all'utilizzo dei dati.
La digitalizzazione, l'utilizzo di Advanced Analytics e tecnologie Real Time abilitano un modello di erogazione del credito che consente di proporre prodotti diversificati ed estremamente competitivi e, al contempo, di ridurre in modo consistente il rischio. “Alla valutazione del rischio di credito tradizionale si affiancano quindi nuove possibilità di valutazione che la rendono più snella ed efficace ed avere un credit scoring, che in passato si otteneva dall'analisi dei dati di bilancio e dalla storia dell'azienda, ottenuto utilizzando principalmente il Machine Learning e gli Analytics”, conclude Bonoli.

 
Giornalista professionista dal 2002, una laurea in Scienze della Comunicazione con una tesi sull'intelligenza artificiale e un master della Luiss in Giornalismo e Comunicazione di Impresa. Scrivo di macroeconomia, mercato italiano e globale, investimenti e risparmio gestito, storie di aziende. Ho lavorato per Il Mattino di Napoli; RaiNews24 e la Reuters a Roma; poi Borsa&Finanza, il Mondo e Plus24 a Milano. Oggi mi occupo del coordinamento del Magazine We Wealth (e di quello di tre figli tra infanzia e adolescenza). Collaboro anche con MF Milano Finanza.

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