Lo scopo del progetto è sviluppare una piattaforma che consenta ai player istituzionali di agire nell’ambiente della finanza decentralizzata nel rispetto delle linee guida e degli stringenti requisiti di conformità normativa
L’Institutional DeFi for security token coinvolge attori come AcomeA sgr, Gimme 5, Euromobiliare am sgr, Banca Mediolanum, Banca Sella, Banca Popolare di Sondrio, Credem, Hype, Intesa Sanpaolo e Mediobanca
In arrivo una piattaforma contro il “far west” della finanza decentralizzata. Cetif Advisory, spinoff di consulenza del Cetif dell’Università Cattolica di Milano, in partnership con Fireblocks, Reply e Linklaters, ha lanciato Institutional DeFi for security token, un progetto che punta alla costruzione del primo ecosistema italiano per la sperimentazione della DeFi istituzionale, valorizzando lo strumento dei security token per il mercato secondario. Abbiamo intercettato Imanuel Baharier, general manager di Cetif Advisory, per capire come funziona e quando sarà possibile testare la piattaforma.
“Come Cetif Advisory creiamo progettualità ecosistemiche, mettendo a lavorare allo stesso tavolo un certo numero di operatori in un ambiente precompetitivo”, spiega Baharier. “Un momento di co-design o co-creazione, in cui lavoriamo insieme per un output condiviso, cui invitiamo a partecipare anche la autorità, in modo che entrino in un dialogo produttivo con tutto il processo. Nello specifico di questo progetto, siamo partiti dalla constatazione che la DeFi sta diventando preponderante, ma non dà garanzie. È un ambiente simile al Far West: veloce, efficace, efficiente, ma totalmente privo di garanzie per l’utente e quindi anche per gli operatori istituzionali che in qualche modo faticano a operare”.
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Lo scopo è infatti quello di sviluppare una piattaforma che consenta ai player istituzionali di agire in questo ambiente nel rispetto delle linee guida e degli stringenti requisiti di conformità normativa, offrendo allo stesso tempo ai propri clienti servizi finanziari tipici dell’ecosistema DeFi, ma contenendo i rischi e mantenendo rendimenti significativi. Secondo un recente studio condotto dallo spinoff di consulenza del Cetif con le principali istituzioni finanziarie, il paradigma della DeFi è analizzato attivamente da almeno un anno dall’81% del campione, che non lo considera assolutamente un fenomeno transitorio o sopravvalutato. Anzi. Il 92% ritiene che non studiare la DeFi significhi perdere un vantaggio strategico, ma la totalità degli intervistati cita la mancanza di un inquadramento regolamentare come il principale ostacolo alla sua adozione.
L’Institutional DeFi for security token coinvolge oggi attori come AcomeA sgr, Gimme 5, Euromobiliare am sgr, Banca Mediolanum, Banca Sella, Banca Popolare di Sondrio, Credem, Hype, Intesa Sanpaolo e Mediobanca; ma resterà aperto all’ingresso di nuove istituzioni finanziarie per i prossimi due mesi. Come funziona in pratica? “Il modello a cui abbiamo pensato è un modello basato su liquidity pool e liquidity provisioning da una parte e bonding curve dall’altra, con gli istituzionali che fanno da gatekeeper per questi pool”, spiega Baharier. “Vuol dire che invece di operare in maniera diretta all’interno della DeFi, andiamo a creare delle pool con degli automated market makers che le governano e le popoliamo con copie di digital asset (come security token o stablecoin) che possono essere scambiate tra utenti privati la cui operatività viene consentita dagli istituzionali che fanno da liquidity provider per la pool. Una volta che un utente verrà riconosciuto dall’istituzionale, potrà operare all’interno della pool e fare trading con quella copia”. Al momento, conclude Baharier, è in corso una fase di business modeling; la piattaforma potrà essere testata a partire da settembre.