L’uscita dovrebbe avvenire fra fine 2023 e inizio 2024. Raggiunta da We Wealth, Ubs ha preferito non commentare. Il possibile cambio di casacca del manager fa seguito all’ingresso di Giovanni Ronca, a capo delle operazioni di wealth management combinate di Ubs e Credit Suisse in Italia
Paolo Federici, responsabile di Ubs Global Wealth Management per l’Italia, secondo indiscrezioni giornalistiche odierne (6/10/2023) starebbe per lasciare il colosso bancario svizzero che dallo scorso giugno ha integrato Credit Suisse. L’uscita dovrebbe avvenire fra fine 2023 e inizio 2024. Raggiunta da We Wealth, Ubs ha preferito non commentare. Il possibile cambio di casacca del manager fa seguito all’ingresso di Giovanni Ronca (11/09/2023), a capo delle operazioni di wealth management combinate di Ubs e Credit Suisse in Italia. Non si tratterebbe dell’unico cambiamento di peso: sarebbe infatti prossima alla chiusura FIM (Financial Intermediaries), la divisione che fornisce servizi bancari a operatori finanziari (ma anche filantropici) di rilievo. Quella in atto in Ubs è del resto “una delle più complesse integrazioni nel settore bancario globale dalla crisi finanziaria”, per citare Bloomberg.
Il colosso guidato da Sergio Ermotti ha archiviato il secondo trimestre 2023 con un utile netto di 29,2 miliardi di dollari, al lordo dell’avviamento negativo di 28,9 miliardi generato dal salvataggio di Credit Suisse, le cui attività opereranno separatamente fino alla chiusura complessiva dell’operazione di fusione, prevista nel corso del 2024.Il marchio e le attività resteranno invece fino alla completa migrazione dei clienti da CS a Ubs, prevista per il 2025.
Il dossier gestito da Giovanni Ronca è complesso. Stando ai dati dell’associazione italiana del private banking (Aipb), le masse pb gestite da Ubs nel nostro paese (inclusa la fiduciaria con intestazione di patrimoni in Svizzera) si sono contratte di 8 miliardi di dollari negli ultimi 4 anni, giungendo quindi a 27 miliardi di euro. La succursale italiana di Credit Suisse (con la fiduciaria) nel 2022 gestiva masse private per oltre 25 miliardi di euro: oggi si sussurra che si sarebbero ridotte a circa un decimo.
Rientra nel fardello Credit Suisse anche la vicenda dei “bond del tonno”. Secondo fonti Ansa, Ubs e il miliardario franco-libanese Iskandar Safa rischiano di dover pagare al governo del Mozambico un risarcimento di 1,5 miliardi di dollari (1,4 miliardi di euro) per uno scandalo risalente a 10 anni fa ereditato da Credit Suisse. Il governo del paese sudafricano è infatti ricorso al tribunale di Londra per rivalersi dei danni subiti a seguito del prestito da circa 2 miliardi di dollari (1,87 miliardi di euro) concessogli da Credit Suisse e dalla banca russa Vtb Capital tra il 2013 e il 2014. Lo scopo era quello di finanziare lo sviluppo della pesca del tonno tramite i cosiddetti Tuna Bond. Il prestito, mai ratificato dal parlamento africano, avrebbe dovuto finanziare l’acquisto di una flotta di navi per sviluppare la pesca al tonno nel paese, ma la vicenda ha preso una piega diversa. Nel 2016 il Mozambico non è in grado di pagare gli interessi sul debito e scoppia la crisi, con una svalutazione del 70% della valuta locale. In più, le navi strapagate alla Privinvest di Iskandar Safa risultano essere inadatte per la pesca al tonno. La banca dovrà rispondere di corruzione, avendo Credit Suisse già pagato una multa di 475 milioni di dollari (443,91 milioni di euro) al Mozambico nel 2021.
In ogni caso, l’integrazione di Credit Suisse in Ubs procede molto rapidamente. Nelle parole di Sergio Ermotti, ceo di Ubs, pronunciate durante la ceo conference di Bofa a Londra lo scorso 19 settembre: «stiamo lavorando a pieno ritmo per realizzare le sinergie, ma anche per preparare il piano triennale 2024-2026 che annunceremo a febbraio. Stiamo anche gestendo la crescita, comprese le nostre ambizioni negli Usa». Nel corso dello stesso evento Ermotti ha sottolineato che «metà degli oltre 10 miliardi di risparmi sui costi derivanti dalla fusione» si devono alla «chiusura della banca di investimento e all’uscita da posizioni non strategiche».