A pochi giorni dal termine ultimo entro cui i cittadini europei possono richiedere il permesso di residenza nel Regno Unito, We Wealth ha intervistato Alessandro Belluzzo per fare il punto sulla Brexit
Alessandro Belluzzo, barrister a Londra, è founding partner di Belluzzo International Partners e di Trust&Wealth. Si occupa prevalentemente di pianificazione patrimoniale, con particolare riguardo alle persone fisiche e al family business
Si tratta di una delle più rilevanti misure amministrative messe in piedi dal governo britannico in materia di immigrazione. Al riguardo, basti pensare che sono state inoltrate oltre 5 milioni di richieste.
Ebbene, spiega Belluzzo, “mediante la procedura di registrazione sarà possibile ottenere il settled status o il pre-settled status”. Il settled status consiste in un permesso di soggiorno permanente, e può essere rilasciato se si hanno cinque anni o più di permanenza continuativa in territorio britannico. In questo caso, i soggetti che si vedranno riconoscere il settled status potranno risiedere nel Regno Unito a tempo indeterminato e avranno la possibilità di fare domanda di cittadinanza britannica dopo un anno. Il pre-settled status, invece, è un permesso di soggiorno temporaneo, finalizzato a completare il periodo minimo di residenza di cinque anni necessari per l’ottenimento del settled status.
Coloro che non dovessero ottenere questo documento (e la minaccia esiste anche in ragione del numero esorbitante di richieste inoltrate, che l’amministrazione britannica non riesce a processare), potrebbero vedersi obbligati a chiedere un visto temporaneo; con il rischio di “perdere alcune prerogative di cui fino ad ora hanno goduto. Dal diritto alla casa a quello all’assistenza sanitaria”.
Ma la vicenda Brexit, come si diceva, impone di soffermare l’attenzione anche su altre questioni.
Ad esempio, è opportuno considerare tutte le implicazioni che l’uscita del Regno Unito dall’Unione genera in materia di pianificazione successoria e amministrazione dell’eredità.
Per certi versi, spiega Belluzzo, si tratta “dell’ambito in cui si registra la maggiore distanza tra Uk e Ue”.
Infatti, continua, il founding partner di Belluzzo International Partners, “posto che, già prima della Brexit, il Regno Unito quale Stato membro si era riservato di dare applicazione al Regolamento Ue n. 650/2012, che a livello europeo tenta di uniformare alcuni aspetti in materia di successione”, è evidente che a seguito dell’uscita dall’Unione, “la distanza tra Uk e Ue in materia successoria è ancora più marcata”.
In questi termini, “poiché è sempre più usuale per le famiglie trovarsi coinvolte in una successione transnazionale, fattispecie che viene in rilievo nel caso in cui i beni o gli eredi del de cuius si trovano in ordinamenti diversi dallo Stato in cui è stata aperta la successione, occorre prendere degli accorgimenti”.
Tra le diverse strade da intraprendere per meglio tutelare il patrimonio ed evitare possibili contrasti tra normative, è consigliabile distinguere in termini territoriali i beni di cui si vuole disporre per testamento.
Pertanto, poiché nel caso di cittadino europeo deceduto in Inghilterra rileveranno le norme di diritto internazionale privato inglese, e non, invece, quelle europee, al fine di meglio tutelarsi e prevenire controversie è consigliabile redigere due testamenti distinti.
In particolare, avverte Belluzzo, “è più che mai essenziale avere due testamenti. Uno regolato dalla law of England and Wales in cui sono individuati esclusivamente i beni presenti in territorio britannico, e un altro per i beni situati nell’altro Stato. Ad esempio l’Italia”.
Dal punto di vista fiscale, invece, occorre prestare attenzione a successioni e donazioni. Stante il fatto che i beni nel Regno Unito subiscono una tassazione del 40% anche per le persone non residenti, queste potranno sempre avvalersi, nei casi di doppia imposizione, del Trattato in essere tra UK e Italia, ancora in vigore anche dopo la Brexit.
La circostanza che il Regno Unito sia diventato a tutti gli effetti un paese terzo invita, inoltre, a interrogarsi sul regime dei beni immobili situati all’estero.
Su questo punto, spiega Belluzzo, “per i soggetti che risiedono in Italia e possiedono beni immobili nel Regno Unito, ci sono molti risvolti a seguito della Brexit”, posto che non troverà più applicazione la disciplina prevista in materia dal legislatore, vale a dire quella che prevede l’applicazione dell’imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE), addebitata con un’aliquota pari allo 0,76%.
Infatti, se per gli immobili situati in Paesi appartenenti all’Unione Europea il valore di riferimento per la determinazione dell’imposta è quello ‘catastale’, così come determinato nel paese in cui è situato l’immobile, per gli immobili situati in Paesi extra UE (quale ora è il Regno Unito), la base imponibile si determina tenendo conto del costo risultante dall’atto di acquisto o del valore di mercato.
Per tale ragione, “se non si deve più tenere conto del valore catastale dell’immobile ma del valore di mercato, è evidente che molto cambia per gli italiani che hanno acquistato casa nel Regno Unito”.
Come spiega Belluzzo “come conseguenza della Brexit è notevolmente aumentato il flusso di persone che dal Regno Unito si sono mosse verso l’Europa e, in particolare, verso l’Italia”.
L’Italia in questo momento è considerato un paese attraente e attrattivo dal punto di vista fiscale. “Basti pensare al regime della flat tax, o ancora alle opportunità fiscali correlate al regime conosciuto come ‘rientro dei cervelli’, che prevede l’abbattimento della base imponibile fino al 90% per gli impatriati”.
Inoltre, i vantaggi finanziari e tributari previsti dalle norme, diventano ancor più consolidati grazie alla possibilità di ricorrere alla procedura dell’interpello, ottenendo in questo senso una certificazione da parte dell’Agenzia delle entrate rispetto al regime fiscale da applicarsi al caso di specie.
Tutto ciò considerato, “si può dire che le più recenti misure permettono di combinare la dolce vita con la pace fiscale”, e proprio per questo è particolarmente interessante pensare di trasferire la propria residenza in Italia.
In conclusione, continua Belluzzo, non si deve credere che l’effetto Brexit abbia interrotto il dialogo economico tra l’Italia e il Regno Unito. Al contrario. Per certi versi è stato possibile mantenere e garantire il business as usual tra Uk e resto del mondo, anche grazie a servizi innovativi di consulenza offerti a cittadini e famiglie che intendono trasferirsi nel Regno Unito e che necessitano di soluzioni su misura per la gestione del proprio patrimonio.
In questi termini, spiega Belluzzo riferendosi alla società Trust&Wealth dallo stesso fondata, è di primaria importanza la figura di un consulente esperto che, con un approccio multidisciplinare, risponda alle esigenze dei clienti attuando tutte le strategie volte a tutelare i patrimoni, proteggere e valorizzare i beni, gestire nel miglior modo possibile i propri affari nel Regno Unito ovvero in Italia nel caso si volesse beneficiare delle norme sul rientro.