L’ipotesi di un possibile piano governativo per sostenere il valore delle azioni cinesi onshore, il cui valore sarebbe pari a 2mila miliardi di yuan ha fatto rimbalzare l’indice Hang Seng
L’esito della riunione della BoJ, in linea con le attese, ha lasciato intatto il risultato raggiunto dal Nikkei225 da inizio anno: un +9,7% che proietta l’indice giapponese sui massimi degli ultimi 34 anni
Un divario pari a oltre 18 punti di performance sta dividendo le azioni giapponesi dai titoli quotati a Hong Kong da inizio anno al 23 gennaio, in un confronto che si preannuncia come una potente riedizione di quanto già visto – a sorpresa di molti gestori – nel 2023. Il ritorno del Giappone nei radar degli investitori internazionali e la traversata nel deserto della Cina avevano già fatto, infatti, non sono una novità: l’anno scorso l’indice Nikkei 225 aveva realizzato una performance superiore al 33%, a fronte di un calo vicino al 30% per il listino di Hong Kong e un rosso del 22% per il Csi300, che include anche le principali azioni della Cina continentale.
Martedì 23 gennaio, l’ipotesi di un possibile piano governativo per sostenere il valore delle azioni cinesi onshore, il cui valore sarebbe pari a 2mila miliardi di yuan (278,52 miliardi di dollari) secondo Bloomberg, ha fatto rimbalzare l’indice Hang Seng, che ha chiuso la seduta a +2,66%. Fino a poche ore prima, però, si temeva che Hong Kong potesse oltrepassare il minimo dell’ottobre 2022, toccando i livelli più bassi mai visti dal 2009.
Sempre martedì, la banca del Giappone (BoJ) ha lasciato invariate le sue politiche monetarie espansive, indicando, però, che l’obiettivo della stabilità dei prezzi al 2% si sta gradualmente avvicinando. “Se otteniamo ulteriori prove che un ciclo positivo di inflazione salariale si intensificherà, esamineremo la fattibilità di continuare con le varie misure che stiamo adottando nel quadro del nostro massiccio programma di stimolo”, ha dichiarato il governatore della BoJ, Kazuo Ueda.
L’esito della riunione, in linea con le attese, ha lasciato intatto il risultato raggiunto dal Nikkei225 da inizio anno: un +9,7% che proietta l’indice giapponese sui massimi degli ultimi 34 anni.
Cina, continua perdere terreno…
“Il ‘mercato dimenticato del mondo’, quello giapponese, si è finalmente lasciato alle spalle tre decenni di deflazione e stagnazione”, ha dichiarato a We Wealth il market analyst di eToro, Gabriel Debach,“nel frattempo, i titoli cinesi hanno avuto l’inizio peggiore, fra le Borse principali, mentre si trovano a dover affrontare una difficile sfida su tre fronti” consumi bassi, comparto immobiliare in crisi ed esportazioni ancora sottotono.
Al netto di molteplici fattori macroeconomici e geopolitici avversi, ha aggiunto Debach, la Cina potrebbe essere una scommessa controtendenza interessante, alla luce delle valutazioni scontate dei titoli quotati a Hong Kong. Il rapporto prezzo/utili dell’indice Hang Seng è sceso al di sotto prezzo/valore di libro del Nasdaq 100”.
Per il momento, però, la maggioranza dei gestori ha mantenuto una visione negativa su Pechino, scontando cambiamenti strutturali negativi nella composizione della crescita (meno guidata dalle esportazioni e più dipendente dall’intervento pubblico) e un ritmo del Pil più contenuto rispetto all’era pre-pandemia. “La diminuzione nel mercato immobiliare, le sfide demografiche”, legate all’invecchiamento della popolazione, “e un considerevole indebitamento” hanno avvicinato l’attuale scenario cinese a quello del Giappone degli anni ’90/2000”, ha aggiunto Debach. Il Giappone, nel frattempo, è tornato fra le preferenze degli investitori con buone speranze anche per il 2024.
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…mentre il Giappone avanza
Con la fine dell’inflazione nulla o negativa che ha frenato per anni l’economia giapponese, si apre una nuova fase per le aziende nipponiche e per i loro azionisti, ha affermato Sam Perry, senior investment manager di Pictet Asset Management. “Le aziende non sono più incentivate ad accantonare in bilancio montagne di liquidità: un sollievo per gli investitori, che avevano dovuto assistere impotenti all’accumulo da parte delle aziende giapponesi di circa 258.000 miliardi di yen in fondi che avrebbero potuto essere utilizzati in modo più produttivo”, ha scritto Perry in una nota, “prevediamo, quindi, che nei prossimi mesi le aziende inizieranno a spendere tutta questa liquidità”, a partire da nuove azioni di buyback e pagamento di dividendi – entrambi eventi graditi agli azionisti. Senza escludere, poi, la possibilità che le imprese nipponiche diano inizio a nuove attività di fusione o acquisizione.
A supporto dello slancio azionario giapponese dovrebbe esserci un tasso di crescita che, secondo le ultime stime della Banca Mondiale, si attesterà allo 0,9% nel 2024 – dopo il +1,8% stimato per l’anno appena concluso. Entrambi i dati superano ampiamente la crescita prevista per l’Eurozona, la cui crescita è stimata al +0,7% nel 2024.
In un contesto di ripresa economica le difficoltà della Cina potrebbero spingere gli investitori su altri indici, ha affermato Debach, “oltre al Giappone, che beneficia di una politica monetaria espansiva in contrasto con quelle occidentali, e di una generale debolezza dello yen che sostiene i titoli orientati all’export e attrae investitori stranieri, altri indici rilevanti includono soprattutto l’India, Taiwan, Sydney e l’Indonesia”.