Ancora una volta, le azioni cinesi hanno scottato gli investitori che avevano aumentato l’esposizione al Dragone sulla base delle valutazioni finanziarie storicamente attraenti. Di fatto, il rallentamento economico cinese sembra ancora in corso, e le prospettive a lungo termine si complicano a causa di un atteggiamento sempre più difensivo delle economie occidentali nei confronti della concorrenza cinese – come evidenziato in vari passaggi dal rapporto sulla competitività di Mario Draghi.
Dall’inizio dell’anno, l’indice Csi 300 ha perso un ulteriore 6,7%, riportando l’indice di riferimento per le azioni cinesi ai livelli di gennaio 2019, annullando del tutto il rally che aveva caratterizzato il listino durante la pandemia. Da allora sono emerse varie difficoltà, tra cui il fallimento di Evergrande, la crisi dei costruttori immobiliari e il nodo del debito pubblico locale – tutti elementi che contribuiscono a ridefinire le prospettive di crescita del Dragone. “Da maggio fino a settembre, il mercato azionario cinese ha mostrato performance notevolmente negative a causa di una combinazione di diversi problemi profondamente radicati”, ha dichiarato a We Wealth Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia. “Innanzitutto, il settore immobiliare cinese continua a rappresentare un ostacolo significativo per la crescita economica del Paese: dopo essere stato a lungo un pilastro della crescita della Cina, il settore ora mostra un eccesso di offerta e un debito molto elevato, che rendono la ripresa economica lenta e incerta”.
Inoltre, tendenze deflattive e una depressione dei consumi indicano che le misure adottate quest’anno, come il taglio dei tassi d’interesse e gli interventi diretti di sostegno al mercato azionario, si sono rivelate insufficienti. Gli ultimi dati relativi a inflazione, produzione industriale e vendite al dettaglio di agosto hanno tutti mancato le previsioni. “I consumi delle famiglie sono su livelli molto bassi sia per una certa sfiducia nella ripresa economica, sia per l’elevata disoccupazione, in particolare tra i giovani (a luglio balzata al 17,1%)”, ha commentato Diodovich. “Di conseguenza, settori come i beni di consumo e la tecnologia hanno visto crollare i prezzi delle azioni”.
Indicatori chiave ad agosto agosto 2024 | Tasso annuo (%) | Tasso Atteso (%) |
Inflazione | 0,6 | 0,7 |
Vendite al dettaglio | 2,1 | 2,5 |
Produzione industriale | 4,5 | 4,8 |
Investimenti fissi (gen-ago) | 3,4 | 3,5 |
Nel frattempo, “la disoccupazione ha raggiunto il livello più alto degli ultimi sei mesi e i prezzi delle case sono scesi: questi segnali di debolezza hanno ulteriormente depresso i mercati, contribuendo a un calo che prosegue ormai da diversi mesi”, ha dichiarato a We Wealth Gabriel Debach, market analyst di eToro. “L’ETF iShares MSCI, legato al mercato cinese, ha registrato il maggior deflusso annuale degli ultimi vent’anni, con 1,60 miliardi di dollari in uscita, segnalando una crescente sfiducia da parte degli investitori internazionali”.
Cina: peggiora il confronto con le Borse di Usa ed Europa
Se si guarda agli ultimi cinque anni, il confronto azionario tra Stati Uniti, Europa e Cina diventa particolarmente svantaggioso per il Dragone. Nella nostra elaborazione, basata sui dati S&P Dow Jones, è possibile confrontare il ritorno assoluto a cinque anni corretto per il cambio in euro, rappresentando al meglio le performance per chi avesse investito dall’Italia. Complessivamente, il ritorno dell’S&P 500 China sarebbe stato negativo del 3,2% annuo, con una perdita complessiva superiore al 15% nei cinque anni compresi tra settembre 2019 e settembre 2024. Al contrario, investire sull’S&P 500 americano avrebbe portato a un raddoppio del capitale nello stesso periodo.
Non è la prima volta che la Cina esce con le ossa rotte da confronti di questo tipo, ma la fiducia in una possibile inversione di tendenza sembra sempre più bassa tra gli analisti. A questo clima contribuiscono gli orientamenti politici di Stati Uniti e Unione Europea nei confronti della Cina. “Le relazioni con gli Stati Uniti, dove dazi e politiche commerciali restano centrali nell’agenda politica, continuano a creare incertezze”, ha affermato Debach. “Le barriere commerciali imposte non solo dagli USA, ma anche da Paesi come il Canada e l’Unione Europea, accrescono ulteriormente i timori degli investitori”. Debach ha ricordato come JPMorgan abbia recentemente ritirato la sua raccomandazione di acquisto sulle azioni cinesi, evidenziando il rischio di una nuova ondata di dazi dopo le elezioni presidenziali statunitensi. “Uno scenario di una 'seconda guerra tariffaria', soprattutto se le politiche proposte da candidati come Donald Trump venissero attuate, potrebbe ridurre la crescita del PIL cinese di due punti percentuali rispetto alle attuali stime del 4% annuo entro il 2025, senza considerare eventuali risposte politiche da parte del governo cinese”.
L'ipotesi che la domanda interna possa sostenere la crescita si scontra con i dati, sollecitando ulteriori misure di stimolo da parte del governo centrale cinese. Per il momento, le misure adottate, “tra cui l’allentamento monetario e l’aumento della spesa governativa per infrastrutture, non hanno avuto l’effetto desiderato nel rivitalizzare il mercato”, ha affermato Diodovich, confermando una visione “molto scettica sulle reali possibilità che queste politiche possano generare crescita a lungo termine senza ulteriori riforme strutturali”, con “prospettive negative sull’azionario cinese”.
Nel frattempo, il calo delle valutazioni ha reso l'azionario sempre più conveniente in termini puramente matematici. Tuttavia, questo ha già teso una trappola per alcuni osservatori nei mesi scorsi: “Sebbene i multipli di mercato possano apparire allettanti, un'analisi più ampia rivela un quadro meno positivo”, ha sottolineato Debach, ricordando come le autorità cinesi siano state riluttanti a impiegare un massiccio stimolo fiscale “per evitare di alimentare ulteriormente le problematiche legate alla bolla immobiliare che ha portato alla crisi attuale”. Sebbene alcuni interventi siano stati messi in campo, la persistenza di un orientamento negativo da parte degli investitori internazionali sulla Cina “dimostra come, nonostante le valutazioni più interessanti, l'assenza di interventi incisivi stia limitando le possibilità di una ripresa sostenibile”.