Alla fine il nuovo rinvio della Brexit è arrivato: 31 ottobre 2019. Per la seconda volta a distanza di poche settimane i 28 dell’Unione europea erano stati chiamati ad una riunione fiume a Bruxelles per decidere della Brexit. Ossia, se concedere un nuovo rinvio dopo quello del 29 marzo oppure se optare per un’uscita senza accordo al 12 aprile, come sostenuto strenuamente da Macron in serata. Alla fine però, nemmeno una delle due date (31 dicembre 2019 o 31 marzo 2020) è stata scelta.
Non c’è requie per l’odissea della Brexit
Ad oggi, Westminster aveva bocciato per tre volte l’accordo di divorzio consensuale perfezionato negli ultimi due anni fra la Gran Bretagna e l’Ue. Ma a cavallo fra il 10 e l’11 aprile il Consiglio ha deciso di accordare una nuova proroga dal 12 aprile al 31 ottobre, allungando la vicenda della Brexit. Angela Merkel aveva fatto sapere di voler concedere ai cugini d’Oltremanica l’uscita lunga, così come del resto l’Italia, nelle parole del premier Giuseppe Conte. Chi invece si opponeva con decisione era il presidente francese Macron. La Merkel in particolare voleva evitare una hard Brexit per non compromettere il “futuro rapporto con Londra “. Macron dal canto suo lamentava l’ingolfamento dell’attività europea proprio a causa dell’odissea britannica, sottolineando che il rinvio lungo non fosse affatto scontato. Ma quella della data è solo una delle questioni sul piatto della negoziazione europea.
L’impegno alla “sincera collaborazione”
Londra dovrà quindi garantire “sincera cooperazione” nei lavori comunitari, ex articolo 4/3 dei trattati. Ciò vuol dire che anche il Regno Unito terrà le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, il 26 maggio 2019 e non dovrà ostacolare ad esempio le trattative per il prossimo bilancio comunitario 2021-2027.
Nella bozza di comunicato preparatorio all’incontro dei Ventotto infatti si leggeva che la Gran Bretagna “deve facilitare il perseguimento dei compiti dell’Unione ed evitare qualsiasi gesto che possa mettere a rischio il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione”. Ma il problema è solo rimandato. Come dicono alcune voci dell’ambiente diplomatico, un rinvio corto avrebbe avuto il merito di mantenere la pressione sugli inglesi per l’approvazione dell’accordo di recesso, rendendo difficili però le cose sul fronte elettorale. Alla fine, si è deciso dunque di salvare almeno le prossime elezioni europee.