La Banca centrale europea potrebbe avere più di un motivo per anticipare tagli dei tassi più decisi del previsto, ma è quasi sicuro che, in occasione della prossima riunione di giovedì, il ribasso sarà di 25 punti base, senza offrire troppe indicazioni su ciò che seguirà. Ciò porterebbe il tasso sui depositi dal 3,25 attuale al 3%.
Gli indicatori economici hanno perso un po’ di slancio a novembre, con un indice Pmi manifatturiero in territorio ampiamente restrittivo e aumenti salariali che stanno rallentando. In parallelo, la minaccia di una stretta commerciale statunitense potrebbe rallentare ulteriormente la crescita europea, incentivando la Bce – in chiave futura – a propendere per un tasso terminale al di sotto del 2%.
Queste prospettive non si riflettono ancora nelle dichiarazioni che hanno anticipato la riunione del 12 dicembre, il cui obiettivo è sembrato soprattutto quello di abituare gli investitori all’idea che un taglio più robusto da 50 punti base sarebbe stato improbabile. Fra le indicazioni più chiare vi sono quelle del “falco” Robert Holzmann, governatore della banca centrale austriaca, che il 3 dicembre ha dichiarato: “Allo stato attuale dei dati, ritengo che nella riunione di questo mese si possa ipotizzare una riduzione di 0,25 punti percentuali, non di più”.
L’economia europea che verrà: il fattore cruciale sui tagli del 2025
Una volta ricevuta la conferma sul taglio di dicembre, la vera questione sarà capire quanto il board della Bce si aspetta di portare avanti la riduzione dei tassi nel corso del 2025. Su questo punto, dalla riunione di giovedì saranno scandagliati sia i toni del comunicato e della presidente Lagarde, sia la portata delle revisioni macroeconomiche dello staff della Bce. Su quest’ultimo fronte, gli analisti di Goldman Sachs prevedono “piccoli cambiamenti nelle proiezioni sull’inflazione, con una revisione al ribasso di 0,1 punti percentuali per l’inflazione core nel 2025, ma senza modifiche per il 2026 e con un obiettivo del 2% per le nuove previsioni al 2027”.
Queste limature porterebbero l’inflazione di fondo prevista per il 2025 al 2,2%, mentre l’inflazione generale si attesterebbe al 2,1%. Livelli prossimi all’obiettivo di mandato della Bce, che dovrebbero incoraggiare, già in occasione della prossima riunione, a rivedere i toni, abbandonando, secondo Goldman, l’espressione “manterrà i tassi di politica monetaria sufficientemente restrittivi per tutto il tempo necessario per raggiungere” la stabilità dei prezzi. Francoforte, dunque, si appresterebbe ad abbandonare la modalità restrittiva per passare, anche nella retorica, a un approccio neutrale.
Tassi terminali Bce: gli analisti li vedono ben sotto il 2%
Vari analisti, però, ritengono che nel corso del prossimo anno la Bce potrebbe essere costretta a percorrere con più decisione la strada accomodante. Secondo Bank of America, il tasso terminale della Bce si attesterà all’1,5%, contro un ben più elevato 4% previsto per la Federal Reserve.
Per Goldman Sachs, lo scenario più probabile vede una discesa dei tassi Bce all’1,75% nel corso del prossimo anno, con circa una possibilità su tre che si possa arrivare fino all’1% (più difficile lo scenario restrittivo che vedrebbe un tasso di fine corsa a 2,25%).
“Il dibattito sull’appropriata configurazione del tasso di riferimento neutrale è iniziato e si prevede che si intensificherà nei prossimi mesi”, ha commentato Konstantin Veit, Portfolio Manager di PIMCO. “Nel complesso, quanto prezzato dal mercato ci sembra ragionevole, ma vediamo ulteriori rischi di ribasso per la crescita dopo le elezioni americane. La valutazione di un tasso terminale di circa l’1,8% per la seconda metà del prossimo anno rimane sostanzialmente coerente con le nostre stime sul tasso neutrale per l’area dell’euro”.
Considerando le attuali previsioni sul tasso d’inflazione, gli analisti ritengono piuttosto probabile che i tassi Bce torneranno ad attestarsi al di sotto del tasso d’inflazione, offrendo un certo sostegno all’economia qualora l’effetto dazi introdotto da Trump dovesse pesare. Per capire se la Bce taglierà più del previsto, sarà cruciale monitorare l’andamento economico in un contesto di inflazione in calo.
“Prevediamo una crescita sensibilmente più debole rispetto alle proiezioni aggiornate del personale Bce, considerando che l’intensificarsi delle tensioni commerciali influirà in modo significativo sull’attività economica dell’area euro”, scrivono gli analisti di Goldman Sachs: “La nostra previsione di una crescita inferiore al trend, con solo lo 0,6% su base annua nel quarto trimestre, eserciterà una pressione crescente per tagliare i tassi al di sotto del livello neutrale, coerentemente con alcuni Pmi e i recenti commenti della Bce”.
A fare da contraltare, però, potrebbe esserci un’inflazione non inferiore al 2%, dovuta anche all’effetto negativo dei dazi e del dollaro forte sui beni importati dagli Stati Uniti e sul costo delle materie prime (denominate in dollari). “Considerando la resilienza in corso del mercato del lavoro, un euro più debole, l’aumento dei prezzi del gas naturale e la probabile introduzione di dazi all’importazione, ci attendiamo un graduale calo dell’inflazione verso il 2% nel corso dell’anno, anziché un calo marcato sotto quel livello”.