Le azioni europee attirano sempre di più lo “smart money” dei gestori di fondi, mentre le controparti statunitensi sembrano sempre più costose agli occhi degli investitori. L’ultimo dato relativo ai flussi dei fondi hedge sembra aver confermato questa tendenza: secondo Morgan Stanley i fondi speculativi hanno “comprato azioni dell’Unione europea in quasi il 70% delle sedute di trading a partire da metà gennaio”, quando l’indice di riferimento Stoxx 600 ha iniziato il suo rally. L’incremento delle ultime settimane ha fatto sì che l’esposizione dei fondi hedge all’Europa sia passata dal 17% del 2023 all’attuale 19%, ha riferito Reuters. I settori che in Europa attirano di più i fondi speculativi sono i servizi informatici, le conglomerate industriali, i semi conduttori, le apparecchiature elettriche e gli strumenti di life science.
Una questione di valutazioni
La ragione alla base di questo maggiore equilibrio verso le azioni europee è dovuto al prezzo assai più contenuto delle azioni in rapporto alle previsioni sugli utili futuri delle aziende: il multiplo delle azioni dell’S&P 500 è pari a 21 volte gli utili, contro un multiplo di 14 per le azioni europee. Queste valutazioni renderebbero le azioni europee meno esposte a possibili correzioni, che sono potenzialmente più dolorose quando a perdere quota sono sono azioni dal prezzo relativamente più costoso, come nel caso delle aziende quotate in America.
Alcuni giorni fa il sondaggio dei gestori globali realizzato a inizio marzo da Bank of America aveva svelato una tendenza simile a favore dell’Eurozona: rispetto a febbraio, infatti, lo spostamento più forte nel posizionamento del portafoglio è stato proprio dagli Usa verso il Vecchio Continente. Ad aver spinto i gestori sarebbe stato, in particolare, il miglioramento delle prospettive macroeconomiche.
Se, però, si osservano i flussi dei fondi europei da parte degli investitori al dettaglio la fotografia resta ancora poco favorevole: nella settimana chiusa il 20 marzo, stando ai dati Epfr pubblicati da BofA, sono fuoriusciti oltre 2,3 miliardi di dollari dai fondi comuni azionari, che hanno portato il totale dei deflussi a 13,8 miliardi netti da inizio anno. A dominare la raccolta retail in Europa, invece, sono ancora i fondi obbligazionari.
Europa in accelerazione?
Il consenso sulle migliori prospettive economiche europee non sembra molto forte, tuttavia. Secondo l’ultimo aggiornamento dell’outlook economico di S&P Global Ratings, pesano sulle prospettive l’attuazione ritardata del piano Next Generation Eu, che raggiungerà solo il 44% degli obiettivi entro il terzo trimestre del 2023. Inoltre, la produttività del lavoro europea è scesa al di sotto dei livelli pre-pandemia, mentre la concorrenza dalla Cina, specialmente nel settore automobilistico, pone ulteriori sfide per l’Europa. Il rischio è che l’inflazione scenderà meno del previsto, rallentando i tagli dei tassi Bce nel 2025, hanno affermato gli analisti dell’agenzia di rating: “Ora prevediamo solo tre tagli dei tassi di 25 punti base nel 2025, rispetto ai cinque precedenti, in modo che il tasso del deposito si attesti al 2,5% invece che al 2,0%”.
Nonostante l'interesse dei gestori, da inizio anno al 25 marzo il bilancio delle performance resta favorevole all'S&P 500 americano, che ha guadagnato oltre il 10%, contro il 6,7% dello Stoxx 600.
Secondo il capo strategist azionario di Morgan Stanley, Mike Wilson, il rally messo a segno fin qui dalle azioni americane è dipeso soprattutto dall'aspettativa dei tagli ai tassi: da ora in avanti, ha aggiunto, la crescita dell'azionario sarà vincolata da migliori previsioni sugli utili societari da qui all'anno prossimo.