India, l’alleato migliore per un Occidente in conflitto?

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L’incertezza geopolitica sta costringendo l’Occidente a guardare oltre i confini cui era abituato per trovare supporto e, auspicabilmente, sicurezza energetica. L’India potrebbe offrire proprio quello che serve

“Nelle relazioni internazionali non vi sono amici o nemici permanenti: le uniche cose durevoli sono gli interessi”. Una massima, quella l’ex primo ministro britannico Henry John Temple, terzo visconte Palmerston, oggi vera più che mai, in un contesto in cui le tensioni geopolitiche stanno mettendo a dura prova la resilienza dell’Occidente. Nella danza di alleanze e ostilità che intercorre tra i protagonisti del conflitto, potrebbe essere tempo per l’India di mostrarsi come l’alleato giusto, al momento giusto? Vediamo come e perché con Praveen Jagwani, Cfa, Ceo di UTI International

L’Occidente rallenta, ma non perde ancora terreno

Gli ultimi quarant’anni hanno rappresentato un periodo molto sfidante per l’Occidente, che si è visto costretto a lottare contro tre macro trend:

  • l’invecchiamento della popolazione, dato che già nel 2020 gli over 65 rappresentavano il 20% della popolazione, secondo i dati dell’Eurostat. Si stima inoltre che tale percentuale sarà in continuo aumento fino al 2060, quando raggiungerà circa il 30%;
  • il restringimento della classe media, per cui solo negli Stati Uniti, tra il 1971 e il 2021, gli adulti che potevano essere considerati della classe media sono passati dal 61% al 50%, come dimostrano le analisi del Pew Research Center;
  • il crollo del livello di produttività lavorativa, dato dal trasferimento della maggior parte delle attività produttive in quei paesi in cui è possibile utilizzare manovalanza a basso costo, come la Cina. 

I tre macro trend hanno impattato sull’economia occidentale, senza tuttavia fermarla. Grazie al semplice accesso al petrolio russo e alla manodopera cinese, infatti, l’Europa e l’America hanno potuto continuare il loro percorso, senza particolari perdite. Quel tempo però è ormai svanito.

La guerra tra Russia e Ucraina ha portato i costi delle materie prime a raggiungere livelli mai visti primi nella seconda metà del 2022 e, prima ancora, la pandemia aveva ostacolato e spezzato le catene di approvvigionamento. Negli ultimi due anni, quindi, l’Occidente non si è trovato in una situazione stabile e tranquilla e, considerata anche la tensione crescente tra Cina e Stati Uniti, non sembra che la calma tornerà presto a soffiare sopra il primo mondo.

Per trovare una soluzione ai problemi dell’Occidente è perciò necessario guardare oltre i confini cui si era abituati: se l’obiettivo è quello di combattere l’inflazione e assicurare un alto (o per lo meno accettabile) standard di vita per i cittadini occidentali, è fondamentale tagliare il cordone ombelicale che connette l’Occidente con la Cina e la Russia.

In questo contesto, secondo UTI International l’India potrebbe rappresentare proprio quel nuovo porto sicuro, “essendo un affidabile fornitore di prodotti petroliferi, offrendo manodopera a basso costo e avendo il più alto tasso di consumatori della classe media al mondo”.

Sicurezza energetica a partire dal petrolio

Quando si parla di sicurezza energetica il primo pensiero è verso le fonti rinnovabili, come quelle derivate dal vento o dal sole. Tuttavia, al momento l’Occidente non potrebbe sopravvivere solo grazie a quelle e sarebbe utopico immaginare la transizione come un movimento immediato. Il petrolio greggio e i prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio (RPP) rimangono due componenti fondamentali del dibattito e l’India è il quarto paese per capacità di raffinazione nel mondo, secondo la Statistical Review of World Energy 2022. Non solo: la Tigre è il terzo principale esportatore di RPP dopo gli Stati Uniti e la Russia, mentre la Cina rappresenta solo un attore secondario in questo senso”, continua Jagwani, dato che, il Dragone costituisca il secondo paese per capacità di raffinazione, “il prodotto viene per lo più sfruttato a livello domestico”.

 

 

L’India sta quindi giocando un ruolo sempre più centrale per l’economia occidentale, “ragion per cui il paese non è ancora stato sanzionato nonostante esso continui a mantenere rapporti di scambio di greggio con la Russia, a prezzi molto ribassati”

India: il partner migliore per l’Occidente?

La Tigre non offre solo petrolio, manodopera a basso costo e classe media in crescita, ma rappresenta anche un paese politicamente stabile. Il Bharatuya Janata Party (BJP) guida l’India dal 2014, non perché non vi siano elezioni libere, ma perché l’opposizione è divisa e quasi demoralizzata. Narenda Modi è il primo ministro con il più alto tasso di apprezzamento al mondo, che nelle prime settimane di febbraio si è attestato al 78%, come dimostrano i dati di Morning Consult, e, anche nei momenti di crisi, il supporto non è mai sceso sotto al 60%.

Questo è possibile perché Modi ha dalla sua il supporto della classe rurale (che rappresenta il 66% della popolazione indiana), che negli ultimi dieci anni è riuscita a uscire dallo stato di povertà. Dato significativo in tal senso è il fatto che il BJP conti al 95% sui fondi donati ai partiti politici.

L’unico dubbio che potrebbe limitare l’Occidente dall’affidarsi all’India è il ritardo di questo Paese nel prendere una svolta sostenibile. Tuttavia, “una collaborazione quasi simbiotica tra India e Occidente porterà inevitabilmente la Tigre a muoversi in questo senso e a diventare la meta prescelta per gli investimenti sostenibili”, conclude Jagwani.

Come seguire la crescita dell’India? Come includere la Tigre nel proprio portafoglio? 

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