Mentre il dollaro continua a scivolare e toccare i minimi nei confronti dello yen, non ci sono dubbi sul fatto che il biglietto verde abbia la possibilità di definire il mercato. In tal senso, comprendere i movimenti della valuta statunitense è fondamentale, soprattutto quando si decide di analizzare il mercato da una prospettiva top-down.
Ma per capire come si muove veramente il dollaro e gli effetti che potrebbe avere sull’economia globale, non solo statunitense, è fondamentale valutare diversi fattori: il differenziale di crescita, l’impatto dei tassi d’interesse reali e il suo status come bene rifugio.
Dollaro: la valuta che definisce e segue i trend
Il biglietto verde tende, secondo Abdelak Adjriou, Lead portfolio manager del fondo FP Carmignac Global Bond, a mostrare un comportamento trend-following, ovvero: nei periodi in cui l’economia statunitense ha sovraperformato il resto del mondo, allora anche il dollaro ha reso meglio del resto delle valute. Allo stesso tempo, le altre monete nazionali tendono a orbitare intorno ai movimenti dello USD.
Oggi però, dopo più di dieci anni, il dollaro sembra aver rotto questo schema. Questa eccezionalità deriva dalla resilienza della crescita statunitense, spinta anche da stimoli fiscali interni. “A mio avviso – spiega l’esperto – il punto di svolta dal picco del ciclo dell’USD potrebbe essere in atto, ma sicuramente sarà più lento di quanto inizialmente previsto”.
Bisogna però anche ricordarsi che nei periodi più complicati, come quelli di recessione, il dollaro tende a salire e non seguire il flusso di mercato. Questo perché il biglietto verde gioca anche un ruolo importante nei portafogli come bene rifugio. Insomma, la valuta statunitense ricopre un duplice ruolo: non solo è indicatore di crescita, ma è anche il faro a cui avvicinarsi in caso di crollo del mercato. Senza dubbio, il suo status di prima valuta di riserva mondiale è più che meritata.
Dal dollaro alle valute emergenti, una linea diretta
I tassi di interesse reali e le dinamiche delle partite correnti hanno un effetto molto forte sulle valute dei mercati emergenti. Ma per capire lo stato di salute di queste monete è importante guardare al flusso di denaro estero verso il Paese: una bilancia commerciale positiva e in espansione, dove quindi le esportazioni sono maggiori delle importazioni, implica una valuta forte.
In linea con quanto appena detto, secondo Carmignac, una moneta che sembra posizionata bene in vista di una strategia obbligazionario globale è il Peso cileno. È dal 1999 infatti che il Cile registra avanzi commerciali positivi e dal 2022, quando molte economie facevano ancora fatica a ripartire, la sua dinamica di crescita è stata particolarmente forte, trainata dall’esplosione della richiesta del rame.
Inoltre, i Paesi con tassi d’interesse reali più elevati possono anche attirare investitori obbligazionari e capitali, con un impatto positivo sulla valutazione delle loro valute. Ma a fare la differenza non è solo il mercato obbligazionario, anche i Paesi con mercati azionari attraenti e performanti tendono ad attirare capitali, rafforzando ancora di più la loro valuta.
Che si tratti della valuta di un Paese emergente o di una economia sviluppata, per determinare la sua forza o la debolezza relativa esistono diversi metodi. Il modello più comunemente utilizzato è il valore del tasso di cambio effettivo reale, che confronta la valuta di un Paese con le monete dei suoi partner commerciali, tenendo conto anche dell’inflazione. Si tratta del metodo più veloce per determinare se una valuta è sopravvalutato o sottovalutata, ma non è l’unico modo.
Pronti ad aggiungere altre valute al portafoglio e non solo i dollari per cercare un nuovo equilibrio di mercato?