Entro la fine di quest’anno, quasi la metà della popolazione mondiale si sarà recata alle urne, definendo il futuro del proprio Paese. Ma invece chi si occupa del futuro del pianeta?
Negli ultimi anni, nessuno Stato è stato incolume al cambiamento climatico e le economie più sviluppate hanno iniziato a muoversi per contrastarlo e per spingere verso la transizione energetica. Basteranno le elezioni di quest’anno a fermare il cambiamento?
Se già in Europa la vittoria della destra ha spostato l’interesse dalle tematiche green, il timore che questo accada anche negli Stati Uniti con un possibile secondo mandato per Trump è sempre più alto. Ma forse non è davvero necessario preoccuparsi.
Trump torna alla Casa Bianca: cosa succede alla transizione?
Le preoccupazioni per il futuro sostenibile degli States potrebbero essere giustificate infatti, guardando all’ultimo governo di Trump, erano stati subito messi in campo diversi interventi di contrasto alle politiche sul clima, come il ritiro dall’Accordo di Parigi. Ma dopo che l’ex presidente aveva bollato le politiche Esg come una ‘stupidaggine della sinistra radicale’, non si è trattata di una vera sorpresa. Quindi è lecito chiedersi quali altri danni un possibile secondo governo Trump potrebbe causare al processo di transizione.
Gli esperti di Vontobel Institutional Clients, in realtà, sono pronti a tranquillizzare gli investitori, ritenendo che i possibili cambiamenti saranno meno drastici di come sono stati in passato. Infatti, nonostante il think tank conservatore “The Heritage Foundation” si è impegnato a portare avanti il suo “Project 2025”, che mira ad annullare le politiche ambientali di Presidente Joe Biden, tra cui anche l’Inflation Reduction Act, i finanziamenti già intrapresi dal governo renderanno particolarmente complicato smantellare questa iniziativa.
L’Ira è infatti una legge ben consolidata, sono già stati spesi miliardi di dollari e annullare politiche già così radicate potrebbe andare incontro a forti resistenze e ostacoli logistici.
Il futuro sostenibile passa per gli Stati repubblicani
Le potenzialità di generare energia pulita non hanno solo a che fare con la sostenibilità, ma anche con il mercato. Se ci fosse la possibilità di utilizzare la stessa energia, ma ad un costo inferiore, non avrebbe senso sfruttarla?
Gli stessi repubblicani hanno ribadito, effettivamente, i vantaggi degli investimenti Esg e infatti ben tre quarti degli investimenti in tecnologie e impianti ad energia green previsti dall’introduzione dell’Ira sono destinati a Stati con governatori repubblicani. Attualmente, per esempio, il Texas è lo Stato con la più elevata produzione di energia pulita, si trova al primo posto per numero di nuovi impianti solari ed eolici installati nel 2023.
E se questo non bastasse, secondo gli esperti, “è improbabile che Trump metta mano all’IRA perché un’ampia quota degli incentivi è rappresentata da crediti d’imposta, il cui annullamento richiederebbe un aumento dell’imposizione fiscale – cosa che i Repubblicani solitamente non amano fare”.
Repubblicani o democratici? Il futuro rimane green
Sembra chiaro che i vantaggi economici delle energie rinnovabili non conoscono confine politico e i fattori trainanti del passaggio all’elettrificazione, alla produzione di energia pulita e all’efficienza energetica saranno trend duraturi, anche in assenza di sussidio governativi.
Nell’ultimo decennio, il costo dell’energia solare ed eolica è crollato in media di circa il 75%, rendendole opzioni interessanti e praticabili senza discriminazione politica. Esiste veramente un politico disposto ad aumentare le spese del proprio Paese solo per una battaglia a priori contro la mentalità sostenibile? Minori costi operativi e avanzamento tecnologico sono due piatti fin troppo gustosi per essere semplicemente ignorati.