Giugno è ormai alle porte e con lui arriverà il momento per fare i conti in tasca alla Banca centrale europea e alla Federal Reserve. Se a inizio anni si pronosticavano diversi tagli dei tassi entro la prima metà dell’anno, ad oggi gli investitori sono rimasti a bocca asciutta, ma per quanto ancora?
Mentre il taglio dei tassi a giugno da parte della Bce sembra ormai un dato di fatto, le speranze che Jerome Powell si muova nella stessa direzione sono sempre meno, anche se ad aprile l’inflazione è finalmente rallentata al 3,4%, in linea con le attese.
Ma ha veramente senso focalizzarsi al 100% sull’effetto che un taglio dei tassi potrebbe avere nel breve periodo?
Tagli dei tassi: cosa cambia?
Secondo George Dent, Client Investment Manager di Walter Scott parte del gruppo di BNY Mellon Investment Management, è molto interessante come il mercato sembri dare per scontato che assisteremo un atterraggio morbido e un taglio dei tassi d’interesse a breve. E anzi, gran parte dell’entusiasmo – se non della mancanza di entusiasmo dell’ultimo periodo – sembra dipendere dalla rapidità con cui questi fatti diventeranno realtà.
Ma è più preoccupante un’inflazione intorno al 3% o stabile sullo zero?
I tassi elevati possono far paura, ma non tutto il mercato soffre allo stesso modo. A subire il colpo di coda maggiore sono le imprese con fondamenta più deboli, non essendo pronte ad affrontare incertezze o rapidi cambiamenti del mercato. Proprio per questo è bene, in linea generale, evitare simili aziende.
Secondo l’espero il focus dovrebbe essere “unicamente su aziende che hanno bilanci molto solidi e che sono in grado di affrontare le sfide, essendo anche immuni, nel limite del possibile, a tassi di interesse elevati”.
Insomma, mantenere un posizionamento prudente rimane la scelta migliore per il 2024, ma la parola chiave rimane una: qualità. Puntare su asset di qualità è infatti fondamentale per mantenere l’equilibrio in un periodo di tassi di interesse elevati e di incertezze economiche.