La locomotiva statunitense non si ferma, anzi continua con forza. In perfetta linea con le attese, il personal consumption expenditures price index a ottobre si è attestato al 2,3%, la crescita del Prodotto interno lordo del terzo trimestre è arrivata al 2,8% e a Wall Street i titoli delle piccole e medie imprese corrono. Sembra insomma che l’inflazione degli Stati Uniti continui a procedere verso la giusta direzione, con solo qualche rallentamento momentaneo, gli utili societari rimangono promettenti e la crescita economica continua a dimostrarsi robusta, anche fin troppo se paragonata alla situazione europea.
Stati Uniti: tra espansione e incertezza
Guardando al mercato, sembrano esserci tutti i buoni presupposti perché l’economia degli States rimanga robusta anche per il 2025. C’è solo una cosa che potrebbe cambiare gli equilibri: la direzione politica della nuova Amministrazione Repubblicana. “La vittoria di Trump è considerata generalmente positiva per i mercati, in quanto si prevede che le politiche statunitensi saranno espansive e, naturalmente, l’incertezza legata alle elezioni è ormai alle spalle – spiega Talib Sheikh, esperto di Fidelity International – ma non per questo non esistono dei rischi”.
Il rischio più significativo deriva dalla possibilità che si riaccenda l’inflazione, che non dobbiamo dimenticare è ancora al di sopra dell’obiettivo nella maggior parte delle principali economie. Se la Federal Reserve dovesse ritardare il taglio dei tassi o anche solo pensare di rialzarli, ciò potrebbe avere importanti implicazioni per i mercati finanziari. I possibili catalizzatori potrebbero essere il surriscaldamento dell’economia statunitense, alimentato dal deficit di bilancio, o l’introduzione di severe tariffe sulle importazioni. Non sappiamo ancora con certezza dove le tariffe statunitensi si assesteranno, ma la direzione di marcia è chiara e, in linea di massima, un aumento delle tariffe significherà una minore crescita globale e un aumento dell’inflazione.
Quindi, mentre l’eccezionalità degli Stati Uniti sembra si estenderà anche nei prossimi mesi, è importante tenere sott’occhio la reazione del mercato europeo e cinese, dove potrebbero finalmente arrivare i tanti attesi stimoli nazionali in risposta alle tariffe statunitensi.
Dalla teoria alla pratica: come posizionare il portafoglio
Servirà parecchio tempo prima che i mercati potranno liberarsi del peso della volatilità, che arriva sia dall’incertezza legata alle future politiche di Trump, sia alle tensioni geopolitiche. In un simile scenario, conservare degli asset liquidi per approfittare di eventuali rallentamenti di mercato potrebbe raffrozare il portafoglio.
I fondamentali statunitensi rimangono in una posizione favorevole, il consiglio dell’esperto è quello di “mantenere una preferenza per le azioni con dividendi di qualità, soprattutto guardando agli Stati Uniti. Si può anche aggiungere un’ulteriore esposizione ciclica, passando da settori più difensivi come la sanità, verso settori più ciclici, come i finanziari, aggiungendo anche un po’ di rischio tattico EM/Cina che potrebbe trarre vantaggio da ulteriori annunci di stimolo in Cina”.
Sarà necessario, invece, essere più cauti se si guarda verso i mercati emergenti, soprattutto quelli in valuta locale. Sebbene i fondamentali siano favorevoli, infatti, questa asset class è particolarmente sensibile al dollaro: più il biglietto verde si rafforzerà, più le valute emergenti potrebbero soffrirne. Altro settore su cui è meglio rimanere molto selettivi è quello del credito. “Meglio optare per una scarsa esposizione alle obbligazioni Investment Grade dove le valutazioni sono molto basse e continuare a distribuire la propria esposizione su obbligazioni ad alto rendimento, obbligazioni ibride e credito strutturato, e credito strutturato. Si può considerare di aggiungere un’esposizione alle obbligazioni convertibili e ai REIT, che fanno meglio in caso di contesti modestamente costruttivi in termini di crescita/inflazione e quando i tassi sono in calo”, suggerisce Sheikh.
C’è solo un rischio che potrebbe veramente cambiare gli equilibri, che è la potenziale riaccelerazione dell’inflazione, che porterebbe instabilità su tutti i mercati, da quelli azionari a quelli obbligazionari.