Dal Kenya al Pakistan, dal Ghana alla Turchia, passando anche per Nigeria ed Egitto, non si tratta di alcuni paesi randomici, ma dei cosiddetti mercati di frontiera, ovvero economie di mercati emergenti meno sviluppate, con redditi creditizi spesso inferiori all’investment grade. Di questa categoria fanno anche parte alcuni fallen angel, ovvero i Paesi che a causa di crisi economiche o problemi legati alla negoziazione delle loro obbligazioni in valuta locale hanno perso valore, uscendo anche dagli indici GBI-EM di JP Morgan.
Non tutto è perso: 3 mercati di frontiera su cui puntare
Nonostante lunghi periodi di squilibri economici, ci sono alcuni Paesi di frontiera che hanno adottato rapidamente politiche monetarie restrittive, adeguando i tassi proprio quando era necessario, così da stabilizzare la propria economia. Ma quali sono questi stati?
1. Turchia, tra pressione inflazionistica e ribilanciamento
Dopo un periodo di politica monetaria a dir poco non convenzionale e in seguito alle elezioni di maggio 2023, la squadra economica è cambiata, anticipando così la stretta monetaria per colmare il profondo vuoto di credibilità. Sarà, probabilmente, proprio grazie a queste nuove politiche monetarie restrittive che le pressioni inflazionistiche saranno destinate a scendere. Ma non solo, queste riforme dovrebbero anche portare una boccata d’aria fresca per sostenere la domanda interna di valuta locale e ribilanciare l’economia.
2. Nigeria, cambiamenti sul fronte monetario
ùNell’ultimo anno, dopo le elezioni, il Paese è stato scosso da cambiamenti radicali sul fronte della politica monetaria e dei tassi di cambio, nel frattempo la banca centrale ha svalutato la moneta locale ben due volte. “La combinazione di cambiamenti di politica monetaria e fiscale dovrebbe attirare nuovi flussi di capitali, soprattutto adesso che i tassi di interesse reali sono entrati in territorio positivo”, spiega Flavio Carpenzano, Investment Director Reddito Fisso di Capital Group. Inoltre, a spingere ulteriormente l’economia ci sta pensando il petrolio, infatti la Nigeria ne ha aumentato drasticamente la produzione.
3. Egitto, nuova partnership con gli Emirati Arabi
I recenti finanziamenti del Fondo monetario internazionale stanno spingendo per la ripresa dell’Egitto, ma la strade sembra ancora parecchio lunga. Nell’ultimo anno la sterlina egiziana è stata svalutata del 50% e, a marzo, i tassi sono stati aumentati di ben 600 punti base. Grazie all’accordo strategico siglato con gli Emirati Arabi Uniti, per lo sviluppo dell’aria costiera settentrionale, e le conseguenti entrate in valuta estera, il Paese sta cercando di diminuire la dipendenza dagli afflussi esteri in portafoglio.
Invistire nei mercati di frontiera? Perchè no
Secondo l’esperto, guardando al futuro, sono numerosi i fattori che potrebbero spingere gli investitori verso questa asset class. Per prima cosa, i mercati di frontiera hanno una bassa correlazione con il resto degli emergenti, ma anche con le economie sviluppate, questo perchè sono posseduti, per lo più, da investitori domestici e presentano livelli di indebitamento bassa. Inoltre, i mercati di frontiera, come quelli visti poco fa, negli ultimi mesi hanno iniziato a creare delle riserve esterne, grazie al miglioramento dei saldi delle partite correnti. Infine, “pur rimanendo bassi o negativi in termini reali in molti mercati di frontiera, in futuro i tassi di interesse dovrebbero essere positivi, a fronte del processo di disinflazione in corso in molti di questi paesi, e risulteranno più interessanti rispetto a quelli dei ME e dei MS quando le banche centrali globali avranno compiuto maggiori progressi nei cicli di tagli”.
Insomma, per un investitore attento e in grado di effettuare un’analisi approfondimeta e dettagliata su ciascun Paese – infatti i mercati di frontiera non sono tutti uguali – le prospettive appaiono decisamente favorevoli.