Tassi di interesse in calo, solida crescita globale e mercato del lavoro forte sembravano promettere un anno luminoso. Eppure oggi, dopo più di sei mesi dall’inizio del 2025, la situazione è cambiata e la causa è da cercare nella politica commerciale statunitense. Il 2 aprile, durante il Liberation Day, è diventata evidente la gravità delle politiche tariffarie reciproche decise da Trump. Il panico ha colpito subito i mercati che, proprio in quei giorni, hanno subito un grave tracollo, nel frattempo si è tornati a parlare di recessione globale.
Dopo una giornata di fuoco, però i mercati si sono tranquillizzati soprattutto in ottica di ammorbidimento dei dazi che sono stati posticipati di 90 giorni.
Eppure, “se da un lato i dazi hanno danneggiato in modo significativo le prospettive economiche e aumentato la volatilità sui mercati dei tassi, dall’altro l’ammorbidimento della posizione degli Stati Uniti ha ripristinato la fiducia nei rendimenti del credito per il 2025”, ha sottolineato Felipe Villarroel, portfolio manager di Vontobel Institutional Clients.
Dopo qualche difficoltà ad aprile, oggi i mercati del reddito fisso sono ampiamente in territorio positivo per quanto riguarda il rendimento di anno su anno e anche il comparto azionario si sta riprendendo, anche se non con lo stesso vigore.
Dazi: dalla teoria alla pratica
Dalla promessa di tariffe da parte di Trump, si è rivista al ribasso la crescita globale di circa l’1,5%, non un numero enorme, certo, ma la velocità dell’aggiustamento potrebbe essere un grave shock per alcune aziende statunitensi che avevano fatto piani basati su una crescita molto più elevata.
I dazi fanno paura agli imprenditori non solo per i loro possibili effetti, ma proprio per l’incertezza che portano sul mercato: se non si sa cosa cambierà nei prossimi mesi, le imprese non possono pianificare il futuro. Al riguardo, da una ricerca sulla fiducia degli amministratori delegati statunitensi, questa risulta al livello più basso dal 2009.
Ma spaventano anche gli investitori, non solo gli imprenditori. Infatti, le tariffe rischiano di spingere l’inflazione – ancora ben sopra l’obiettivo della Federal Reserve – al rialzo, limitando la capacità della banca centrale statunitense di tagliare i tassi. Per vedere però la Fed iniziare una serie di tagli aggressivi, potrebbe essere necessario un deterioramento dei dati concreti, soprattutto il tasso di disoccupazione.
Aria di recessione? No, è ancora troppo presto
Lo shock tariffario ha attraversato i mercati e, su questo, non ci sono dubbi. Eppure i dati economici concreti mostrano pochi segnali di flessione e quindi il rischio di recessione sembra ancora lontano. Secondo Villarroel, “vale la pena ricordare che i servizi, che sono molto meno esposti alle tariffe rispetto al settore manifatturiero, rappresentano circa il 90% dell’economia statunitense”. Questo non rende il mercato Usa a prova di proiettile: rimane probabile che i dati concreti si indeboliscano con l’avanzare dell’anno, ma un crollo dell’attività economica non sembra all’orizzonte. La solidità dei fondamentali lascia sperare che, a condizione che si compiano sufficienti progressi nei negoziati commerciali, il previsto rallentamento dell’economia non sfocerà in una recessione.
L’incertezza non ferma l’età d’oro del credito
Quando si parla di mercati del credito, sono molti gli investitori che pensano subito ai titoli di Stato, eppure questi dimostrano meno copertura nel periodo in cui il sentiment di mercato si è inasprito, come oggi. In un simile scenario, “privilegiamo rating medi più elevati e propendiamo per una durata del credito più breve. A nostro avviso, un contesto di crescita bassa o addirittura nulla non sarebbe una catastrofe per il credito di qualità superiore, data la qualità dei bilanci societari in arrivo nel 2025”.
Rispetto al credito statunitense, però, la controparte europea e britannica offre opportunità più interessanti, perché le loro economie sono meno esposte ai dazi: Europa e Stati Uniti si trovano di fronte a un solo partner commerciale, mentre gli Stati Uniti a quasi tutto il mondo.