Mentre gli investitori aspettano il discorso di Jerome Powell per capire l’entità del prossimo intervento della Federal Reserve, il biglietto verde non ne sta uscendo incolume. Le crescenti aspettative di un allentamento della politica monetaria statunitense stanno infatti spingendo il dollaro americano verso una fase di debolezza, basti pensare che solo due settimane fa questo ha toccato il livello più basso da gennaio 2024 (cambio euro/dollaro ha superato la soglia di 1,1080). I profondi segnali di rallentamento dell’economia statunitense stanno infatti indirizzando la Fed verso una lunga serie di riduzioni dei tassi di interesse: secondo Reuters vi è una probabilità del 100% di una riduzione di 25 punti base già a settembre e, molti analisti ritengono che il taglio potrebbe arrivare fino a 50 punti base.
Ma gli effetti di una frenata sul dollaro non saranno visibili solo sugli Stati Uniti o sulle altre valute forti, ma anche sull’intero universo emergente secondo Legal & General Investment Managers, vediamo come.
Il fragile equilibrio tra dollaro e Paesi emergenti
Guardando verso i Paesi emergenti gli investitori sono spesso stati in bilico tra scegliere di detenere il debito in valuta locale o direttamente le azioni emergenti. Eppure, guardando come è andato il mercato in questi ultimi dieci anni, entrambi i settori hanno profondamente sottoperformato, ma da cosa dipende questa performance negativa? “A nostro avviso – spiega Erik Lueth, Global Emerging Market Economist di LGIM – il colpevole è facile da trovare ed è il ciclo del dollaro”.
Nel 2013, la Fed ha iniziato a ridurre la sua politica di quantitative easing e questo ha innescato un’impennata del dollaro che è andata avanti fino agli ultimi mesi.
Ma qual è davvero l’impatto del dollaro sugli emergenti? Secondo una ricerca di LGIM, “l’economia media dei mercati emergenti è cresciuta storicamente meno nei periodi in cui il dollaro è forte, ovvero il 3,4% contro il 5,7% nei periodi in cui il dollaro è debole. E, infatti, gli EM hanno storicamente registrato una crescita del credito di appena il 9% quando il dollaro è forte, rispetto al 16% quando il dollaro è debole”.
Insomma, guardando solo verso l’Occidente sembra che gli effetti del sali e scendi del dollaro siano sempre leggeri e facili da superare, ma lo stesso non si può dire per le economie in via di sviluppo. A soffrirne particolarmente sono i Paesi con tassi di cambio ancorati.
Dollaro debole, come investire?
Come anticipato, i prossimi mesi saranno mesi di profondo cambiamento per la Federal Reserve che si prepara ad una rapida escalation di tagli dei tassi, con un ritmo che sembra sarà imparagonabile a quello delle altre banche centrali. Come punto di partenza, questo nuovo ciclo di riduzione dei tassi, si trova a convivere con un dollaro che si trova ancora in territorio costoso, ma per quanto?
“La combinazione tra una valutazione elevata e i potenziali tagli dei tassi Usa, rappresenta un forte vento contrario al valore del dollaro”, spiega l’esperto. Ma un dollaro debole non è per forza una notizia negativa, anzi, inizia a sentirsi una leggera brezza piacevole che spinge proprio verso la rinascita dei mercati emergenti.