Più 17% in due mesi (+23% nel solo periodo tra il 23 settembre e l’8 ottobre). Sono questi i numeri dietro al rally azionario della Cina, così come mostrato dalla performance del China Security Index 300, che replica l’andamento delle top 300 azioni scambiate sulle borse di Shanghai e Shenzhen, registrata dal 30 agosto al 30 ottobre 2024. Numeri che hanno sorpreso positivamente gli investitori che negli ultimi anni avevano privilegiato il debito dei mercati emergenti (Cina inclusa) rispetto all’equity. Tra questi, gli analisti di Vontobel Institutional Clients, che spiegano come la loro scelta fosse dovuta in gran parte al declassamento delle prospettive di crescita del Dragone, chiamato ad affrontare una crisi del mercato immobiliare e a vincere sfide strutturali persistenti, tra cui la deflazione.
“I recenti annunci politici di Pechino ci hanno tuttavia spinto a riconsiderare le nostre posizioni” precisano Gianluca Ungari, Head of hybrid portfolio management e Sven Schubert, Head of macro research – quantitative investments della casa di gestione. “Crediamo che questo rally abbia le potenzialità per continuare nel breve periodo, dato l’impegno delle autorità nel promuovere ulteriori misure di allentamento fiscale e il basso livello di investimento sull’equity cinese a livello globale,” oltre che per “l’ampio margine per nuovi tagli dei tassi di interesse e le riduzioni dei coefficienti di riserva obbligatoria”. Non solo venti a favore, tuttavia. L’approccio nei confronti della Cina, spiegano da Vontobel IC, dovrebbe essere ancora cauto a causa di due potenziali rischi: la volontà di Pechino di continuare a fornire stimoli all’economia e l’esito delle elezioni statunitensi. Ecco perché.
Rischio 1: quanto sarà determinata la Cina?
Il primo rischio secondo gli esperti di Vontobel IC è da ritrovarsi nel grado di determinazione del governo cinese di continuare una politica di stimoli fiscali, che potrebbe essere minato dal suo focus sul deleveraging dell’economia. Tali nuove misure sono state annunciate a partire dal 24 settembre scorso, quando la Banca Popolare Cinese ha ridotto di 0.2 punti percentuali il tasso di politica monetaria a sette giorni e ha tagliato il coefficiente di riserva obbligatoria di 0.5 punti, per poi trovare nuova forza il 21 ottobre scorso, quando la banca centrale (tra le altre decisioni) ha optato per ridurre del 0,25% il tasso sui prestiti quinquiennali (dal 3,85% al 3,60%) e il tasso a un anno per i prestiti aziendali (dal 3,35% 3,1%), come riassume il South China Morning Post.
Tuttavia, secondo gli esperti “i mercati potrebbero mettere in discussione la volontà del governo di impegnarsi pienamente”, nonostante “gli anni recenti di politiche monetarie e fiscali restrittive forniscano alla Cina un certo margine per aumentare lo stimolo. Come si evince dalla figura 1, infatti, se si confronta l’evoluzione delle dimensioni dei bilanci delle banche centrali degli Stati Uniti e della Cina per più di un decennio, si può vedere come gli stimoli decisi dal Dragone sono stati molto meno accomodanti rispetto alla recente politica della Federal Reserve negli ultimi 10 anni”. Proprio agli Usa sembra essere legato il tempismo con cui Pechino ha annunciato l’inizio dell’allentamento, dato che i recenti tagli effettuati dalla Fed “dovrebbero dare alla Cina ulteriore margine per allentare ulteriormente senza indebolire significativamente lo yuan, un altro obiettivo politico chiave” continuano da Vontobel IC.
Per misurare l’impegno del Dragone sarà fondamentale attendere dopo la riunione del Comitato Permanente del Congresso del Popolo Nazionale, prevista dal 4 all’8 novembre pv. “I mercati sperano in ulteriori annunci sul debito e le politiche fiscali, sebbene gli attuali programmi rimangano silenziosi su questi problemi, suggeriscono potenziali rischi al ribasso”.
Rischio 2: come influirà sulla Cina l’esito delle elezioni Usa?
Il secondo (e più prominente, a detta degli esperti) rischio è il risultato delle elezioni statunitensi. “Con i sondaggi negli stati oscillanti a favore di Trump, gli attivi cinesi e dei mercati emergenti potrebbero affrontare una volatilità più marcata attorno ai giorni del voto. La proposta di Donald Trump per un dazio di base del 60% sulle importazioni cinesi potrebbe semplicemente fungere da punto iniziale di negoziazione, ma una vittoria per l’ex presidente potrebbe generare venti contrari a breve termine per gli asset cinesi”.
In conclusione
“Lo stimolo recente della Cina, il più significativo dall’inizio della pandemia, combinato con un mercato sotto posseduto dagli investitori globali, sostiene la nostra prospettiva sulle azioni cinesi e dei mercati emergenti” concludono Ungari e Schubert. “Tuttavia, l’incertezza che circonda le elezioni statunitensi modera la nostra posizione, spingendoci ad avvicinarci con cautela ai mercati emergenti e cinesi. Avendo aggiunto azioni cinesi all’inizio di ottobre, dove appropriato, siamo pronti a rivalutare le posizioni intorno alle elezioni, dove potrebbero sorgere potenziali opportunità di trading”.