Il Dl approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 agosto raddoppia da 150 mila a 300 mila euro la soglia annua di investimento per i Pir alternativi
I Pir alternativi devono investire almeno il 70% del valore complessivo in strumenti finanziari di equity, debito e/o credito emessi da imprese fiscalmente residenti in Italia e non quotate
Come i Pir ordinari, l’investimento è esente dall’imposta di successione e, se questo è mantenuto per almeno cinque anni, il risparmiatore otterrà un’esenzione fiscale sui rendimenti maturati
Pir alternativi, cosa sono
Esentasse, più consistenti e flessibili nelle modalità. Queste le caratteristiche principali dei Pir alternativi, introdotti dal Dl rilancio di maggio a seguito della proposta di Assogestioni, associazione di categoria del risparmio gestito che da tempo incoraggiava l’adozione di nuove misure per far convogliare il risparmio privato a favore di imprese non quotate.
Rispetto ai Pir ordinari, i Pir alternativi sono strumenti complementari, grazie a un focus accentuato sulle piccole e medie imprese. Questi ultimi, infatti, devono investire almeno il 70% del valore complessivo in strumenti finanziari di equity, debito e/o credito emessi da imprese fiscalmente residenti in Italia (o, in alternative, anche da aziende residenti in Stati Ue o See con stabile organizzazione nel territorio italiano). Queste imprese devono però essere diverse da quelle già quotate negli indici Ftse Mib e Ftse Mid o in indici equivalenti di mercati regolamentati.
I Pir alternativi possono trovare espressione attraverso una pluralità di strumenti. Data la natura illiquida dell’investimento, però, si prestano particolarmente a svilupparsi tramite fondi aperti come Eltif (European long term investment fund, introdotti in Europa nel 2015 e recepiti nei singoli Paesi nel 2018), fondi di private equity e fondi di private debt.
Quali i benefici di investire in un Pir alternativo?
Come i Pir ordinari, nei Pir alternativi l’investimento è esente dall’imposta di successione e, se questo è mantenuto per almeno cinque anni, il risparmiatore otterrà un’esenzione fiscale sui rendimenti maturati. Inoltre, questi strumenti possono offrire all’investitore “rendimenti potenzialmente meglio diversificati e superiori a quelli ormai bassissimi degli investimenti monetari e a breve termine, compressi verso lo zero dall’azione delle banche centrali”. Così Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni, in una nota. Da ricordare, poi, che questi strumenti “avvicinano ulteriormente il risparmio privato degli italiani all’economia reale”, aggiunge Galli, accentuando il ruolo del risparmio come risorsa finanziaria collettiva.
Pir alternativi, l’investitore tipo
Ma qual è il profilo dell’investitore orientato ai Pir alternativi? Dato il maggiore grado di rischiosità dello strumento, dovuto all’illiquidità dell’investimento e alla sua durata di medio/lungo termine, i Pir alternativi si rivolgono prevalentemente ad una clientela affluent o private. In Italia, questo vuol dire a risparmiatori dal patrimonio finanziario compreso tra i 500mila e i 5 milioni di euro.
Le differenze con i Pir ordinari
Con i Pir alternativi si fa meno stringente il vincolo di concentrazione degli investimenti (20% al posto del 10% previsto per i Pir ordinari). Ancora, i Pir alternativi prevedono una soglia annua massima di investimento per 300mila euro, numeri considerevolmente più elevati rispetto a quelli dei Pir ordinari. Anche prima della modifica introdotta dal Dl agosto, infatti, la soglia annua si attestava a 150mila euro contro 30 mila euro, mentre l’investimento complessivo massimo rimane fermo a 1,5 milioni di euro per i Pir alternativi contro 150 mila euro previsti per i Pir ordinari.
I Pir ordinari erano stati introdotti in Italia dalla legge di bilancio 2017. Nella versione attuale, delineata dall’ultima legge di bilancio 2020, i Pir ordinari – i cosiddetti 3.0 – devono investire al 70% in titoli (sia azioni che obbligazioni) emessi da imprese italiane o europee stabilite in Italia, col restante 30% esente da vincoli specifici. L’unico obbligo è quello di destinare il 5% del patrimonio conferito nel Pir ad aziende non presenti nell’indici Ftse Mib e Ftse Mid Cap. Inoltre, è ora possibile detenere più di un Pir, a patto che complessivamente questi non superino il 10% del patrimonio complessivo.