Gli investitori hanno recuperato da banche e assicurazioni circa 9,4 milioni di euro grazie all’intervento dell’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF) istituito presso Consob. A fronte delle inadempienze degli intermediari, soprattutto in tema di consulenza agli investimenti, oltre 9 intermediari su 10 (92,5%) hanno deciso di rispettare spontaneamente le decisioni stragiudiziali dell’Arbitro. Nel 2024, circa la metà dei ricorsi è stata decisa in favore degli investitori (338 casi accolti su un totale di 680 decisioni). Tuttavia, l’importo complessivo recuperato risulta in calo rispetto ai 13,3 milioni del 2023 e ai 18,9 milioni del 2022, complice anche una diminuzione generale dei ricorsi presentati. Dal 2017, anno di avvio dell’attività, l’ACF ha consentito il recupero di oltre 165 milioni di euro, con un importo medio per risarcimento nel 2024 di circa 27.831 euro.
Secondo il rapporto presentato oggi dall’ACF, i ricorsi più frequenti riguardano la consulenza in materia di investimenti, che rappresenta circa la metà delle contestazioni (48%), seguita dall’esecuzione di ordini per conto dei clienti (17,3%) e dal collocamento di strumenti finanziari (16,7%), quest’ultimo in forte crescita rispetto al 7,3% del 2023. Meno frequenti sono le controversie relative ai servizi accessori, come la custodia e amministrazione (5,3%), e alla distribuzione di prodotti finanziari di banche o assicurazioni (5,2%).
Informazioni nascoste al cliente: la violazione più rilevata dall’Acf
“Possono essere sottoposte all’Arbitro le controversie che hanno per oggetto sia somme di denaro sia altri interessi meritevoli di tutela”, ha spiegato il presidente dell’ACF Gianpaolo E. Barbuzzi. “Un esempio tipico è la richiesta da parte del cliente della documentazione relativa al rapporto di investimento: un’esigenza conoscitiva primaria a cui l’intermediario non può sottrarsi con atteggiamenti reticenti o strumentali. La lamentela più frequente riguarda proprio l’inadeguatezza delle informazioni ricevute, che impedisce scelte realmente consapevoli”, ha proseguito Barbuzzi, “ma la documentazione preventiva è efficace solo se permette effettivamente al cliente di valutare lo strumento finanziario con piena consapevolezza. Questo vale anche per il trading online, dove l’intermediario deve strutturare le varie fasi dell’investimento in maniera comprensibile e trasparente”.
Secondo il presidente, però, la responsabilità deve essere condivisa con l’investitore: “La consapevolezza è una conquista, non un punto di partenza”, ha sottolineato, evidenziando come anche i questionari Mifid restino spesso al centro delle controversie. “Serve un format condiviso fra gli intermediari, capace di fotografare al meglio il profilo dell’investitore. Abbiamo più volte rinnovato la nostra disponibilità a collaborare su questo punto, che tuttavia resta lettera morta”. E ancora: “Troppe volte osserviamo comportamenti rituali e passivi da parte degli investitori. Anche quando viene consegnato il KID (documento informativo chiave), è fondamentale leggerlo con attenzione e chiedere chiarimenti su eventuali punti oscuri”.
La fiducia nel consulente finanziario, inoltre, non può e non deve essere cieca, anche perché questo può compromettere le possibilità di risarcimento da parte dell’ACF stesso: “Perché la responsabilità dell’intermediario sia chiamata in causa è sufficiente che il consulente operi in un rapporto di occasionalità necessaria con esso. Tuttavia, l’investitore ha il dovere di comportarsi con diligenza: la fiducia acritica nel consulente o la condivisione imprudente delle proprie credenziali di home banking sono comportamenti potenzialmente rovinosi. La negligenza può ridurre il risarcimento o, nei casi più gravi, portare al rigetto del ricorso. È fondamentale osservare elementari regole di buon senso”, ha concluso Barbuzzi.
Le banche più colpite dai ricorsi all’ACF
Tra i principali gruppi bancari italiani, le grandi banche registrano fisiologicamente il maggior numero di ricorsi, in ragione dell’ampiezza della loro clientela. Interessante, però, è valutare anche le percentuali di successo dei ricorsi stessi, che indicano quanto spesso l’Arbitro abbia ritenuto gli istituti inadempienti. Fra le banche di maggiore rilievo, spicca Banca Mediolanum, che risulta la più frequentemente in torto: nel 2024, su 14 decisioni emesse, ben il 78,6% ha visto l’accoglimento del ricorso. Una percentuale nettamente superiore rispetto agli altri grandi operatori: Intesa Sanpaolo si ferma al 51,7%, Unicredit al 53,1%, Banco BPM al 33,3%, mentre Fineco si distingue positivamente con solo il 28,3% di ricorsi accolti. Fra le altre reti di consulenza, Fideuram registra un 40% di ricorsi accolti, mentre Allianz Bank arriva al 69,2%, comunque sotto la soglia registrata da Mediolanum.