Cherry Bank è una realtà giovane e tecnologicamente avanzata, ma di lunga esperienza se si guarda ai professionisti che la gestiscono. Uno di loro è Stefano Aldrovandi, consigliere esecutivo, responsabile della BU Core Banking e BU Wealth Management della banca guidata da Giovanni Bossi. We Wealth lo ha incontrato.
Wealth management quali servizi offre Cherry Bank?
«Sia di consulenza avanzata che di base. Quest’ultima è coerente con l’offerta dei competitor. Per quella avanzata invece proponiamo una fee on top, una commissione chiara e trasparente per il cliente, commissioni come mero recupero spese e restituzione degli eventuali rebates ottenuti dalle case prodotto terze. La nostra offerta non presenta conflitti di interesse: non essendo una fabbrica prodotto, non offriamo prodotti della casa e selezioniamo i migliori prodotti secondo la logica del best-of, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Per noi, raccomandare un prodotto piuttosto che un altro è – in termini di ritorno per la banca – indifferente. È un punto importante: mette il cliente nelle condizioni di poter percepire le nostre raccomandazioni come espresse nel suo esclusivo interesse. Per rendere efficace il rapporto con il cliente e migliorare l’attività di consulenza, abbiamo clusterizzato il mercato in 67 asset class e, attraverso uno screening proprietario, siamo in grado di raccomandare i prodotti più efficienti per ognuna di queste asset class (fino a 5 prodotti per ogni asset class). Mi lasci aggiungere una cosa».
Prego.
«Il nostro modello a tendere prevede che prima di iniziare a parlare con il cliente di investimenti, si passi dalla sua tutela. Quella relativa ai rischi che corre, a volte in maniera consapevole, altre no. Facciamo un check-up preventivo dei rischi che il cliente corre, con anche la possibilità di fare qualche domanda a un avatar (investiamo molto in applicativi tech italiani). A livello assicurativo siamo infatti uno dei popoli meno coperti dai rischi, fra le economie avanzate. Cherry Bank propone di sopperire a questo deficit con delle polizze ramo danni in grado di garantire al cliente e alla sua famiglia il medesimo tenore di vita anche nell’eventualità più negativa. Offriamo anche coperture nel ramo salute, con lo scopo di fornire un buon servizio a basso costo, non distante dal proprio domicilio. La liquidità (per noi a tutti gli effetti un asset class) potrebbe essere troppa o troppo poca per far fronte a dei rischi copribili con il solo strumento assicurativo».
E per quanto riguarda la gestione di portafoglio?
«Oltre al servizio di consulenza, offriamo il servizio di gestioni di portafoglio con due specifiche linee di gestione: Dynamic Allocation ed Equity Deep Learning. La prima prevede le cosiddette “gestioni a mattoncino”, in cui ogni mattoncino corrisponde ad una asset class. Le asset class sono 26, di cui 7 di tipo Esg con la selezione di strumenti finanziari ex art. 8 della SFDR. All’interno della consulenza a mattoncino, un cliente potrebbe decidere di selezionare un mattoncino differente – se adeguato al suo profilo rischio rendimento – e avere una gestione completamente diversa dalle altre, se non altro per la diversa combinazione dei mattoncini, con un conseguente elevato grado di personalizzazione. Le implementazioni sono monitorate attraverso l’intelligenza artificiale, ma non prescindono mai dalle nostre interpretazioni del modello in termini di sottopeso e sovrappeso; interpretiamo il modello attraverso i suoi stessi movimenti dinamici: ci avvaliamo di una metodologia di analisi dei segnali che restituisce. In base a questi, forniamo le raccomandazioni del caso ai clienti, sempre facendo riferimento a portafogli modello, che rispettano la normativa Mifid e, naturalmente, il profilo rischio-rendimento del cliente.
Per le gestioni “a mattoncino” ci basiamo sia sulle performance attese che sui costi sottesi ai singoli prodotti. Faccio un esempio: quando, fino a poco tempo fa, si viaggiava su tassi a zero, non raccomandavamo le Sicav a causa dei loro costi.
Abbiamo anche tre gestioni a profilo di tipo long/short, con tre diversi gradi di esposizione al mercato azionario. In questo caso la componente long vede la selezione di dieci azioni quotate sul mercato Eurostoxx50, effettuata tramite un applicativo di deep learning (IA) diverso da quello che fa asset allocation. La componente short viene replicata con l’utilizzo di ETF quotati. Le nostre offerte coniugano trasparenza, assenza di conflitti di interesse ed innovazione tecnologica, posizionandoci come produttori di soluzioni alle esigenze dei clienti».
E gli alternativi?
«Li riserviamo alla clientela professionale e istituzionale».
Fornite anche servizi di art advisory o comunque pensati per i beni di lusso di proprietà familiare?
«Al momento no, ma abbiamo intenzione di implementarli. Anche per le pratiche di passaggio generazionale».
Qual è il vostro piano di espansione territoriale?
«Cherry Bank nasce nel 2021 (autorizzazione 5/8/2021 delle Autorità di vigilanza) dalla fusione tra il Banco delle Tre Venezie e Cherry 106. Oggi siamo presenti a Mestre, Treviso, Padova, Verona e Vicenza e a fine maggio inaugureremo una nuova filiale in Emilia. Presidiamo inoltre Milano con un ufficio di rappresentanza. Abbiamo un piano di sviluppo nell’ambito del Wealth Management che prevede l’ampliamento della copertura territoriale in zone limitrofe a quelle dove già siamo presenti. Come noto, stiamo concorrendo all’acquisizione di Banca Popolare Valconca, in territorio emiliano. Nonostante l’attuale forte presenza in Veneto, siamo un operatore nazionale con tanta voglia di crescere.»
Qual è la filosofia che sottende Cherry Bank, dunque?
«Ci avvaliamo dell’IA, ma la radice umana della consulenza che offriamo è fortissima. In Cherry Bank efficienza e umanesimo coesistono. Tutta l’area che va dal wealth management al corporate banking la definiamo “relationship bank”: è la parte di relazione con la clientela. Non vendiamo tecnologia, l’abbiamo acquisita sul mercato per il nostro utilizzo in ogni nostro ambito operativo. Siamo una banca relazionale, il private banking è soprattutto banca di relazione, con il supporto delle nuove tecnologie. Ci riteniamo un’impresa del mondo bancario. Lo scorso anno abbiamo acquisito un miliardo di crediti fiscali. Abbiamo creato una business unit per le “special situations” che opera su situazioni in cui vi sono aziende valide, ma in qualche tipo di procedura concorsuale. Sono aziende con un bel modello di business ma che necessitano di risorse finanziarie fresche per poter uscire dalla procedura. Ecco, noi offriamo questo tipo di supporto. Abbiamo poi la divisione “Green evolution” che, oltre all’acquisto dei portafogli Npl, si occupa anche di tutta la gestione del mondo del Pnrr. La divisione Npl management si occupa invece la gestione dei portafogli originati da terzi; ma gestiamo anche i portafogli legacy, quelli generati dalla banca».
Qual è lo stato di salute della ricchezza italiana?
«Siamo un popolo ricco in uno Stato povero. Ricchezza in Italia ce n’è. Le nostre ricchezze nascono da chi ha saputo creare aziende per poi venderle e crearne altre: chi nasce imprenditore lo resta sempre, nella pancia e nel cuore. Per fare consulenza a questa realtà è essenziale un servizio trasparente, in assenza di conflitti di interesse, su qualunque tipo di prodotto, comparto immobiliare incluso».
Il nome Cherry?
«Nasce in origine da “cherry picking”. Amiamo fare “cherry picking” sul mercato in modo da poter offrire al Cliente le migliori opportunità».