Europa e Italia stanno immettendo nel sistema economico moltissimi fondi per ripartire dopo l’emergenza Covid. Ma disporre di fondi senza una visione strategica per il medio-lungo periodo non serve a nulla
L’Italia deve cogliere un’opportunità economica epocale. Dopo decenni di delocalizzazione, le produzioni strategiche europee torneranno all’interno dei confini Ue. Per questo occorre “evitare di tardare troppo la riapertura delle attività economiche”
“Ogni incertezza che segnalasse un’incapacità italiana di utilizzare le risorse già disponibili, minerebbe la credibilità e lo spazio negoziale del paese”. Le azioni concrete partono da un “test and trace” da 100mila tamponi al giorno fino alla gradualità geografica delle riaperture, passando per infrastrutture di trasporti che non favoriscano i contagi
Complessivamente, la risposta italiana a questa emergenza è stata finora ordinata. Vanno però emergendo due faglie: il rapporto fra Stato e regioni e quello fra Stato e Ue
I fondi per ripartire dopo Covid: l’importanza di avere piani strategici di investimento
Il punto chiave emerso dallo studio è questo. Non basta che le risorse siano tante, solo che le attività riprendano. E nemmeno che siano immediatamente accessibili. Importa che vi siano “le condizioni per un loro effettivo, efficiente ed efficace utilizzo”. In questa fase è essenziale che ostacoli di natura burocratica e che “speculazioni politiche di piccolo cabotaggio” non ostacolino il funzionamento delle risorse in campo. Funzionamento che non può del resto fare a meno di una programmazione strategica delle politiche economiche.
L’Italia deve cogliere inoltre un’opportunità economica epocale. Dopo decenni di delocalizzazione, le produzioni strategiche europee torneranno all’interno dei confini Ue. Per questo occorre “evitare di tardare troppo la riapertura delle attività economiche”.
In conti in tasca: quanti fondi per la pandemia Covid?
Le misure prese finora evidenziano un aumento potenziale del deficit di circa 55 miliardi di euro entro la fine di aprile. Prima dello shock pandemico, il rapporto debito/Pil era già del 135%. Le misure di rientro dalla crisi sono allora sostenibili per il nostro bilancio pubblico? Si, se si parla del solo 2020, anche grazie agli acquisti di titoli sovrani da parte della Bce (Pepp). In seguito, però, “la questione di un piano di rientro dal debito eccessivo non potrà essere evitata”, ammoniscono gli economisti.
Bce, aiuti di Stato, fondi strutturali
Dalla Bce sono in arrivo – attraverso le banche – 3000 miliardi di euro fra marzo 2020 e giugno 2021. A ciò, fra Pepp e ripresa del quantitative easing, si aggiungono per l’area euro 1100 miliardi. La Bce è però solo uno degli attori sul palco degli aiuti agli Stati Ue (e all’Italia). La Commissione europea ha adottato regole più flessibili riguardo agli aiuti di Stato, consentendone l’utilizzo immediato per l’emergenza Covid. Questa mossa libera circa 11 miliardi di euro.
La Commissione ha inoltre rimosso altri vincoli e rinunciato a chiedere la restituzione di quasi un miliardo di fondi non spesi per il 2019. Da questi fondi arriverebbero ulteriori 1,46 miliardi per le spese Covid. Infine, la Commissione ha consentito un’ampia flessibilità tra regioni, tra Stato e regioni e tra voci di spesa per la destinazione dei fondi strutturali ancora non utilizzati. Si tratta di circa 20 miliardi, dei quali 10 ancora non hanno un’assegnazione specifica e che quindi sono liberamente destinabili.
Soldi e Covid, tre fonti di finanziamento ulteriori
Mes, la parola proibita
Sull’utilizzo del Mes in particolare, lo scontro è ideologico. Il governo italiano non sembra intenzionato a utilizzare i 36 miliardi che arriverebbero da questo strumento. Questo, nonostante “sia stata praticamente eliminata qualunque condizionalità”. Piuttosto, il governo si dovrebbe impegnare a chiedere un allungamento delle scadenze “ben oltre i due anni previsti (30-40 anni)”.
Contro la disoccupazione, for SURE
I fondi europei SURE (Support to mitigate unemployment risks in emergency) sono destinati alla protezione dei lavoratori europei in temporanea situazione di riduzione dell’attività lavorativa o di disoccupazione a causa dell’emergenza pandemica. SURE funziona mediante prestiti fino a un ammontare massimo di 100 miliardi di euro.
La Bei
Vi è poi l’incremento (fino a 200 miliardi di euro) del potenziale di prestito della Banca Europea di Investimento (Bei) per attivare e rafforzare investimenti nazionali nei sistemi sanitari e nelle infrastrutture.
Il Fondo di risanamento, veicolo per gli eurobond. Attenzione però
Particolare attenzione va riposta nell’istituzione del Recovery fund, il “quarto punto” dell’ultimo, combattutissimo Eurogruppo. I sette economisti affermano che “non è affatto chiaro se il governo italiano sia consapevole che ciò configura uno spostamento delle decisioni di politica fiscale a livello europeo. E che i fondi derivanti dall’emissione di eurobond non possono utilizzarsi per finanziare il bilancio pubblico italiano”.
Due faglie insanabili?
In conclusione, “le emergenze sanitaria ed economica rischiano di ripercuotersi sulla tenuta istituzionale del paese e quindi sulla capacità di risposta alle emergenze stesse”. Complessivamente, la risposta italiana a questa emergenza è stata finora ordinata. Vanno però emergendo due faglie. Si tratta del rapporto fra Stato e regioni e di quello fra Stato e Unione europea. È su questi rapporti infatti che “si è ricostituito un antagonismo ideologico e personale” che ha assunto toni di contrapposizione talmente elevati da apparire inconciliabili. Se non si dovessero riuscire a ricomporre queste fratture, “sarebbero in dubbio sia la tenuta unitaria del paese, sia la sua permanenza nel quadro delle istituzioni europee”.