Il conflitto in Ucraina ha messo però in luce come l’Italia e l’intero continente europeo siano energicamente inadeguati. L’Europa dipende fortemente dall’energia prodotta tramite due sole materie prime: il gas ed il petrolio, controllati in larga parte da pochi paesi.
Su queste considerazioni si inserisce il tema della sostenibilità. L’estrazione e, soprattutto, l’utilizzo diretto ed indiretto di queste materie prime, sono la maggiore causa di inquinamento. Da qualche anno a questa parte, tutto il mondo, con gradazioni differenti, si sta adoperando per salvaguardare il pianeta da un peggioramento climatico e, nelle ultime settimane, pure per rendersi indipendenti dall’oligopolio dei detentori di combustibili fossili.
Tutti gli Stati, membri dell’Unione Europea, hanno firmato e ratificato l’accordo di Parigi nel 2019 e sono fortemente determinati ad attuarlo. In linea con questo impegno, i Paesi hanno convenuto di avviare l’UE sulla strada che la porterà a diventare la prima economia e società a impatto climatico zero entro il 2050.
In Italia, oltre agli obbiettivi imposti dall’UE, è stato istituito un ministro apposito: il Ministero della Transizione Ecologica a cui, all’interno del PNRR, è stata assegnata la maggior quantità di denaro, pari a 59,47 miliardi.
Inoltre si sta diffondendo sempre più una suddivisione all’interno del settore tra “new energy” ovvero l’energia sostenibile ricavata da fonti rinnovabili e “old energy”, l’energia come veniva prodotta una volta tramite combustibili fossili.
A tal fine è interessante riprendere (nel grafico sottostante) l’andamento di due ETF rappresentativi di questa differenziazione: iShares Global Clean Energy ETF e iShares Global Energy ETF, negli ultimi 2 anni.
Il loro andamento è molto spesso correlato negativamente. Nei periodi di rialzo di uno dei due indici, l’altro ha un andamento stazionario o in ribasso. Nel periodo iniziale del grafico, mesi in cui il settore dei viaggi e quello dei trasporti sono stati bloccati, la differenza è molto evidente. Anche con i primi mesi del 2022, momenti di incertezza derivanti dalla crisi bellica, questa tendenza risulta marcata.
Da notare che anche in Italia l’aspetto “green” del settore energetico è stato temporaneamente accantonato, per far spazio alle risorse più tradizionali, evidenziando la nostra forte dipendenza dalla “old energy”.
Possiamo quindi affermare che gli investimenti riguardanti la transizione ecologica mettono in ombra l’energia prodotta con combustibili fossili (crisi pandemica) e viceversa (crisi bellica).
Può quindi essere questo un buon momento per investire nella parte “green” del settore energetico in vista dei lontani, ma concreti, obbiettivi imposti dai diversi stati e dall’unione europea?
Le aspettative ed i progetti di investimento potranno riflettersi nel buon andamento di questo settore?