Risparmio gestito non è solo rendimento

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Le persone spesso risparmiano senza avere la consapevolezza di quali siano i loro obiettivi. Ai consulenti finanziari, come i tre fantasmi di “A Christmas Carol”, il compito di aiutare i clienti a capire come adottare comportamenti coerenti con i loro bisogni. Ne parliamo con Antonello Sanna e Francesco Barbato, nel primo episodio della collana “10 podcast per pianificare il futuro”, realizzato per SCM Sim

Chi e che cosa siete voi?” “Io sono lo spirito del Natale passato” “Passato da molto?” “Del tuo passato
Alla voce di Ebenezer Scrooge e alle vicende narrate nel Christmas Carol di Charles Dickens per istinto associamo l’idea del natale e dei fantasmi, ma anche e soprattutto della sete di denaro, dell’avarizia. Antonello Sanna, Francesco Barbato (rispettivamente ad e partner di Scm Sim, ndr)vi chiedo: è per questo che citiamo questo film in un podcast sul risparmio gestito?

Sanna: “Innanzitutto farei una premessa sul film, perché merita alcune menzioni per la parte tecnica. Il film è girato con la tecnica del motion capture, una tecnologia evoluta per realizzare cartoni animati che non sono fatti più come una volta, con disegni messi in sequenza. Oggi vengono applicati dei sensori sul corpo dell’attore, in modo che al suo movimento corrisponda quello del suo avatar in 3d. Questa tecnologia permette di calare personaggi quasi reali all’interno di scenari fantastici. Infatti, il film è pieno di queste scene irreali, impossibili.

Il cast è straordinario perché Jim Carrey interpreta Scrooge, poi ci sono Colin Firth, Gary Oldman e Bob Hoskins. Il film è tratto da un racconto di Dickens. Il protagonista è un uomo avaro, avido, con un’avversione verso l’umanità piuttosto marcata, e una necessità di accumulare denaro che lo rende molto antipatico. Nella notte di Natale, viene contattato dal suo socio che gli preannuncia la visita di tre fantasmi: quello del Natale passato, quello del Natale presente, e quello del Natale futuro, che è quello che interessa a noi. L’ultimo fantasma infatti gli mostra un funerale squallido, in cui c’è solo una persona e un cane che seguono la bara. Scrooge chiede al fantasma chi sia il morto e alla fine gli viene rivelato che sta assistendo al suo funerale. Scrooge inorridisce e si rende conto che la vita che sta conducendo lo sta portando verso una fine che non vorrebbe. La mattina dopo, cambia, diventa generoso e prodigo, cerca di essere gentile con tutti, si ferma a dialogare con le persone”.

Ma questa è la vita reale?

Le persone di fronte alle proprie paure cambiano davvero i loro comportamenti, come succede a Scrooge?

Sanna: “Bisogna tenere presente che il nostro cervello non è abituato a pensare al lungo periodo. Non solo. La nostra è una società basata sui consumi, riceviamo continuamente input per consumare. Questi devono però contenuti in qualche modo, perché generano gratificazioni immediate. Per il nostro cervello è molto semplice e lineare ragionare per messaggi chiari e netti. Di conseguenza, l’idea di pensare nel lungo periodo non è istintiva, ma bisognerebbe fermarsi e riflettere su cosa si sta costruendo.

Questa è la grande intuizione di Dickens. Il fantasma viene dall’esterno e aiuta Scrooge ad avere uno sguardo al lungo periodo. E’ questo il legame con la finanza: abituarsi a pensare passo dopo passo a quale sia il punto di arrivo della propria vita. Bisognerebbe domandarsi: quali sono le cose a cui non posso rinunciare? Dovremmo poter immaginare quali sono i desideri che dovremmo aver soddisfatto alla fine della nostra esistenza. Questo non è un ragionamento istintivo e bisogna ragionarci pensando a cosa non si può rinunciare, cosa si vuole realizzare, e poi – una volta deciso quali sono le cose che si stanno realizzando – vedere se i comportamenti di oggi sono coerenti con l’obiettivo.

Faccio un esempio. Nascono i figli e si pensa ai vestiti, ai giocattoli, alla scuola… Perdendo di vista il fatto che arrivati all’età di 19-20 anni potrebbe essere auspicabile mandarli a studiare all’estero. Ma quale potrebbe essere il costo di questa operazione? Distribuito su 18 anni, si tratta di un costo importante, perché dovremmo privarci di qualcosa oggi per realizzare qualcosa domani. Non è un pensiero gradevole. Viceversa, se penso che tra 18 anni voglio mandare mio figlio all’estero, rinuncio a qualcosa oggi per realizzare quel sogno. E’ anche motivante l’idea che l’obiettivo finale sia una cosa importante. Non è un processo istintivo, altrimenti non staremmo qui neanche a parlarne, tutti realizzerebbero i propri desideri, e non avremmo un tema di previdenza in Italia”.

Barbato: “Quello che mi chiedono i clienti è l’ultima riga dell’estratto conto. Quanto sto guadagnando? Sì, c’è un obiettivo futuro che è quello di mandare i figli all’università, ma voglio vedere anche che le cose funzionino. E’ difficile spiegare che quello che stiamo facendo in termini di investimenti finanziari ha senso. Le cose troppo distanti nel tempo non fanno parte della nostra cultura, vogliamo tutto e subito. Perché devo rinunciare a Netflix per mandare mio figlio in una scuola migliore?”.

Sanna: “Quando si parla di finanza si pensa ai mercati, ai rendimenti, a che tipo di interesse posso ricevere. La notizia, che penso debba essere un caposaldo del rapporto con il cliente, è che i mercati vanno per la loro strada, quindi non abbiamo nessun modo per influenzarli. Viceversa, gli obiettivi dei clienti in qualche modo devono essere raggiunti. Sotto il nostro controllo c’è la capacità di risparmio, la continua revisione dei piani fatti in partenza, che devono essere rivisti passo dopo passo, in modo tale da prendere atto di quanto successo sui mercati e vedere se quanto si sta facendo sia sufficiente.

Bisogna entrare nell’ottica che l’investimento non è un momento ma un percorso, che dura finché c’è la fiducia e finché non si raggiunge l’obiettivo. Gli obiettivi sono dinamici, quindi si tratta di percorsi che durano tutta la vita. E’ come se fosse un percorso in alta montagna. Scegliamo l’attrezzatura, la strada migliore, però poi – soprattutto per chi la esplora per la prima volta – si possono trovare degli ostacoli o degli imprevisti che costringono a cambiare strada. Quando si progetta un investimento con un obiettivo, possono capitare degli imprevisti. Il 2018 è un esempio di mercato che non era previsto né prevedibile, come la reazione di quest’anno non lo è stata, e ci si adatta – in relazione a quanto accaduto – modificando i propri comportamenti, che sono sotto il nostro controllo.

Il tema importante è capire a cosa serve la consulenza finanziaria, qual è la finalità, che non è quella di scegliere il fondo migliore o lo strumento con più rendimento. E’ una vita che si cerca di raggiungere questo obiettivo, ma alla fine Re Mida resta una leggenda. La verità è che aiutiamo le persone a capire perché risparmiano e se i comportamenti che adottano giorno per giorno sono coerenti con i loro obiettivi di vita, che è un processo molto molto complicato”.

Barbato: “Un altro esempio. Sono una persona di 50 anni, ho moglie e figli, ho dei soldi e sono un imprenditore. Ho dei problemi che non sono solo le mie finanze, ma anche le case, l’azienda. Chi è che mi aiuta a proteggermi? Se succede qualcosa a me, cosa succede alle case, ai soldi, all’azienda? L’azienda passerebbe in successione a mia moglie e ai miei figli, che non saprebbero però gestirla. Allora da chi vado? Dal notaio, dal bancario, dal consulente finanziario? Le mandanti, le società, si sono organizzate per fornire un servizio di consulenza finanziaria e stop. E questa visione d’insieme richiede competenze maggiori e anche un’organizzazione di una società diversa, che non sia solo consigliare prodotti.

Il sistema del wealth management non pecca in nulla. Il problema è che lo devi fare davvero e per farlo devi essere organizzato. Ad esempio devi conoscere un prodotto assicurativo, che è quello che assicurerebbe agli eredi subentranti mortis causa a un imprenditore di essere liquidati in soldi e non ricevendo le quote. Per questo le società, le banche, non sono organizzate in termini culturali. Il wealth management non ha niente di sbagliato, è che tutti dicono di farlo, ma non lo fa nessuno. Io incontro clienti tutti i giorni e tutti i giorni vedo persone che non hanno queste assicurazioni, che non controllano la fiscalità dei loro investimenti, che presentano storture enormi. I fondi comuni non si compensano fiscalmente…”.

Sanna: “In primis, c’è un tema di identità. Chi è il consulente? Oggi se io guardo dai dati come si articola la consulenza finanziaria in Italia, sembra un meccanismo distributivo: architetture aperte molto concentrate sui fondi, l’assicurativo è entrato solo nel ramo terzo, che è la cosa che assomiglia di più alla finanza di tutto il mondo assicurativo. Quindi ci si rende conto che al posto di essere focalizzati sul cliente, si è focalizzati sul prodotto. E’ una sicurezza straordinaria. Io imparo perfettamente i prodotti, conosco i gestori, so raccontare una storia che però è la stessa per tutti i miei clienti. Viceversa, se io metto il cliente al centro della mia opera, significa che ogni famiglia ha una storia a sé stante, quindi è molto più faticoso, articolato, complesso e cognitivo. Però, secondo me, questo è il passo in avanti: dimenticarsi il prodotto, il servizio, perché devo avere una gamma abbastanza ampia da poter utilizzare a seconda della necessità, e focalizzarmi sul cliente e sulla comunicazione con lui, perché è il primo a non capire la mia posizione ma è anche il primo che la capisce perché è meno pieno di pregiudizi e condizionamenti perché non lavora nel settore. E’ il primo che devo convincere che il nostro non è un percorso che guarda solo ai numeri, ai rendimenti: quelli sono importanti ma arrivano dopo aver capito quali sono gli strumenti adatti. E qui si integrano perfettamente i servizi assicurativo, finanziario, perché avendo una visione complessiva del cliente, la qualità del consiglio che diamo è elevatissima.

Io vengo dal mondo assicurativo. Quando approcciavo i clienti e pensavo alla temporanea caso morte, lo facevo cercando di indovinare quale fosse la necessità di quel cliente, perché avrei dovuto conoscere prima la situazione familiare, cosa sarebbe successo in caso di decesso. Quando noi abbiamo una visione complessiva del cliente e dopo cominciamo a ragionare su queste cose, sappiamo esattamente quanto serve in caso di morte prematura. Quindi diventiamo fondamentali e cruciali per fare in modo che i servizi che il cliente compra siano adatti alla sua situazione e risolvano il problema. In questo senso, bisogna cambiare la dinamica. Quando vado dal cliente devo cominciare a capire quali sono i fatti che riguardano la sua vita, e poi le sue percezioni, cosa ritiene importante e cosa ritiene invece superfluo, cos’è importante che lui realizzi nel momento in cui arriva in fondo alla sua vita. Senza aver fatto questo percorso, cosa gli offro? Qualcosa che nella mia testa funziona meglio, che magari è lo strumento che l’anno scorso ha reso di più. Il processo di maturazione è proprio lì. Cominciare a ragionare sul fatto che il prodotto in teoria potrebbe anche darlo una macchina, l’intelligenza artificiale o sistemi di robo advisory. Ma il percorso cognitivo con il cliente è molto difficile e  non può essere sostituito da una macchina”.

Barbato: “Incontrando le persone vedo che hanno sviluppato degli anticorpi. Ormai hanno paura, sono passati attraverso esperienze negative, hanno investito per guadagnare, poi questi guadagni si sono trasformati in perdite, hanno disinvestito, hanno maledetto il nostro mondo e chi gliel’ha fatto conoscere. Questo è un momento molto difficile. Se tu hai di fronte una persona che capisci che veramente è interessata a te, devi un po’ aprirti e vincere la tua diffidenza. E’ molto difficile riconoscere chi fa una cosa bene o chi no ma, passato quel momento, diventa una cosa molto utile fare insieme”.

Ma allora vi chiedo, se Scrooge fosse stato vostro cliente, in che modo lo avreste assistito?

Sanna: “Avremmo fatto la stessa cosa che hanno fatto i fantasmi, gli avremmo fatto vedere quale sarebbe stata la sua fine. Il fantasma è più traumatico e più scenico, però alla fine noi facciamo la stessa cosa: mostriamo alla gente che cosa è importante per la loro vita. Quando ho visto per la prima volta ‘A Christmas Carol’, sono rimasto colpito dalla potenza dell’intervento. La persona è sempre la stessa, ma con un input esterno che la aiuta a fare un ragionamento interno. In realtà le risorse ci sono, le persone sono capaci di cambiare comportamenti.

Il film è il mezzo per dire che noi sappiamo dove stiamo andando, basta che impariamo a riconoscerlo. Talvolta ci vuole qualcuno che dall’esterno ci aiuti, ma il nostro compito è quello di aiutare le persone a vedere cosa è importante per loro. Soprattutto in Italia si risparmia ma non con la consapevolezza di quale sia l’obiettivo da raggiungere. In questo senso aiutare a razionalizzare e capire quali sono le cose importanti, un po’ contrasta anche con i modelli perché c’è tanta gente che compra la casa perché l’ha imparato dalla generazione precedente, ma forse non è più il tempo di fare queste scelte e bisogna razionalizzare il proprio percorso”.

Ben 16 minuti di ritardo. Secondo voi è questa l’ora di arrivare in ufficio?” “Mi dispiace signore, sono un po’ in ritardo, mi dispiace” “Lo siete senz’altro, venite un po’ qua” “Ma è solo una volta l’anno signore, prometto che non, ho fatto un po’ di baldoria ieri sera” “Ora statemi a sentire, non sono disposto a tollerare questo genere di cose e, pertanto, ho preso la decisione di aumentarvi il salario. Felice Natale, Bob
Sanna: “Il finale del film è molto bello. Scrooge incontra la gente per strada, è generoso nei comportamenti, nei sorrisi, regala denaro. E’ un lieto fine, come si addice delle favole. Scrooge diventa diverso, diventa gradevole, anche il suo viso cambia. E’ quello che vogliamo per chi approccia questo mondo: un finale che sia bello, una vita con un senso di pienezza e di soddisfazione molto elevato”.

 

 

 

 

Fonte audio “A Christmas Carol”: https://www.youtube.com/watch?v=e7tQV22lCXQ

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