Wealth-being: quando la consulenza è davvero olistica

Wealth-being: cura dell’intero ciclo del patrimonio, coinvolgimento dei clienti nelle decisioni di investimento ed elevata personalizzazione sono i fattori determinanti per l’evoluzione della consulenza verso un modello olistico, che guarda alle generazioni future. Ne parliamo con Objectway

Nel 1974, uno studio condotto dall’economista Richard Easterlin evidenziava un noto paradosso, offrendo una prova contraria al famoso adagio, per cui la felicità delle persone non dipende esclusivamente da variazioni nel reddito o nella ricchezza personale. La relazione tra felicità e denaro è da allora una delle principali aree di ricerca nel tema della psicologia economica e la letteratura recente sembra essere giunta a un compromesso: non è il denaro a rendere le persone più felici, bensì il loro livello di benessere finanziario, ovvero “uno stato in cui una persona può soddisfare pienamente i propri obblighi finanziari attuali e in corso, può sentirsi sicuro del proprio futuro finanziario ed è in grado di compiere scelte che gli permettano di godersi la vita”, così come definito dal Consumer financial protection bureau (Fcpb) statunitense in collaborazione con l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).

Da well-being a wealth-being, passando dalla consulenza olistica

“Al concetto di well-being se ne affianca un secondo: quello di wealth-being”, afferma Michele Tanzi, Market Solution Director di Objectway. “In linea con l’evoluzione dei bisogni della clientela, oggi la proposta di consulenza si articola sempre più come un supporto decisionale completo alle scelte del cliente, non più confinato nel mero suggerimento all’acquisto di un prodotto. Un intervento che accompagna i momenti più importanti della vita del cliente e della sua famiglia, con l’obiettivo di migliorarne efficacia e qualità complessiva. È un’attività molto complessa in un mondo in cui vi è una quantità straordinaria di informazioni liberamente disponibili, ma difficilmente certificabili e sintetizzabili, oltre che poco correlate tra loro. La consulenza copre ambiti sempre più ampi della vita del cliente, quali servizi di protection planning sia per la famiglia che per esigenze corporate, servizi successori per pianificare adeguatamente il passaggio generazionale, analisi del patrimonio immobiliare e interventi in ambito fiscale. Si realizza così una consulenza davvero olistica, che segue l’intero ciclo del patrimonio e l’evoluzione delle esigenze del cliente nel corso della sua vita”.

Clienti sempre più coinvolti (ed esigenti)

L’ampliamento degli ambiti di intervento dell’advisory finanziaria è dovuto anche alla crescente richiesta da parte dei clienti di un maggior coinvolgimento nelle decisioni di investimento, ulteriormente accentuato in conseguenza delle ripercussioni sull’economia reale innescate dalla pandemia di Covid-19. Una situazione imprevista e destabilizzante che ha influito sull’importanza della consapevolezza in tema di decisioni finanziarie. Così come sottolinea il Rapporto 2020 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane della Consob, a fronte di un livello di conoscenze finanziarie contenuto, il 60% degli italiani mostra infatti un interesse ad approfondire temi potenzialmente utili in occasione di scelte cruciali, decisione che non esclude l’affidamento all’intermediario di riferimento, consulente finanziario in primis. Dallo studio si evince inoltre come i risparmiatori che si affidano a un consulente siano aumentati in modo significativo rispetto ai dati 2019, dal 30% al 41% dei casi.
Oltre alla percezione della centralità del gestore nel raggiungimento degli obiettivi finanziari, “servizi su misura e fruizione di una user experience digitale sono tra gli elementi che – fino a pochi anni fa privilegio di pochi – oggi sono considerati dai clienti un requisito fondamentale”, aggiunge Tanzi. “A tal punto che personalizzazione, client experience e capabilities digitali rappresentano un vero e proprio elemento di differenziazione tra i gestori patrimoniali e possono costituire un motivo dirimente per mantenere il proprio wealth manager o sceglierne un altro”.
E per quanto riguarda le generazioni più giovani? L’importanza di sviluppare competenze finanziarie adeguate è sempre più cruciale. L’attenzione dell’industria della gestione patrimoniale dovrà quindi spostarsi verso la cosiddetta generazione Z, ovvero i nati tra il 1997 e il 2010. Una fascia di cittadini che sembra già più responsabile e accorta delle precedenti, evidenzia la ricerca di Clearpay e Accenture. Dati alla mano, il 68% degli esponenti della gen Z risparmia infatti più di gen Y, gen X e baby boomers, tanto che si stima che questa generazione potrà ereditare un patrimonio tra i 15 e i 68 mila miliardi di dollari.
Le loro scelte saranno quindi molto più influenzate da una serie di elementi essenziali: presenza digitale, reputazione e valori del gestore, trasparenza, iper-personalizzazione dell’offerta e dei servizi di advisory, responsabilità in ambito Esg”, conclude Tanzi. “Le aziende devono prepararsi oggi a intercettare gli investitori di domani, assicurandosi che le loro esigenze siano comprese e progettando le soluzioni migliori per soddisfarle”.

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