Quando l’inflazione arriva a flirtare con la doppia cifra l’investitore si trova chiamato a mettere in atto delle contromisure. Contestualmente le intemperie del 2022 sui mercati hanno fatto emergere una spiccata voglia di protezione. Tra i certificati d’investimento questo si è tradotto in un ritorno in auge dei prodotti a capitale protetto che, insieme alla protezione del capitale a scadenza, consentono di partecipare a eventuali rialzi dell’attività sottostante. Dai dati ACEPI emerge che nel 2022 sul mercato primario sono stati collocati 16.235,54 milioni di euro dagli emittenti associati con il 59% delle emissioni a capitale protetto.
I titoli di Stato, tornati a mostrare rendimenti interessanti, da soli non bastano a coprire da un’inflazione sopra i livelli di guardia. “Con il solo Btp rimani corto di un 4/5% di rendimento e considerare certificati a capitale protetto o condizionatamente protetto è una soluzione per ridurre l’impatto dell’inflazione sul proprio portafoglio”, rimarca Marco Occhetti, managing director e country head per l’Italia di Leonteq.
I certificati a capitale condizionatamente protetto consentono di proteggere il capitale nominale se il sottostante non scende sotto la barriera e ricevere cedole periodiche (tanto maggiori quanto maggiore è la volatilità dei sottostanti, a parità di altre condizioni). L’investitore prende quindi una posizione sui sottostanti che non è solamente rialzista ma che si presta anche ad uno scenario moderatamente ribassista.
Una variante dei tradizionali certificati Phoenix Autocallable – che prevedono la possibilità di richiamo anticipato se a determinate date tutti i sottostanti risultano sopra valori predefiniti – è rappresentata dai certificati Softcallable. La struttura di fondo è la stessa degli Autocallable, con date di osservazione periodiche, con la differenza che nei Softcallable l’emittente decide alle date di osservazione se richiamare il prodotto a 1.000 (più eventuale cedola). Questa discrezionalità, a parità di altre condizioni, è remunerata tramite rendimenti cedolari maggiori per l’investitore. “Infatti – spiega Occhetti – a fronte della discrezionalità dell’emittente, che consente ai trader di ottimizzare le proprie posizioni, l’investitore ha una remunerazione più alta rispetto a un Autocallable standard, maggiore anche di un 3% in un anno”.
Ci sono poi i prodotti con capitale protetto al 100%, adatti a investitori più avversi al rischio. Per gli emittenti la sfida è quella di offrire strumenti performanti, che sappiano abbinare alla protezione del capitale adeguati rendimenti potenziali. “La chiave è cercare di rendere economica l’opzione sottostante il prodotto – osserva Occhetti – e Leonteq lo fa tramite la tecnologia finanziaria, come ad esempio il meccanismo volatility target, che consente di tenere sotto controllo la volatilità dell’indice sottostante. Molti dei nostri indici tematici adottano questo meccanismo, che permette all’investitore di non pagare l’eventuale elevata volatilità del momento e costruire prodotti più intelligenti e performanti”.
Gli indici tematici proposti da Leonteq sono strutturati su vari temi quali high yield – una asset class che ad oggi offre un rendimento potenziale del 7/10% annuo – così come idrogeno globale, Cina multiasset e absolute return equity funds.
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Leonteq nel 2022 ha chiuso con risultati record (+9% l’utile operativo a 456,4 milioni di franchi svizzeri) e doppia promozione dalle agenzie di rating ESG (upgrade ad “A” da parte di MSCI e upgrade a “basso rischio” da Sustainalytics). “Si tratta di un successo importante, risultato dei nostri sforzi innovativi per offrire sempre prodotti migliori ai nostri clienti. Desidero ringraziare proprio i nostri clienti, che con la loro continua fiducia ci permettono di raggiungere importanti traguardi e perseguire un solido percorso di crescita”, rimarca Marco Occhetti.