Il fattore ‘ageing’ pesa su tutti: invecchiare dev’essere inclusivo

In questa intervista esclusiva di We Wealth a Henk Grootveld, Head of trends investing di Lombard Odier Investment Managers (LOIM), trattiamo il tema dell’invecchiamento della popolazione e delle implicazioni ch’esso comporta sotto il profilo economico e sociale

Esiste un nuovo, differente, dividendo demografico, che è quello di paesi emergenti quali India e Africa subsahariana. Esiste un deficit della forza lavoro, che è quello dato dall’uscita di professionisti più senior e dal numero non commisurato di nuovi talenti produttivi. Esiste un problema complesso e sfaccettato che è quello della gestione della fascia più anziana della popolazione, per la quale assistenza e inclusione divengono parole fondamentali. In questa intervista esclusiva di We Wealth a Henk Grootveld, Head of trends investing di Lombard Odier Investment Managers (LOIM), trattiamo il tema dell’invecchiamento della popolazione secondo vari aspetti e delle implicazioni ch’esso comporta sotto il profilo economico e sociale.

Quali sono i concetti principali che ruotano attorno al tema del dividendo demografico?

Partiamo anzitutto da una data. Il 2020 è stato un anno di rottura: fattori quali la globalizzazione, che ha raggiunto il suo picco storico, e la digitalizzazione, che ha spostato i business da offline a online valorizzando la voce dei servizi e del lavoro off-source, hanno accelerato la trasformazione del dividendo demografico in deficit demografico, creando uno scompenso tra l’uscita di forza lavoro produttiva e l’ingresso di nuovi talenti. Di per sé, l’invecchiamento della popolazione tende a ridurre la base di lavoratori e modifica gli equilibri tra domanda e offerta, soppesando più i consumi della produzione. Il tema riguarda certamente le economie d’occidente, ma ne è coinvolta anche la Cina, che nel 2020 ha visto un’importante battuta d’arresto decennale della fertilità, perdendo parte del contributo dei baby boomers nati prima dell’entrata in vigore della politica del figlio unico (1982).

Perché il dividendo demografico è un ‘problema’ nel mondo in cui viviamo, che vede la crescita dell’automazione e della tecnologia in sostituzione alla forza lavoro?

Iniziamo col dire che (secondo i dati McKinsey presentati nel 2017 e ripresi dalla Commissione Europea, ndr), l’automazione peserà il 45%-50% della forza lavoro in meno entro il 2030, soprattutto nell’ambito della manifattura, ottimizzando i processi. Ciò implicherà, da un lato, far fronte alla riqualificazione della forza lavoro tramite attività di formazione; dall’altro, individuare quelle aree in cui l’automazione o la tecnologia ancora non intervengono. Al momento, beneficiamo infatti di diverse attività migliorative della quotidianità: l’iPhone13 è oggi robotizzato all’80%; l’iPhone1 lo era allo 0%, e lo sviluppo è stato molto rapido. Esistono però situazioni più singolari, dove l’applicazione tecnologica migliorativa delle condizioni di vita è ancora poco sviluppata. Penso ad esempio all’automazione dei servizi di assistenza a supporto dei malati di Alzheimer. Lì dovranno concentrarsi almeno in parte i nuovi investimenti.

È possibile pensare ad un ‘rinnovo’ del dividendo demografico, come successo negli anni ’60?

La risposta è sì, ma con una postilla: non in Europa, né negli Stati Uniti, né in Giappone, dove baby boomers e GenX prevalgono in termini numerici. Il boom successivo alla seconda guerra mondiale ha impattato positivamente sul dividendo demografico, ovvero sulla quota di popolazione in età lavorativa, un’occasione che è stata sfruttata al massimo dal mercato. Oggi come oggi, la GenY, e soprattutto la GenZ, possono compensare l’uscita di scena dei baby boomers, ma lo faranno soprattutto nelle nuove economie in Asia o in Africa. In Asia, la principale forza demografica arriverà dall’India, vista come la nuova Cina; in Africa, dalla zona subsahariana. In altre parole, il dividendo demografico che ha fornito le basi per il progresso economico negli ultimi sessant’anni è andato perduto e, prima di essere rimpiazzato, sarà sostituito da un deficit demografico che potrebbe durare per altrettanti anni. A compensare questa situazione sarà la nuova forza lavoro, che al momento non è però ancora pronta.

In che modo il dividendo demografico ha impattato sull’inflazione?

Il dividendo demografico è una delle quattro ragioni per le quali abbiamo avuto tendenzialmente bassa inflazione dal 1980 fino ad ora, assieme a voci quali la globalizzazione, l’azione coordinata dei governi in pacchetti di ripresa e l’effetto deflattivo della tecnologia. Se le ultime tre voci tenderanno a persistere nei prossimi anni (eccezion fatta nel breve termine per la situazione critica delle catene di approvvigionamento mondiali alla base della globalizzazione), il venir meno del dividendo demografico, ovvero di una forza lavoro più concentrata alla produzione che non al consumo, eserciterà pressioni a rialzo sul livello dei prezzi.

Come tenere conto dei fattori citati in fase di analisi di portafoglio?

Credo che, fatta da parte l’inflazione, ci siano tre temi da considerare. Primo, il necessario sviluppo del sistema sanitario, con l’aumento della domanda di assistenza (anche da remoto) a costi che dovranno essere ottimizzati. La maggior parte dei costi sanitari riguarda anzitutto gli ultimi anni di vita. A questo si aggiunge il fatto che il numero dei malati cronici tende a salire con l’età. Nel 2019 (riporta la ricerca Rand Corporation, ndr) il 60% degli adulti negli Stati Uniti soffriva di una o più malattie croniche, che richiedono costose cure a vita. Secondo tema, la riforma dei sistemi pensionistici, con il superamento di soluzioni pensionistiche di tipo pay-as-you-go (PAYG) verso soluzioni a contribuzione definita, modello che trasferisce l’onere dei finanziamenti dallo Stato a società/individui. In terzo luogo, secondo le Nazioni Unite, ci troviamo nel decennio del cosiddetto “healthy ageing”, ossia l’invecchiamento in buona salute, che rende la società più inclusiva verso la fascia di popolazione più anziana. Parliamo ad esempio dell’installazione di rampe di accesso, di marciapiedi più ampi, di trasporti e infrastrutture.

Come si inquadra l’invecchiamento della popolazione in un’ottica di società più ESG?

Il trend demografico impatta anzitutto sulla lettera S dell’acronimo. La principale raccomandazione è quindi quella di fare il possibile, specie nelle economie sviluppate, per azzerare la discriminazione basata sull’età. Possiamo ricondurre questo concetto ancora una volta all’ambito dell’assistenza, in particolare l’obiettivo di sviluppo sostenibile n. 3, “Buona salute e benessere”, che riguarda ogni servizio a supporto dell’ageing, dalla digitalizzazione dei servizi, all’assistenza, all’inclusione sociale.

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