È il segreto di un successo costruito negli anni. Nata nel 1973, Banca Euromobiliare gestisce o amministra asset per 11,1 miliardi di euro (dati a giugno 2019), più che raddoppiati rispetto ai 4,7 miliardi del 2012, anno della normalizzazione dei mercati dopo la crisi dei debiti sovrani. Ha aiutato l’insediamento della banca nelle regioni più industrializzate del paese, le più pronte a riprendersi, e la sensibilità ai problemi dell’economia reale che gli deriva anche da un azionariato di riferimento che nasce nel medesimo alveo imprenditoriale.
Su questo terreno favorevole Euromobiliare ha saputo crescere sui valori fondanti del dialogo e trasparenza che caratterizzano il suo modello di relazione con la clientela. Un esempio: Euromobiliare è stata tra i primi istituti, quest’anno, a consegnare ai clienti i nuovi rendiconti finanziari conformi alle più recenti disposizioni dettate da Mifid 2, con la esplicitazione anche in valore assoluto delle fee pagate agli intermediari, un appuntamento che molti temevano nell’industria del risparmio gestito.
Com’è andata? “Non abbiamo avuto grandi sorprese, anche perché da sempre la trasparenza con clienti è un nostro punto di forza”, spiega in questa intervista a We Wealth Matteo Benetti, classe 1977, da febbraio direttore generale di Banca Euromobiliare. “Certo ha aiutato anche la ripresa dei mercati nella prima parte dell’anno che ha favorito la comprensione dei clienti sul carattere temporaneo dei momenti di difficoltà, come quelli trascorsi a fine 2018”.
La vostra è banca costruita attorno alla relazione con il cliente. Ma chi è il cliente target di riferimento per Banca Euromobiliare?
Cominciamo con il dire che la ricchezza italiana è concentrata tra le fasce di età tra 65 e 85 anni. È dunque un capofamiglia già avanti negli anni e che spesso è anche un imprenditore.
Quel cliente tipo si starà dunque preparando al passaggio generazionale che nei prossimi anni vedrà passare di mano una ricchezza finanziaria di oltre 4000 miliardi, quella delle famiglie italiane, che per oltre 1000 miliardi fa capo al segmento private. Il testimone passerà ai nuovi Millennials?
Non immediatamente. Spesso i figli di quel capofamiglia sono sessantenni che il patriarca ha tenuto sempre lontani dalle leve del patrimonio e, se imprenditore, anche dell’azienda. Passare lo scettro rappresenta un momento delicato e vi sono buone ragioni per protrarlo nel tempo. Il talento imprenditoriale è del capo famiglia e non è facilmente replicabile. Eppure è un passaggio di cui occorre aver consapevolezza e che è necessario preparare per tempo. Il nostro lavoro inizia proprio da qui.
Che fate nel concreto?
Con i nostri consulenti finanziari, ad esempio, organizziamo incontri molto ristretti dove sono presenti il padre ma anche i figli. In questo modo ci proponiamo di creare una maggiore sensibilità alla cultura della famiglia e della gestione integrata del patrimonio. Si passa da un rapporto personale con l’intestatario dei beni ad un rapporto più esteso con i suoi parenti più stretti.
Stiamo pensando addirittura di costituire una sorta di albero genealogico dei nuclei familiari per capire chi è il decisore e come si sviluppa la ramificazione del nucleo. In questo modo riusciremo ad aiutare anche il capofamiglia a gestire al meglio i rapporti e le tutele per tutti i suoi consanguinei. C’è anche un fattore tempo da considerare, per allocare al meglio gli investimenti.
Di che si tratta?
Se pensassimo di avere di fronte soltanto quel cliente di 65-80 anni dovremmo avere, nella scelta degli investimenti, un’ottica temporale di brevissimo periodo. Nell’attuale scenario dei mercati, con tassi a breve negativi, vi sarebbero scelte non coerenti con un’efficiente costruzione del portafoglio. Se viceversa il punto di riferimento diventa l’intero nucleo familiare le opzioni a disposizione cambiano radicalmente. Certo è un approccio che necessita di una famiglia compatta al suo interno nel selezionare le sue priorità.
È la riproposizione della teoria del ciclo vitale del premio Nobel Franco Modigliani adattata alle esigenze non del singolo ma di un intero nucleo familiare?
Si, possiamo anche vederla in questo modo. Quest’approccio porta con sé almeno due conseguenze.
Quali?
Definendo profili di rischio e obiettivi di timing del patrimonio in funzione delle esigenze familiari, possiamo costruire profili frazionati. Se posso investire a 5 anni una quota del mio patrimonio, per quella quota posso aumentare la volatilità (e dunque anche il rendimento atteso) dei miei investimenti, mantenendo una quota liquida e a basso rischio del mio patrimonio. In questo modo riesco a differenziare meglio gli strumenti finanziari. Il futuro è di lavorare su obiettivi di tempo e non su obiettivi di rendimento come si fa troppo spesso in Italia e che a mio parere è sbagliato.
E la seconda conseguenza?
Ciò che è importante è identificale gli obiettivi prioritari che si intendono conseguire: l’università dei figli, la pensione, la gestione dell’azienda. A questo punto occorre associarvi un profilo di tempo e investimenti coerenti con quel profilo temporale.
Abbiamo parlato di Modigliani ma a questo punto non possiamo non citare Alfonso Desiata, teorico del risparmio finalizzato.
Sì, proprio così. Se la famiglia è unita ed ha obiettivi comuni cambia il paradigma. II capofamiglia in questo contesto è portato a modificare la composizione dell’asset allocation del patrimonio complessivo per tener conto non soltanto dei suoi bisogni nell’età di vecchiaia ma anche delle altre finalità dei suoi familiari. La vera sfida è costruire questo discorso con un interlocutore, il capofamiglia, che spesso non fa salire a bordo il resto del suo nucleo familiare.
Quest’approccio a tutto campo spinge anche i consulenti a entrare in contatto con le nuove generazioni di risparmiatore, con i Millennials. Come dovrà evolvere il rapporto che le banche hanno con loro?
Innanzitutto i più giovani chiedono di poter fruire sempre più on line dei servizi che la banca offre loro. Poi, certamente, c’è il tema della sostenibilità, trasversale a tutti ma che tutti vivono con sensibilità diverse. Il consumatore si aspetta che ciò che acquista abbia determinate carattristiche, dalla banca che gestisce il tuo patrimonio e presso la quale ha il c/c, allo strumento finanziario su cui investe, a ciò che trova al supermercato. C’è anche un aspetto psicologico: essere sostenibile ti fa sentire meglio.
Ma come si declina la sostenibilità nel mondo private?
Un tema è quello delle fondazioni che però rimane uno strumento per pochi. Occorre avere patrimoni significativi per avviare quel tipo di attività. Per una fascia di clientela private media la sostenibilità si interpreta soprattutto attraverso gli strumenti che la finanza mette a disposizione. Per tornare alle fondazioni osservo che la loro crescita si alimenta di (e al tempo stesso alimenta) una maggiore cultura finanziaria tra le famiglie private italiane.
A manifestare questa sensibilità, nelle famiglie, sono soprattutto le giovani generazioni?
Non necessariamente. Spesso è proprio un’aspirazione del capofamiglia. Vuole far sì che il proprio nome venga ricordato anche quando non ci sarà più e si dedica così ad attività filantropiche e sostenibili.
Cosa, allora, distingue realmente i Millennials?
La conoscenza e le esperienze all’estero. Ne hanno accumulate in misura molto maggiore rispetto alle generazioni che li hanno preceduti. E quando tornano hanno una cultura finanziaria maggiore rispetto a quando sono partiti. Questo ci aiuta a impostare un percorso.
Passaggi generazionali, Millennials, gestione dei rapporti interfamiliari. Sono temi così delicati che il ruolo del consulente diviene strategico.
Nel wealth management, e più in generale nei servizi di investimento, le competenze e le professionalità si costruiscono e si consolidano nel tempo. Da oltre 45 anni, sviluppiamo una filosofia “private” che si caratterizza nell’interpretare correttamene i bisogni, le aspettative ed il mandato del cliente, con un approccio alla gestione del patrimonio basato sul pragmatico rispetto delle normative ed un attento presidio al rischio. Il processo di ascolto e di relazione con il cliente è governato dal consulente che rappresenta l’interlocutore privilegiato per l’accesso ai servizi ad elevato valore aggiunto proposti dal nostro modello di servizio.
I nostri professionisti hanno la possibilità di offrire alla clientela target un servizio di consulenza patrimoniale davvero completo, in grado di assistere il cliente, anche il più esigente, nelle scelte strategiche per la tutela, la valorizzazione e la conservazione nel tempo del patrimonio familiare ed aziendale. Infatti, grazie alle competenze specialistiche del nostro centro di advisory, siamo in grado di supportare i nostri clienti nell’interpretazione dei mercati, nell’individuazione delle scelte allocative per il portafoglio investito in strumenti finanziali, nella consulenza per la gestione del patrimonio immobiliare e artistico, nell’attivazione di servizi fiduciari e nella consulenza assicurativa e fiscale e consulenza legata al passaggio generazionale ed alla continuità imprenditoriale.
Banca Euromobiliare offre un modello fondato sull’architettura aperta e sull’assenza di conflitto di interessi. Questi due driver combinati generano concretamente reali opportunità per una crescita professionale, garantita non soltanto dall’applicazione rigorosa dei modelli di aggiornamento professionale dettati dai regulator, ma anche dal confronto continuo e costante con gestori, strategist, economisti, specialisti del diritto di famiglia, fiscalisti delle più importanti case di investimento con le quali collaboriamo per poter erogare un servizio eccellente. Nella prima parte del 2019 un gruppo di relationship manager si è particolarmente distinto nel rapporto con la clientela (guarda i nomi dei primi 6 top relationship manager di Euromobiliare a pag.27, ndr).
La relazione con il cliente è al centro della vostra attività. Ma come fate a costruirla quando i clienti bancari hanno rapporti con diversi istituti. Sono, come si dice, multibancarizzati?
I clienti migliori sono proprio quelli che hanno rapporti con diverse banche; così possono confrontare i servizi erogati da differenti operatori e capire chi li sta servendo meglio.
Ma allora in che modo volete essere speciali per il vostro cliente?
Abbiamo strutturato un servizio di account aggregation. Utilizziamo la fiduciaria del gruppo per aggregare tutto il patrimonio del cliente il quale può al tempo stesso mantenere tutti i suoi rapporti. Uno dei limiti dell’attuale normativa è che un intermediario deve costruire un profilo di rischio e un portafoglio d’investimenti del cliente coerente con le informazioni di cui la banca è già in possesso perché relative al conto corrente o conto di deposito di quel cliente. Ma se quest’ultimo ha, ad esempio, 2 milioni di euro allocati presso un altro intermediario il rischio è di costruire un’asset allocation sbi- lanciata e non ottimale a causa di un’asimmetria informativa.
Sono disponibili i clienti a darvi l’accesso a tutte le informazioni riguardanti l’intero loro patrimonio?
Non sempre, perché pensano sia un modo della banca per acquisire altre quote di mercato.
E allora?
Occorre diventare leader nella relazione con il cliente, salire di livello nella relazione di fiducia che il cliente ha con te. Se ci riesci puoi iniziare a supportare il cliente nelle scelte finanziarie e di gestione del patrimonio, anche per quella quota depositata presso una banca terza.
Nel futuro del mondo private quali servizi cresceranno di più?
Con l’incremento della cultura finanziaria aumenterà l’utilizzo di strumenti come trust, fiduciarie e protezioni assicurative. Siamo attrezzati per offrire anche questo tipo di consulenza, grazie alle competenze ed alle società specializzate che fanno parte del nostro gruppo. Importante sarà anche lo sviluppo della protezione allargata legata ai passaggi generazionali nel cui ambito poter ottimizzare molti aspetti, ad esempio quelli fiscali.
Abbiamo lasciato per ultimo il tema degli investimenti, benché rappresenti l’aspetto prevalente della vostra attività. Avete lanciato una gestione patrimoniale che si chiama “portfolio suite”. Di che si tratta?
Abbiamo rafforzato ulteriormente la struttura delle gestioni patrimoniali personalizzate che già caratterizzano la nostra offerta private e dove, sulla base del profilo del rischio del cliente e di un benchmark predeterminato, il gestore fa le sue scelte. Abbiamo allargato la gamma d’offerta creando un veicolo al cui interno collocare diversi componenti adeguati al patrimonio del cliente e coerenti con il suo profilo di rischio. Chiarisco meglio con un esempio.
All’interno dell’ombrello, per esempio, posso inserire una linea cash euro, una linea cash dollaro, una strategia Esg, un bilanciato con all’interno il 40% azionario e 70% obbligazionario, e un ulteriore “mattone” legato ai mercati emergenti. In questo modo si riescono a compensare eventuali perdite di alcune linee con i guadagni fatti registrare dalle altre ed è possibile anche fare qualche scelta tattica, concordata tra cliente e consulente della banca. Come si vede è un contenitore estremamente flessibile e diversificato.
Attraverso la variabilità di questo “ombrello” è possibile anche capire meglio gli umori degli investitori. Oggi i clienti cosa vi stanno chiedendo, una maggiore protezione o esposizione ai mercati?
Sono richieste molto volatili. A dicembre chiedevano protezione oggi sono più disposti credere nei mercati finanziari. Noi come consulenti cerchiamo di essere più neutrali, accompagnando il cliente in un percorso razionale d’in- vestimento, moderando i suoi impulsi emotivi. Ad esempio nelle scorse settimane abbiamo scelto di ridurre nei nostri portafogli modello la componente azionaria dopo la lunga corsa che le azioni hanno fatto nell’ultimo periodo.