Utility token e blockchain non sono più sconosciute realtà di frontiera relegate alla sola sperimentazione. Tant’è vero che il Fisco ha iniziato ad interessarsi a questi giovani asset, e il binomio “tasse e blockchain” non appare più così bizzarro. E’ però un fatto che progresso tecnologico e regolamentazione si muovano a velocità inverse, anche quando si parla di investimenti e asset management.
Tasse, utility token e blockchain
In questo contesto gli investimenti e le operazioni di finanziamento assumono nuove connotazioni e il legislatore corre ai ripari come può.
Le Ico
Le Initial Coin Offerings (Ico) costituiscono una forma di finanziamento, utilizzata da start-up o da soggetti che intendono realizzare un determinato progetto, reso possibile tramite la tecnologia blockchain. Generalmente accade che l’impresa emittente offre al pubblico (normalmente tramite un c.d. “whitepaper”) un progetto da finanziare attraverso la vendita di token digitali di un dato valore ai soggetti interessati, principalmente persone fisiche non esercenti attività di impresa commerciale.
I soggetti che aderiscono a tali iniziative acquistando token effettuano, in sostanza, un investimento del proprio risparmio remunerato in vario modo. In particolare per questo tipo di operazioni possono essere utilizzati gli utility token, rappresentativi di diritti economici legati alla possibilità di utilizzare il prodotto o il servizio che l’emittente intende realizzare (ad esempio, licenza per l’utilizzo di un software ad esito del processo di sviluppo).
L’Iva
Ai fini dell’applicazione dell’Iva, l’Agenzia delle Entrate ritiene che gli stessi presentino caratteristiche tali da essere tendenzialmente assimilati ai voucher, quali strumenti che conferiscono al detentore il diritto di beneficiare di determinati beni e/o servizi (Risposta n. 14 del 28 settembre 2018).
Secondo questa interpretazione l’emissione e la circolazione dei voucher non assumono rilevanza Iva non configurandosi quale anticipazione della cessione/prestazione cui i “buoni” stessi danno diritto. La rilevanza fiscale, e quindi l’applicazione dell’Iva, si assume al momento dell’utilizzo del voucher, ossia all’atto dell’acquisto del bene-servizio che lo stesso incorpora.
Iva e voucher
La disciplina Iva dei voucher, o meglio dei buoni-corrispettivo secondo la definizione adottata dal nostro legislatore, è stata di recente implementata nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 141/2018, di recepimento della Direttiva UE 2016/1065, recante le nuove disposizioni in materia di emissione, circolazione e utilizzo dei buoni-corrispettivo. Per l’effetto sono state introdotte nel codice Iva nazionale nuove norme che, a partire dal 1° gennaio 2019, distinguono il trattamento Iva a seconda che i buoni corrispettivo siano monouso o multiuso.
Tale nuovo regime Iva potrebbe applicarsi ai token in argomento qualora fosse confermata dall’Amministrazione finanziaria l’impostazione originaria (token=voucher=buoni) data nella citata Risposta n. 14 del 28 settembre 2018.
Se così fosse per i buoni monouso è prevista l’insorgenza del momento impositivo già in sede di emissione, essendo l’operazione (cessione di beni o prestazione di servizi) identificata in ogni suo elemento e, pertanto, nota la disciplina applicabile. Per i secondi rileva, ai fini Iva, l’utilizzo dei buoni da parte del possessore, non essendo certi i presupposti dell’imposta all’atto dell’emissione degli stessi.
La distinzione, quindi, è fondata sulla disponibilità delle informazioni necessarie per la tassazione già al momento dell’emissione del buono-corrispettivo (monouso) o al momento del riscatto (multiuso), qualora l’utilizzo finale sia lasciato alla scelta del consumatore.
Le imposte sui redditi
Ai fini delle imposte sui redditi le somme incassate a seguito dell’assegnazione degli utilitytoken non incidono sulla determinazione del periodo d’imposta in cui concorrono alla formazione della base imponibile i beni e/o le prestazioni di servizi cui hanno diritto i possessori dei buoni regalo. Ciò in quanto qualora sul piano contabile l’operazione sia rappresentata come una mera movimentazione finanziaria in applicazione dei corretti principi contabili, la stessa non assume autonoma rilevanza fiscale ai fini delle Imposte sui redditi delle società (Risposta n. 14 del 29.09.2018).
I componenti di reddito relativi alla cessione dei predetti beni e/o all’erogazione delle citate prestazioni di servizi saranno rilevanti al momento:
– della relativa imputazione al conto economico, ai sensi dell’art. 83 del Tuir, per i soggetti diversi dalle micro-imprese;
– in cui la cessione dei beni e/o la prestazione dei servizi è considerata effettuata ai sensi di commi 1 e 2 dell’art. 109 del Tuir, per le micro-imprese.
Ai fini della tassazione dei redditi realizzati dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di una attività di impresa, che detengono gli utility token, l’Agenzia delle Entrate ritiene che gli stessi costituiscano rapporti da cui derivi il diritto di acquistare a termine (quando sarà disponibile) il prodotto o il servizio e, pertanto, sono suscettibili di generare un reddito diverso ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. c-quater), del Tuir.
Tali redditi diversi di natura finanziaria devono essere indicati nel quadro RT del Modello Redditi – Persone fisiche e sono soggetti ad imposta sostitutiva con aliquota del 26%.