Il potenziale contributo delle banche alla transizione green non si manifesta unicamente con le loro emissioni dirette o indirette ma soprattutto nel modo in cui accompagnano tutta la base clienti in questo processo
Giorgio Costantino, executive director – global transformation services di Crif: “La velleità non è identificare l’azienda più virtuosa in senso generale ma piuttosto chi è in grado di fare un vero e proprio percorso di sostenibilità”
Il ruolo delle banche nella transizione
“Partiamo da un dato incontrovertibile: il board delle banche non è costituito da millennial, che hanno nativamente una cultura Esg (Environmental, social, governance). Quindi, quando si parla di sostenibilità, bisogna rispondere innanzitutto alla necessità di un allineamento della cultura manageriale”, osserva Antonella Pagano, managing director di Accenture. Ma c’è anche un altro aspetto da considerare, aggiunge. Il potenziale contributo degli istituti di credito alla transizione green non si “manifesta unicamente con le loro emissioni dirette o indirette, come per tutte le altre società” ma “l’aspetto più dirompente” riguarda ciò che possono fare nell’accompagnare tutta la base clienti in questo processo di transizione, mettendo a terra anche le risorse offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per far questo, spiega, c’è un gran bisogno di competenza a cultura.
Le aziende sostenibili sono meno rischiose
Le banche infatti, interviene Giovanna Zacchi, head of esg strategy di Bper Banca, sono quelle che “attraverso il credito sono in grado di far sì che la transizione ecologica possa essere portata avanti anche dalle piccole e medie imprese”. Ma non possono far tutto da sole. Secondo Zacchi è necessario attivare un processo di networking, non solo tra gli stessi istituti di credito, ma anche tra le associazioni di categoria e le università, favorendo lo sviluppo di una cultura sostenibile, lavorando su attività di partenariato e identificando quelle soluzioni che consentano al tessuto imprenditoriale di crescere. Senza dimenticare che “le società con buone performance in termini di sostenibilità sono anche società meno rischiose e che performano meglio”.
Come identificare i “campioni green”
Ma si può parlare realmente di “campioni green”? Come racconta Giorgio Costantino, executive director – global transformation services di Crif, “la velleità non è identificare l’azienda più virtuosa” in senso generale ma piuttosto “chi è in grado di fare un vero e proprio percorso di sostenibilità”. Comprendendo, innanzitutto, quanto sia importante condividere le proprie informazioni in termini ambientali, sociali e di buona governance con gli altri attori delle catene di fornitura. “La nostra idea è quella di avere il più ampio set di dati possibile a livello nazionale, per identificare i livelli di emissione di alcune parti del processo produttivo. Ma è necessario entrare in un mood di fiducia e condivisione”, spiega Costantino. Lanciando uno sguardo anche ai 68,8 miliardi di euro assegnati alla Transizione verde dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Si tratta di un’occasione imperdibile. Le forze del sistema paese, del sistema bancario e dei provider come noi devono essere concentrate nel veicolare queste risorse verso le imprese”.