Parte da questo presupposto l’analisi commissionata da AllianceBernstein all’istituto di ricerca finanziaria, FINER, che, in occasione del Salone del Risparmio 2021, ha indagato le leve della sostenibilità maggiormente percepite da tre tipologie di clientela: mass market (con un patrimonio finanziario complessivo compreso tra i 10 mila e i 50 mila euro); affluent e upper affluent (rispettivamente tra €50 e €250 mila e tra €250 e 500 mila); private e HNWI (tra €500 mila e €5 milioni e oltre i €5 milioni).
Conosci i Principi di sviluppo sostenibile?
“La considerazione di base che emerge dall’analisi è che a patrimoni più grandi corrisponde una maggior consapevolezza di quelli che sono gli obiettivi di sostenibilità” esordisce Nicola Ronchetti, fondatore e Ceo di FINER, spiegando i risultati principali dell’analisi condotta. Entrando nel merito dei dati, su un campione di circa 2000 individui italiani mass market, il 79% di loro ha dichiarato di non essere a conoscenza dei 17 Principi delle Nazioni Unite (Onu) per lo sviluppo sostenibile, con appena il 7% del campione che ha dichiarato di conoscerne le specifiche (il 14% solo per sentito dire). La rilevazione cambia passando a un campione di 2500 individui affluent e upper affluent, i quali ignorano il tema nel 52% dei casi, dichiarandosi consapevoli nel 15%. Infine, la fascia di clientela più alta, che nel 55% dei casi si dice conoscitore dei 17 Principi (noti anche come goal), di cui un 20% molto confident sul tema.
“Sebbene i numeri risultino più confortanti al crescere del patrimonio, siamo ancora lontani da quella piena consapevolezza necessaria ad imporsi davvero un modello di transizione sostenibile” commenta Giovanni De Mare, Country Head per l’Italia di AB. A prescindere dal capitale di riferimento, prosegue infatti De Mare, è necessario riuscire ad arrivare a ogni tipologia di clientela, per due fondamentali ragioni: anzitutto, per limitare la maggiore esposizione al rischio che un investimento considerato ‘brown’ determinerebbe; in secondo luogo, perché la lotta al cambiamento climatico e la transizione verso un mondo più sostenibile vanno condotte all’unisono, senza che nessuno resti indietro.
La scelta degli investitori tra i 17 goal Esg
Interrogati ulteriormente sul tema della sostenibilità, FINER ha chiesto ai tre campioni di definire gli obiettivi sostenibili a loro dire più importanti. La scelta dei tre gruppi è stata unanime: sconfiggere la povertà (goal n.1), sconfiggere la fame (goal n.2), salute e benessere (goal n.3) e lotta al cambiamento climatico (goal n.13). Su quest’ultimo punto, i clienti più ricchi sono risultati meno inclini ad un investimento condotto per ‘esclusione’ di settori, concordi invece a concedere fiducia alle realtà che hanno impostato un piano di crescita più sostenibile (riconducibili per lo più al fronte azionario).
Differenza importante emerge invece in merito alla quinta voce: mentre i mass market paiono prediligere il Pilastro pace, giustizia e istituzioni solide (goal n.16), la clientela private dà maggior priorità a parità di genere (goal n.5) e riduzione delle diseguaglianze (goal n.10).
“In quanto professionisti di investimento, il nostro scopo è quello di trovare il giusto equilibrio tra preferenze dell’investitore e opportunità che il mercato ci offre” spiega De Mare. “Tra i temi su cui maggiormente vogliamo concentrare la nostra attenzione si confermano il goal n.3, salute e benessere, e il goal n.13, lotta al cambiamento climatico, cui si aggiungono temi di impresa, innovazione e infrastrutture in linea con i principi del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano (Pnrr)”.
I tre profili dell’investitore tipo
FINER ha infine definito tre tipologie di clienti: i proattivi, che vogliono progettare attivamente il proprio futuro; gli scoraggiati, in balia degli eventi e confusi circa le future prospettive; i resistenti, che hanno bassa capacità progettuale e sono bloccati su dove investire.
“Ogni investitore guarda il mondo con i propri occhi. Il compito di un consulente è non solo capire qual è il suo patrimonio, ma anche in che modo questi veda il mercato e quali sono le sue paure, per dare risposte e costruirgli addosso una soluzione di investimento nella quale possa rivedersi” spiega Ken Haman, Managing Director dell’AB Advisor Institute, la struttura di AB dedicata al supporto formativo ai consulenti.
“E’ opportuno comprendere quali sono i timori e i blocchi di un potenziale cliente, legati non solo all’investimento, ma anche alla politica, all’economia, alla vita in generale. Solo conoscendo le sue paure e interessandosene che si riescono ad abbattere le distanze. La formula è semplice: curiosità, empatia e ascolto” chiosa Haman.
Infine, tornando al tema Esg…
Esg è un approccio universale. “Non è questione di quale percentuale di portafoglio conferirgli, ma una visione d’insieme, trasversale. Trasformare liquidità in investimenti dipende anche dal comprendere che investitore abbiamo davanti. Come AB siamo impegnati sul fronte della sostenibilità sia come azienda che come investitori. Nella selezione degli investimenti incentiviamo una stewardship attiva, favorendo le aziende che migliorano i propri standard o quelle che hanno un approccio marcatamente più sostenibile rispetto ai loro competitor. Non è dunque un caso se la quasi totalità dei nostri fondi rispondono agli articoli 8 e 9 della classificazione Sfdr” conclude De Mare.