A tre anni dall’applicazione del decreto 254, circa 100 aziende hanno formalizzato la governance di sostenibilità a livello di board
Le tematiche considerate risultano essere sempre più specifiche e legate al business, come il cambiamento climatico (68%), la qualità, l’accessibilità e la soddisfazione dei clienti (87%) e la salute e la sicurezza sul lavoro (81%)
Pier Mario Barzaghi, partner di Kpmg: “ci aspettiamo un’ulteriore crescita di questo fenomeno con particolare attenzione anche ai processi di pianificazione”
Quello che è emerso è che a tre anni dall’applicazione del decreto 254 (sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di alcune imprese e alcuni gruppi di grandi dimensioni, ndr), circa 100 aziende hanno formalizzato la governance di sostenibilità a livello di board, in crescita dell’86% rispetto al 2017, e oltre 100 aziende hanno definito una strategia di sostenibilità (+230%). Inoltre, più di 160 imprese hanno formalizzato almeno una policy inerente ai temi del decreto (+13%) e circa 140 hanno sviluppato sistemi di gestione dei rischi esg integrati (+53%). “Un approccio strategico ai temi esg è sempre più importante per la competitività delle imprese – spiega infatti lo studio – Può portare benefici in termini di gestione del rischio, riduzione dei costi, accesso al capitale, relazioni con i clienti, gestione delle risorse umane e capacità di innovazione”.
Nel confronto con gli stakeholder, invece, il 93% delle intervistate dichiara di aver coinvolto gli stessi nell’aggiornamento della materialità, in crescita dell’8% rispetto al 2018, mentre il 64% afferma di considerare sia gli stakeholder interni che esterni (+53%). Si parla in primis di dipendenti per il 33%, ma anche di clienti (31%), fornitori (31%), enti e comunità (28%) e investitori (19%), coinvolti soprattutto tramite questionari (58%), interviste (31%), workshop (17%) e forum (8%).
Le tematiche considerate risultano essere sempre più specifiche e legate al business, come il cambiamento climatico (68%), la qualità, l’accessibilità e la soddisfazione dei clienti (87%) la salute e la sicurezza sul lavoro (81%), la gestione responsabile della supply chain (70%), la compliance (60%) e la sostenibilità nelle strategie di business (24%). In calo rispetto al 2018 l’interesse per la gestione delle risorse idriche, le relazioni con enti e istituzioni e l’anti-corruzione. In termini di rischi, invece, per l’89% almeno uno è legato agli aspetti ambientali, come il cambiamento climatico, i consumi e gli scarichi idrici, e l’indisponibilità delle materie prime. In rosso, invece, l’inclusione nella disclosure della violazione dei diritti umani diretti o lungo la catena della fornitura, la biodiversità e la gestione non efficiente dell’energia e delle emissioni. Tra l’altro, il 64% delle imprese dichiara di aver citato anche il tema della pandemia all’interno della dnf, “in alcuni casi tramite un rimando alla relazione finanziaria, in altri casi trattando il tema all’interno del documento stesso di rendicontazione non finanziaria”, conclude lo studio.
“La terza edizione della survey – sottolinea Barzaghi – evidenzia un crescente impegno delle imprese italiane a contribuire al raggiungimento dell’Agenda 2030: 114 aziende del campione (+88% rispetto al 2017) hanno preso in considerazione gli impatti del proprio business sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, illustrando le azioni e gli obiettivi attraverso cui contribuiscono alla realizzazione dell’Agenda 2030”. Nei prossimi anni, conclude, “ci aspettiamo un’ulteriore crescita di questo fenomeno con particolare attenzione anche ai processi di pianificazione: le imprese, infatti, dovranno considerare gli sdg rilevanti nello sviluppo dei loro piani industriali”.