Il Consiglio europeo ha adottato la sua posizione negoziale nei confronti della direttiva sul dovere di diligenza delle grandi imprese in materia di sostenibilità
La direttiva introduce nuovi obblighi per le imprese di grandi dimensioni in merito agli impatti negativi effettivi e potenziali sui diritti umani e sull’ambiente
Prevista un’applicazione delle norme con un approccio graduale. Si partirà con le grandissime imprese con oltre 1.000 dipendenti e 300 milioni di euro
Il Consiglio europeo ha adottato la sua posizione negoziale nei confronti della direttiva sul dovere di diligenza delle grandi imprese in materia di sostenibilità, aprendo ai negoziati con il Parlamento. Una normativa che, nelle attese di Bruxelles, dovrebbe garantire una maggiore trasparenza a favore di consumatori e investitori. E che rientra nel più ampio cammino comunitario verso un’economia sostenibile. Ecco le novità introdotte rispetto alla proposta della Commissione del 23 febbraio. E i rischi per le aziende.
“Abbiamo lavorato duramente negli ultimi mesi per raggiungere la posizione odierna”, ha commentato Jozef Síkela, ministro dell’industria e del commercio della Repubblica Ceca. “Affinché l’Unione europea raggiunga i suoi obiettivi in materia di clima e sostenibilità e garantisca la tutela dei diritti umani è importante che le aziende identifichino, prevengano, interrompano o attenuino l’impatto delle loro attività sui diritti umani e sull’ambiente”, ha aggiunto. Ricordando come i clienti europei pongano un’attenzione sempre crescente al comportamento responsabile delle grandi aziende. La direttiva, infatti, introduce nuovi obblighi per le imprese di grandi dimensioni in merito agli impatti negativi effettivi e potenziali sui diritti umani e sull’ambiente, in riferimento alle loro attività, alle attività delle loro filiali e alle attività nella catena del valore svolte da soggetti con cui la società intrattiene un rapporto d’affari consolidato. Inoltre, prevede specifiche sanzioni e responsabilità civili per gli inadempienti.
Stando a quanto già previsto dalla Commissione europea nella proposta presentata a Parlamento e Consiglio lo scorso febbraio, la direttiva si applica non solo alle grandi imprese dell’Unione europea ma anche a quelle appartenenti a paesi terzi e operative all’interno del territorio dell’Unione. Nel primo caso, i criteri che determinano se un’azienda rientra nel perimetro di applicazione della direttiva si basano su numero di dipendenti (oltre 250 per le società a responsabilità limitata attive in settori ad alto impatto e oltre 500 per le altre società a responsabilità limitata) e fatturato netto a livello globale (rispettivamente pari o superiore a 40 milioni o a 150 milioni di euro). Nel secondo caso viene invece valutata la quota di fatturato netto generato all’interno dell’Ue, indipendentemente da se abbia una filiale o una consociata in Ue.
Il testo del Consiglio ha introdotto un approccio graduale in merito all’applicazione delle norme previste dalla direttiva. In particolare, si applicheranno in primis alle grandissime imprese con oltre 1.000 dipendenti e 300 milioni di euro di fatturato netto a livello globale o nel caso delle imprese extra-Ue 300 milioni di euro di fatturato netto generato all’interno dei confini comunitari, tre anni dopo l’entrata in vigore della direttiva. I ministri hanno inoltre chiarito le condizioni relative alla responsabilità civile, prevedendo il pieno risarcimento dei danni derivanti dal mancato rispetto degli obblighi di due diligence da parte delle imprese.