Studi dimostrano risultati discordanti tra le valutazioni emesse da diverse agenzie di rating. Ma anche gli operatori del mercato stentano a trovare metodologie comuni. E la sostenibilità rischia di venir svuotata nel suo significato
Un gruppo di ricerca europeo ha svelato che dalla firma dell’Accordo di Parigi nel 2015 le principali banche del Pianeta hanno finanziato per quasi 4mila miliardi di dollari il settore dei combustibili fossili
Secondo Francesco Perrini dell’Università Bocconi, non serve solo chiarezza nelle strategie e nelle metodologie utilizzate per definire quali aziende sono “sostenibili” ma anche tanta innovazione tecnologica. Solo così si potrà combattere il climate change
Tra queste, segnalano dalla società di gestione del risparmio, ci sono Infineon technologies Ag (operante nel settore dei semiconduttori a livello globale, esempio positivo di gestione delle emissioni di gas serra), Smurfit Kappa Group Ltd (attiva nel settore della produzione di imballaggi di cartone a livello globale, che si distingue per la promozione della gestione sostenibile delle foreste), Deutsche Telekom Ag (nel settore delle telecomunicazioni, fortemente impegnata ad affrontare il tema dei diritti umani e della diversità), Crh plc (che produce una vasta gamma di prodotti per il settore edilizio a livello globale e rappresenta un’eccellenza in termini di policy e di processi implementati per garantire elevati standard di governance e sostenibilità del proprio Consiglio di amministrazione), Signify Nn (leder mondiale nel settore dell’illuminazione) e Brembo (che produce impianti frenanti per il settore automotive a livello globale e ha lanciato una campagna di adesione agli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu).
Oggi, continua però Baranes, è molto difficile trovare un’azienda che non si dica sostenibile. “Tutti i grandi gruppi bancari e finanziari professano la propria sostenibilità, ma un’indagine di un gruppo di ricerca europeo ha svelato che dalla firma dell’Accordo di Parigi nel 2015 le principali banche del Pianeta hanno finanziato per quasi 4mila miliardi di dollari il settore dei combustibili fossili. Questo rende difficile sia per gli investitori che per i risparmiatori orientarsi in quella che è una giungla. Purtroppo, molto spesso, si prendono iniziative in materia di clima e ambiente più come una risposta alla crescente attenzione dei clienti, che non con l’idea di cambiare il proprio business. Senza dimenticare il peso che in molti listini di Borsa hanno le imprese petrolifere e del settore energetico”.
Certo, ci sono anche casi come quello di Neste (come ricordato da Simona Merzagora, managing director di NN Investment Partners nel numero di We Wealth di gennaio). Un ex colosso petrolifero finlandese quotato alla Borsa di Helsinki che oggi punta sulla raffinazione, il trasporto e la vendita di biodiesel (combustibile ottenuto da fonti rinnovabili che riduce del 50-90% le emissioni di Co2 rispetto al diesel tradizionale) e che rappresenta un “raro esempio di azienda petrolifera capace di sovraperformare il mercato azionario globale negli ultimi anni” oltre a essere “ben posizionata per cavalcare la transizione climatica, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi”.
Un problema, dunque, non solo di trasparenza ma anche di uniformità. Anche se, secondo Perrini, “troppa normativa” da questo punto di vista potrebbe non essere la chiave. “Bisognerebbe fissare dei principi generali inderogabili all’interno dei quali gli operatori del mercato possano muoversi, ma poi bisogna lasciare adattare questi principi e metodologie alle diverse tipologie di azienda. Come sappiamo, la variabile ambientale in un settore come quello dei servizi e delle banche ha un impatto, sulla chimica e le vernici ne ha un altro. Sul fashion un altro ancora”, spiega. In definitiva, conclude, non serve “solo chiarezza nelle strategie e nelle metodologie ma anche tanta innovazione. La soluzione al climate change arriverà solo con nuove tecnologie che permetteranno di spegnere le centrali a carbone e fossili. Consentendo anche a società dell’oil & gas di trasformarsi definitivamente, come ha fatto Enel”.
(Articolo tratto dal magazine We Wealth di novembre 2021)