Esiste anche un altro metodo, chiamato saignée in Francia e da noi chiamato “salasso” che consiste nel prelevare una parte di mosto dalle botti di uve a bacca rossa in macerazione con cui poi fare il vino (il vero obiettivo nella circostanza non è tanto il liquido di colore rosa che si estrae, ma di avere il mosto rimanente più corposo e carico di colore).
E poi il Cerasuolo d’Abruzzo Doc, da uve montepulciano d’Abruzzo, la prima Doc d’Italia a essere destinata unicamente a vini rosati. Senza dimenticare il Cirò Rosato Doc in Calabria, da uve gaglioppo, il Valtènesi Chiaretto Doc, da uve groppello con barbera, sangiovese, marzemino e rebo in Lombardia e il Bardolino Chiaretto Doc da uve corvina e rondinella in Veneto.
E ora troviamo vini rosati un po’ in tutte le aree produttive italiane spesso di eccellente livello. Moltissimi produttori hanno iniziato negli ultimi anni a produrre vini rosati e quelli che già lo facevano (molti più di quanto si creda per la verità) hanno finalmente cominciato ad attribuirgli una maggiore enfasi e importanza. Pochi sanno per esempio che la zona di Bolgheri, prima di ottenere il riconoscimento della Doc per i suoi straordinari vini rossi solo nel 1993, già dal 1983 aveva ottenuto la Doc per i suoi vini bianchi e rosati.
E se vogliamo dirla tutta, forse è ingiusto parlare genericamente di vini rosati. Parliamo di una tipologia di vino molto eterogenea, con diverse vocazioni territoriali, diversi i vitigni utilizzati, diverse filosofie produttive che portano a “stili”, quindi sorsi, incredibilmente diversi tra loro: diversità e peculiarità a lungo bistrattate e poco valorizzate, ma che rappresentano un valore, una ricchezza (anche ampelografica) su cui l’Italia del vino sembra voler scommettere.
Giusto per ricordarlo, quando parliamo di vini rosati ci riferiamo a una tavolozza di tonalità, che variano dal rosa tenue, al chiaretto, dal cerasuolo al rosa corallo, per arrivare al rosa intenso e a una varietà di sensazioni olfattive e degustative non meno interessanti rispetto ai vini bianchi o ai rossi. Non se ne può più di sentir dire che i rosati sono vini per l’estate e amati soprattutto dalle donne. In realtà, al di là che sembrano piacere a tutti ed essere adatti a tutte le stagioni, tra le ragioni del successo dei vini rosati c’è sicuramente l’eccellente capacità di abbinamento.
Si tratta di vini molto versatili in tavola e, a seconda della tipologia, vini che si prestano ad accompagnare gran parte delle ricette della tradizione italiana. Ottimi con antipasti di pesce, con piatti ricchi ma delicati come i risotti, con alcuni salumi, con le carni bianche, ma anche con le carni rosse, con piatti di verdure ma anche con i dolci con la frutta. E poi sono insuperabili con la pizza e le zuppe di pesce.
Fare una scelta non è facile, soprattutto oggi in cui il livello dei vini rosati è molto cresciuto. Da bevitore ante litteram di vini rosati sono affezionato ad alcuni che hanno mantenuto nel tempo livelli di eccellenza. Ecco alcuni vini rosati da non perdere diversissimi tra loro, ma tanto, tanto buoni:
Cerasuolo d’Abruzzo 2017 Valentini Cerasuolo d’Abruzzo: 100% montepulciano d’Abruzzo, dal colore rosa buccia di cipolla con riflessi leggeri tendenti al viola ha un naso di ciliegia, viola e rosa appassita. In bocca esplosione di fragola con sensazioni di agrumi. Un esempio di maestria enologica.
Calabria Rosato IGT “Il marinetto” 2019 di Sergio Arcuri: 100% gaglioppo, dal colore rosa corallo, con un naso intenso su note iodate da cui emergono profumi di arancia sanguinella, melograno e lampone. Sorso che incanta, di rara struttura. Una bomba.
Bombino Nero Rosato Castel del Monte Docg 2018 di Masseria Faraona: dal colore rosa chiaro lucente al naso esprime frutta esotica, mela cotogna, amarena, pompelmo rosa, zenzero e cannella e in bocca frutto polposo e succoso con un finale fresco e persistente per un vino di grande beva. Attenti a non berlo a secchiate.
Buon rosato a tutti!