Grandi collezioni per aggiudicazioni da record

Il trend delle collezioni private di opere d’arte in asta sembra non conoscere fine. Intere raccolte si susseguono una dopo l’altra in apposite sessioni di vendita a loro dedicate dalle principali case d’asta internazionali. Passaggi generazionali, divorzi e successioni alimentano la massiccia disponibilità di collezioni di primario livello sul mercato. Complice la pandemia che ha raffreddato la fiducia dei collezionisti nel concedere in vendita le loro preziose opere man mano che l’emergenza sanitaria si è stabilizzata le raccolte hanno iniziato a inondare una dopo l’altra i cataloghi d’asta nelle capitali del mercato dell’arte come New York, Londra e Parigi. Lo scorso maggio sono state ben 30 le collezioni private d’arte passate in asta. Tutte insieme hanno realizzato 1,09 miliardi di dollari, pari a oltre il 30% dei ricavi totali del mese (fonte dati Pi-eX Ltd). Tra queste, ricordiamo la collezione di Anne H. Bass, la collezione di Thomas e Doris Ammann e la seconda parte della collezione Macklowe. Quest’ultima nelle due sessioni di vendita ha realizzato ben 927 milioni di dollari. Ma come si arriva a realizzare collezioni così importanti e così remunerative?
Sicuramente concorrono vari fattori. Una raccolta di opere d’arte per essere considerata come una “collezione” deve avere anzitutto alla base un filo conduttore culturale, estetico o anche solo passionale che si ritrova in tutte le singole opere che la compongono e ne fanno un “unicum”. Il collezionista è sempre al centro di questo processo. Tanto più è autorevole la sua figura, tanto più è noto il suo nome, tanto più è ammirata la sua posizione nella società quanto più sarà il valore aggiunto di cui beneficerà la sua collezione una volta che sarà messa in vendita. Il prestigio del collezionista legittima l’opera sotto il profilo della qualità artistica del suo autore. E il mercato ne è rassicurato. In alcuni casi il fenomeno porta alla creazione di un vero e proprio brand che si identifica con il nome stesso del collezionista. Come, ad esempio, nel caso di Charles Saatchi, l’ex pubblicitario di successo e appassionato d’arte che ha inventato il profilo del collezionista moderno, a metà tra l’accumulatore ossessivo e l’investitore oculato. Oggi gli acquisti vengono pubblicizzati mentre prima erano riservati. E le quotazioni dell’artista e delle opere salgono. Allo stesso modo hanno grande risonanza le dimissioni delle opere che escono dalle collezioni e scontano caduta di valore e disgrazia per l’artista.
Al collezionista si affianca il curatore che affina la ricerca, seleziona gli artisti e agevola le operazioni di acquisto. Organizza gli eventi in cui aprire al pubblico la collezione e contribuisce alla valorizzazione delle opere. Man mano che la raccolta si compone viene redatto l’inventario con la data e il prezzo di acquisto, il titolo, l’anno e l’autore dell’opera, la tecnica utilizzata e l’anno di realizzazione. L’inventario oggi è digitale e raccoglie anche l’immagine ad alta definizione dell’opera. La provenienza dell’opera, soprattutto se aggiunge valore e pregio, viene documentata o in assenza ricostruita attraverso un’attività professionale di ricerca dei passaggi di proprietà precedenti fino a risalire all’artista e alla prima vendita. Se si rendono necessari interventi di restauro delle opere questi sono certificati, datati e descritti in una relazione sulle condizioni dell’opera. Il condition report è necessario anche nel caso di trasporti e prestiti per esposizioni e mostre. Attività queste fondamentali per valorizzare le opere e condividerle pubblicamente. A queste si aggiungono le citazioni e le pubblicazioni nelle riviste di settore. Oggi anche Instagram è un canale di valorizzazione della collezione. Gli acquisti vengono condivisi con il network, generano interesse e valore e il nome dell’artista raccoglie consensi. L’aspetto documentale delle opere completa la raccolta dal punto di vista formale. Certificato di autenticità, fattura di acquisto, cataloghi e pubblicazioni sono prove dell’autenticità e legittimano il proprietario e la provenienza dell’opera. Le case d’asta ne tengono conto e gli acquirenti sono disposti a investire di più se alla qualità artistica delle opere si accompagna la regolarità documentale.
Caratteristiche queste che non mancano alle grandi collezioni in vendita anche nelle aste del mese di novembre. Da Christie’s al Rockefeller Center di New York sarà battuta in asta il 9 e il 10 novembre la “collezione Paul Allen”, co-fondatore di Microsoft. Una raccolta che comprende più di 150 capolavori che abbracciano 500 anni di storia dell'arte tra i quali Paul Cezanne, David Hockney, Georges Seurat a Jasper Johns. Il valore stimato della raccolta è superiore a un miliardo di dollari. Secondo le sue volontà, l'eredità dedicherà tutti i proventi alla filantropia.
Successivamente il 14 novembre Sotheby’s curerà, ancora a New York la vendita in asta della “collezione David Solinger”, avvocato esperto nel diritto dell’arte che ha rappresentato artisti di spicco dei suoi tempi come Franz Kline, Hans Hofmann e Louise Nevelson ed è stato presidente del Whitney Museum of American Art. I primi 17 capolavori in vendita includono opere di Pablo Picasso, Alberto Giacometti, Willem de Kooning, Joan Miró, Alexander Calder, Jean Dubuffet e Paul Klee, con una stima superiore ai 100 milioni di dollari.
Articolo tratto dal numero di novembre 2022 del magazine We Wealth