Arte e beni culturali nel mirino degli attivisti

Le recenti “azioni di disobbedienza civile non violenta” con il lancio di vernice sulle facciate dei palazzi del governo e sui beni culturali richiamano l’attenzione su un fenomeno di protesta che usa anche l’arte come bersaglio per alzare i toni della discussione. Anche se per gli attivisti “c'è sempre il rispetto per le opere d'arte” il fenomeno non è sfuggito al legislatore che ha di recente riformato il reato di imbrattamento di beni culturali e ha inasprito le pene.
Nelle azioni di imbrattamento delle opere nei musei e delle facciate dei palazzi pubblici a cui stiamo assistendo viene usata farina e vernice lavabile ma i risultati sono ad alta valenza simbolica. Quando il bersaglio è l’arte sono scelte opere di livello internazionale adeguatamente protette ma l’effetto del gesto imbrattante rimane e sconvolge ugualmente. Come nel caso della vernice nera contro i combustibili fossili che lo scorso novembre è stata lanciata sull’opera “Morte e Vita” di Gustav Klimt esposta a Vienna e nel caso de “I girasoli” di Van Gogh colpiti da una zuppa “antipetrolio” a Londra. Anche l’Italia è stata interessata da questo fenomeno. In uno degli ultimi casi, è stata lanciata farina “ambientalista” sull’auto Bmw M1 Gruppo 4 dipinta nel 1979 da Andy Warhol mentre era esposta a novembre in occasione della mostra presso la Fabbrica del vapore di Milano dedicata all’artista della pop art internazionale.
Legittima la causa e rispettabile la protesta ma il punto è che in Italia questi comportamenti possono integrare dei reati, se riguardano i beni culturali. Il legislatore già nel corso del 2022 ha riformato i reati contro i beni culturali prevendendo pene più severe per gli autori. Ora per l’imbrattamento di beni culturali o paesaggistici la nuova disposizione penale punisce l’autore con la reclusione da 2 a 5 anni e con la multa da 2.500 a 15.000 euro (art. 518 duodecies del codice penale). La pena si applica a chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende inservibili o infruibili beni culturali o paesaggistici. Chiunque, invece, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico ovvero pregiudizievole per la loro conservazione o integrità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1.500 a 10.000 euro. Prima della riforma, il reato era generico (riguardava cioè tutti i beni) e contemplava un’aggravante per le cose di interesse storico o artistico. La pena, più lieve, era della reclusione da 3 mesi a un anno e multa da 1.000 a 3.000 euro.
Possono poi scattare delle misure di prevenzione personale per contrastare la commissione di questi comportamenti da parte di soggetti “ritenuti socialmente pericolosi”. In questi casi si può incorrere nell’avviso orale da parte del questore, per le situazioni meno gravi, e nella sorveglianza speciale, per i comportamenti reiterati. Come di recente nel caso dell’attivista fermato per essere stato tra gli autori del lancio di vernice sulla facciata del teatro la Scala di Milano in occasione dell’inaugurazione della stagione a dicembre 2022. Il 10 gennaio si è tenuta la prima udienza dinanzi al tribunale penale di Milano per la contestazione della sorveglianza speciale richiesta dalla questura dopo il fermo. Il Pubblico ministero nel corso del suo intervento ha chiesto il declassamento alla sorveglianza “semplice”, che non prevede a differenza della prima, l’obbligo di dimora vista la limitata offensività del fatto. Ora la decisione è attesa nei prossimi trenta giorni. Per gli stessi fatti però l’attivista è stato denunciato dalla polizia per imbrattamento di bene culturale.