Nell’interminabile partita a scacchi con il suo rivale Bernard Arnault, stavolta Franc?ois Pinault ha giocato una mossa da re. Il magnate del gruppo Kering (Gucci, Bottega Veneta, Yves Saint Laurent), 40 miliardi di patrimonio personale e una passione di lungo corso per l’arte contemporanea, si e? preso il simbolo storico del commercio d’Oltralpe: la Bourse de Commerce.
Si precisa: il Comune di Parigi ha dato in concessione al signor Pinault la struttura per 50 anni. Ma tanto e? bastato per dare all’inaugurazione del 22 maggio 2021 il gusto del definitivo. A un tiro di schioppo dal Louvre, la Bourse de Commerce e? la risposta alla fondazione Vuitton, albergata nella spettacolosa costruzione di un altro architetto di culto, Frank Gehry. Dopo cinque anni di lavori, l’ex piazza delle contrattazioni di granaglie del XVIII secolo (la cui fondazione risale al decennio 1760) e? quindi diventata riparo e palcoscenico per parte della sua sterminata collezione d’arte contemporanea (con artisti come Mark Rothko ad Andy Warhol, passando per gli imprescindibili Pollock e Lichtenstein).
10mila opere di 350 artisti, quasi tutte blue chip, come la fotografa dell’iper autoritratto Cindy Sherman, Rudolf Stingel, Urs Fischer, Richard Prince.
Bourse de Commerce–Pinault Collection © Tadao Ando Architect & Associates, Niney et Marca Architectes, Agence Pierre-Antoine Gatier. Photo: Patrick Tourneboeuf
Ma l’enfasi attuale e? sugli artisti black come David Hammons (30 opere in mostra fino al 31 dicembre 2021, fra cui la “bicicletta storta” di Central Park West, 1990) e Kerry James Marshall, senza trascurare gli emergenti francesi Philippe Parreno e Lili Reynaud-Dewar.
Martin Bethenod, il direttore della Bourse de Commerce, sottolinea che si tratta del solo museo parigino dedicato a un’unica collezione d’arte. Guardandola da sopra, la costruzione si irraggia a cerchi concentrici verso la citta?. Ne? la circolarita? si ferma al solo palazzo: gli elementi architettonici d’intorno contribuiscono a propagare “le onde dello stagno”. E l’intervento di Tadao Ando vi aggiunge ulteriore circolarita?. Fedele compagno di allestimento, l’archistar giapponese e? stato gia? artefice della rinascita dei veneziani Palazzo Grassi (2006) e Punta della Dogana (2009), gli altri due fiori all’occhiello della collezione di Franc?ois Pinault.
Ando inserisce nel vecchio palazzo della Bourse un cilindro in cemento di nove metri d’altezza e trenta di diametro. Al suo interno vi sono non solo spazi espositivi, ma anche un auditorium. Dice lo stesso architetto che la scelta di un “nuovo spazio che si incastrasse all’interno dell’esistente” e che “collegasse la terra e il cielo”, e? un richiamo al Pantheon romano. “Visitai il Pantheon di Roma cinquant’anni fa. In solitudine, capii che quello era il simbolo perfetto dell’inconsistenza del ‘per sempre’”. Eppure il cerchio e? infinito per eccellenza.
Per millenni gli umani ne hanno studiato la perfezione, cercando di carpirne il mistero. E la circolarita? della struttura consente allo sguardo di non arrestarsi. La cupola vitrea della Bourse, trasparente, lascia penetrare il cielo. E? l’eredita? di quella che fu costruita nel 1802 per sopperire a un incendio e si radica negli affreschi del XIX secolo che ne segnano il perimetro, omaggio alla storia commerciale della Francia nei secoli e accuratamente ristrutturati in questi anni.
View of the David Hammons exhibition. Courtesy of the artist and the Bourse de Commerce–Pinault Collection. Photo: Aurélien Mole
La passeggiata adiacente il ristorante gourmet Halles aux Grains (del duo Michel e Se?bastien Bras) offre una visuale sulla chiesa di Sant’Eustachio, Les Halles, in un dialogo a distanza col Centre Pompidou. A insistere per la trasparenza e? stato lo stesso Pinault, rivela l’architetto Thibaut Marca, parte del team. Aggiunge Ando: “l’oculo seguendo il movimento del sole rappresenta la dicotomia fra luce e ombra. I raggi del sole avvolgono la Terra da ben prima che vi comparisse la vita. Nell’eta? contemporanea, prosegue l’architetto, la geometria serve per connettere il reale all’etereo”.
Il riferimento e? a un aspetto dell’estetica nipponica. Okuyukashii, ricorda Ando, e? il termine giapponese che indica una ‘bellezza elegante e sobria’. Okuyukashii vuol dire profondita? nell’arte e nello spazio. E l’architetto crea una connessione poetica fra cerchi e luce. Il suo e? un colpo di teatro spavaldo e sorprendente che ricorda per effetto la piramide di vetro del Louvre di Ieoh Ming Pei, costruita 30 anni fa. Ma a dispetto della materia brutalista per eccellenza, il cemento, l’intervento di Ando risulta piu? discreto di quello del suo defunto collega cinese. Resta all’interno della costruzione e non la tocca, se non sul pavimento.
Forse per prevenire le critiche, l’ex ministro della cultura Jean-Jacques Aillagon, direttore generale della collezione Pinault, dichiara che “a volte siamo troppo precipitosi nel riscontrare un disaccordo fra eredita? storica e creativita? contemporanea. Ma entrambe sono espressione dello stesso spirito umano, entrambe coprono la vasta storia della cultura e della civilta?”.
Intanto, la Borsa Italiana..
E da noi cosa succede? Borsa Italiana e? da sempre attenta alle attivita? culturali del tessuto cittadino (e non solo). “Le nostre attivita? culturali hanno sempre avuto il loro fulcro in Palazzo Mezzanotte, la sede di Borsa Italiana”, dice Valentina Sidoti, responsabile del progetto Finance for Fine Arts, di cui avevamo gia? parlato su queste pagine. Nel 2020, a causa della pandemia, “abbiamo organizzato una serie di iniziative fruibili in modalita? virtuale, che ora culminano nella sponsorizzazione della mostra Silenzio in sala a tempo di musica dedicata proprio al tema del rapporto tra cultura e pubblico e visibile all’aperto in Via Dante a Milano”. Quello che non si e? fermato e? il mecenatismo: anche lo scorso anno Piazza Affari ha continuato il progetto di fundraising Rivelazioni, relativamente ai Musei Reali di Torino.