La corsa all’automatico
Allora – era la metà degli anni sessanta – il cronografo era di gran moda e le marche si scontravano tra di loro nella battaglia per la precisione, soprattutto dopo l’arrivo da Oriente del quarzo, che aveva seminato paura, riuscendoci, tra le Maison svizzere. Tra queste c’era anche la Zenit che nonostante potesse già vantare alcuni dei cronografi tecnologicamente più avanzati, non aveva ancora fatto alcun progresso nei movimenti automatici. Con l’avvicinarsi del centenario della sua fondazione nel 1965, l’azienda di Le Locle si mise a sviluppare un nuovo movimento da svelare per l’occasione. Le specifiche erano chiare: il nuovo segnatempo doveva essere il primo orologio da polso cronografo automatico. E doveva essere completamente integrato, con una ruota a colonne e un rotore centrale su cuscinetti a sfera. Ma come poteva un movimento battere alla frequenza di 36.000 vph, fornire almeno 50 ore di riserva di carica, caricarsi automaticamente in entrambe le direzioni ed essere abbastanza sottile da stare al polso?
L’orologio più preciso al mondo
Nel 1965, semplicemente non poteva. E infatti il centenario della Zenith passò come era arrivato, senza che nessun nuovo orologio fosse svelato. Nel mentre, tuttavia, la corsa all’automatico diventava sempre più agguerrita. Nel 1967 si sparse la voce che Breitling, Hamilton-Büren, Dubois-Dépraz e Heuer-Léonidas avessero unito le forze e stessero lavorando a un progetto concorrente. Zenith non poteva perdere più tempo: o cambiava il passo o avrebbe perso la corsa all’automatico. Tra le due, accadde la prima. Due anni dopo, il 10 gennaio 1969, El Primero fu presentato al mondo. La stampa fu unanime nel lodare le prodezze tecniche del nuovo movimento, non ultimo il meccanismo di carica automatica integrato. Per dimostrare la robustezza e l’affidabilità del nuovo movimento, Zenith arrivò addirittura a fissare un esemplare al carrello di atterraggio di un Boeing 707. Decollato a Parigi, l’orologio arrivò a New York perfettamente intatto e in orario: era il 1970. Quarant’anni dopo, nel 2012, El Primero Stratos Flyback Striking 10th infrangerà la barriera del suono al polso di Felix Baumgartner.
Il Custode d’El Primero
L’orologio non solo era apprezzato per le sue caratteristiche tecniche ma anche per la sua estetica, che lo rendeva immediatamente riconoscibile, grazie ai tre contatori colorati – più chiaro per i secondi, più scuro per le ore e una tonalità intermedia per i minuti – che ne facilitavano anche la lettura. Tuttavia, nel 1975, la Zenith, che nel mentre aveva cambiato domicilio e si era spostata negli Stati uniti, decise di interromperne la produzione. Per il management d’oltreoceano gli orologi meccanici non avevano futuro innanzi al presente degli orologi al quarzo. Per fortuna (nostra e loro) Charles Vermot, mastro orologiaio della Zenith non la pensava così. Il custode dello Zenith, come venne ribattezzato, raggruppò tutti i progetti tecnici e gli strumenti necessari per produrre ogni singolo componente del movimento e li nascose in un’inaccessibile soffitta segreta della Manifattura Zenith, chiamata grenier in francese. Dieci anni dopo, grazie al tesoro conservato da Vermot, la Zenith riprese la produzione d’El Primero. Il movimento fu utilizzato per primo da Ebel e poi da Rolex (con molte modifiche) per il suo Daytona. Seguirono Panerai, Boucheron e Daniel Roth fino a che quando LVMH, nuovo proprietario di Zenith dal 1999, decise di riservare il movimento per i propri marchi.