Sergio Lombardo, oltre Piazza del Popolo: arte e mercato

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Uno degli ultimi superstiti della Scuola di Piazza del Popolo, Sergio Lombardo, concede un'intervista esclusiva a We Wealth. Parole libere che raccontano di un mercato credulo e di "facili feticci", andando a ritroso fino all'avanguardia, passando per la ricerca. Incessante
L'arte non è solo passione, non si limita a essere soddisfazione per gli occhi. Può anche diventare un buon investimento, visto il valore di pleasure asset che il mercato le riconosce. Per gli artisti questo è un argomento tabù. We Wealth ha incontrato Sergio Lombardo, classe 1939, tra i maggiori esponenti della Scuola di Piazza del Popolo, presente in importanti collezioni private e apprezzato dal mercato italiano e internazionale, le cui opere sono quasi introvabili, soprattutto i lavori legati ai Gesti tipici.

L'intervista a Sergio Lombardo, uno degli ultimi superstiti di Piazza del Popolo


Dal pubblico alle aste


Che peso ha il riscontro del pubblico sul suo lavoro?


Il riscontro del pubblico, quale che sia, ha effetto solo sul mio umore, ma non ha alcun effetto sul mio lavoro. Poiché non ho mai fatto “produzione”, ma solo “ricerca”. Si tratta di una ricerca specialistica a carattere innovativo e avanguardistico proiettata verso orizzonti scientifici ancora inesplorati.
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Il 2019 si è concluso e diversi sono stati i passaggi in asta di sue opere in questo 2019. Partiamo dai Gesti tipici (1961 – 1963) la serie più nota delle sue opere con i politici ritratti nelle loro iconiche sagome. Di questi il risultato più significativo è stato sicuramente il record registrato da Sotheby's nell'aprile 2019 dal lotto n. 56 J.F Kennedy, datato 1961 -1963, smalto su tela, battuto a un prezzo di 275mila euro, rispetto alla quotazione compresa tra 80mila e 100mila euro. Come valuta questi risultati?


I risultati delle aste indicano che da parte del mercato sta iniziando a nascere un interesse internazionale verso il mio lavoro. Lo scorso novembre un'asta di Christie's a Londra ha battuto un Monocromo del 1960 per 131.250 sterline.
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Sergio Lombardo: la Scuola di Piazza del Popolo, crocevia dell'avanguardia ancora da scoprire e indagare


In generale è un momento molto favorevole per tutto il movimento artistico legato alla scuola romana di Piazza del Popolo di cui ha fatto parte negli anni '60 con Schifano, Mambor, Giosetta Fioroni, Franco Angeli, Tano Festa. Anche il mercato internazionale sta dando buone risposte. Pensa che questa tendenza abbia margine di ascesa oppure è giunto il momento di concentrarsi su altri movimenti?


La Scuola di Piazza del Popolo è un nodo cruciale nell'avanguardia internazionale, ma non è stata ancora studiata nel suo vero valore storico. Ancora non esistono musei che la mostrino ad un pubblico internazionale.

Le interpretazioni degli storici si limitano a un confronto superficiale con la Pop art americana, ma non la collegano al Futurismo e non ne studiano le conseguenze evolutive che riguardano il futuro. Non riescono neanche bene a differenziare gli artisti fra loro perché li appiattiscono con etichette senza senso come Pop art italiana. Ancora molti confondono l'avanguardia scientifica di ricerca con l'Anything goes postmoderno.

Questa errata visione comunque non prevede ulteriori movimenti successivi alla Scuola di Piazza del Popolo e alla Pop Art, perché, in base a tale concezione, il postmoderno finisce la storia. Invece la storia dell'arte svilupperà solo le istanze estetiche di quegli artisti che nella Scuola di Piazza del Popolo, o nella Pop art, hanno introdotto metodi sperimentali e scientifici di ricerca.

Qual è il filo conduttore che ha legato gli artisti della Scuola di Piazza del Popolo in un movimento così importante per la storia dell'arte italiana?


Il Futurismo è stato il precursore che ha autorizzato sia la Scuola di Piazza del Popolo sia la Pop art americana, ma non tutti ne erano consapevoli e molti vi hanno mescolato elementi passatisti, romantici e perfino decadentisti. Questi elementi che contrastano con il Futurismo dovranno essere approfonditi dagli storici. Dopo il 1964
quando la Pop art americana si è imposta come il movimento più avanzato in Europa e nel mondo - anche grazie al sostegno politico che gli artisti romani non avevano -, gli intellettuali e gli artisti che sostenevano la Scuola di Piazza del Popolo invece di rimanere coerenti con i principi avanguardistici sono tornati al passatismo e all'antiquariato accademico, rinnegando le radici futuriste. Questo voltafaccia ha danneggiato la storia dell'arte italiana tanto che la Scuola di Piazza del Popolo ancora non ha alcun museo che la ospiti, né vi sono studi approfonditi.
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Quali secondo lei sono i movimenti che dall'esperienza della Scuola di Piazza del Popolo in avanti meriterebbero l'attenzione del mercato e perché?


L'Eventualismo secondo me è l'unica direzione possibile dell'avanguardia dopo gli anni '60 del '900.

E poi ci sono le opere della pittura “stocastica” (1980 – 1995 la serie Tan, 1995 – 2003 le Mappe, 1994 – 2014 la serie Sat, 2012 – 2017 la serie Tiling e dal 2017 in poi la serie Quilting) che dalla casuale combinazione di cartoncini bianchi e neri nella macchina fotocopiatrice è arrivata all'utilizzo di sofisticati algoritmi per la realizzazione di figure su mattonelle combinabili in una infinità di soluzioni. Forse si può parlare di una delle
prime applicazioni dell'intelligenza artificiale alla produzione artistica. Quale in questa produzione è l'apporto dell'artista alla realizzazione dell'opera che la rende meritevole di tutela sotto il profilo del diritto d'autore?


Il diritto d'autore ormai è basato quasi esclusivamente sul certificato di autenticità rilasciato dall'artista, o dal suo archivio ufficiale. Inoltre l'arte si sta muovendo sempre più verso la scienza e il diritto d'autore vale come un brevetto scientifico. Nel futuro non sarà più tanto importante la sacralità del feticcio plasmato dalla mano stessa dell'artista per garantire l'autenticità dell'opera, ma sarà l'insieme degli algoritmi che hanno prodotto e che possono riprodurre l'opera a garantirne l'autenticità. Questo non vuol dire che anche il feticcio, qualora esista, non mantenga la sua importanza.

I "facili feticci" e l'autenticità della ricerca


In questo caso la risposta del mercato è stata sin ora più timida con aggiudicazioni a valori notevolmente inferiori rispetto alle altre serie. Possiamo definire questa ricerca come una nuova “avanguardia”?


Assolutamente sì. L'Eventualismo introduce il metodo scientifico sperimentale nella produzione e nella valutazione dell'arte indicando quello che a me sembra essere l'unico possibile superamento del postmoderno.

Reputa che il mercato sia pronto a comprendere questo tipo di realizzazioni in cui l'artista diventa un “ingegnere” della forma e del colore e lo spettatore colui che genera l'“autoemozione”?


Il mercato è letteralmente alla frutta. Pur di creare, adorare e consumare dei feticci facili è disposto a vedere “genialità” in ogni barzelletta. Ma prima o poi dovrà confrontarsi con la realtà e con la storia, che corre velocissima, non è affatto ferma come credono i postmodernisti.
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Un'ultima domanda riguarda gli aspetti a cui il collezionista-investitore deve prestare attenzione allorché intenda acquistare un'opera e avere la certezza della sua autenticità. A parte acquistare l'opera direttamente dall'artista o dal suo mercante di fiducia per quanto riguarda quelle già sul mercato come attenuare i rischi legati all'assenza di tracciabilità certa della provenienza?


Io sto lavorando alla fondazione di un Archivio con funzione di ricerca estetica e produzione tecnica di opere d'arte. Inoltre le mie opere sul mercato sono così poche che non ho difficoltà a riconoscere se sono autentiche o no.
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Specializzato in diritto tributario presso la Business School de Il Sole 24 ore e poi in diritto e fiscalità dell’arte, dal 2004 è iscritto all’Albo degli Avvocati di Milano ed è abilitato alla difesa in Corte di Cassazione. La sua attività si incentra prevalentemente sulla consulenza giuridica e fiscale applicata all’impiego del capitale, agli investimenti e al business. E’ partner di Cavalluzzo Rizzi Caldart, studio boutique del centro di Milano. Dal 2019 collabora con We Wealth su temi legati ai beni da collezione e investimento.

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