Per sette collezionisti su dieci la decisione d’acquisto nasce sì dalla passione e dal gusto estetico ma non deve mancare anche una seria attenzione alla componente finanziaria dell’investimento
Includere l’arte in una gestione olistica offre la possibilità di una rendicontazione patrimoniale complessiva, che includa non solo asset finanziari ma anche immobiliari e pleasure asset
È importante acquisire le giuste competenze: nel frattempo, il consulente potrà circondarsi di terze parti affidabili e riconosciute
Denaro e arte
Nel 2000, la sociologa argentino-americana Viviana Zelizer sosteneva come arte e denaro appartenessero a due ‘mondi ostili’ tra loro. Vent’anni dopo, i professionisti del mondo dell’arte oppongono a questa visione la consapevolezza che arte e denaro sono due sfere complementari. Ognuna con le proprie specificità. Oggi più che in passato l’arte vive in un ecosistema complesso, i cui numerosi attori sono tutti protagonisti di un sistema.
Sono collezionisti (per lo più High-Net-Worth Individuals o Ultra-High-Net-Worth Individuals), artisti, galleristi, case d’asta, mercanti, editori specializzati, professionisti della logistica, startup, ma anche protagonisti del mondo della finanza, soprattutto wealth manager. Quello dell’arte è un mondo complesso, ampio e variegato in cui partecipano attori dalle competenze, interessi e obiettivi diversi. Nonostante la sua complessità, però, ciò che li accomuna è molto semplice: la passione per l’arte.
Arte e finanza
Nell’ambito di una sempre più forte competitività nel mondo della consulenza finanziaria, sono numerose le istituzioni che hanno ormai compreso il ruolo chiave delle passioni nella creazione di una relazione cliente-consulente fondata su fiducia e impegno reciproco. Grazie alla sua capacità di creare ponti tra le persone, l’arte – e più in generale la cultura – è oggi strategicamente inserita all’interno di una consulenza sempre più olistica e personalizzabile.
Una proposizione di valore olistica
Questo ampliamento dell’offerta si è negli anni unito a una crescente domanda da parte dei clienti stessi, che intravedono nel proprio gestore patrimoniale un consulente di fiducia cui affidare il proprio patrimonio a 360°. In questo modo è possibile creare una strategia vincente per entrambe le parti, sviluppando “una value proposition su misura, che nasce da un’approfondita conoscenza di background, bisogni finanziari, comportamenti specifici del proprio cliente”, aggiunge Barbara Tagliaferri nel corso della diretta.
Il mondo della consulenza patrimoniale in passato è stato esitante nell’includere servizi legati all’arte all’interno della propria offerta a causa delle complessità del suo mercato. Nonostante queste esistano tuttora (si pensi ai rischi derivanti da una scorretta attribuzione, soggettività della stima economica, danneggiamento fisico dell’opera nel tempo, scarsa regolamentazione e opacità del mercato), è anche grazie al crescente ruolo della finanza nel mondo dell’arte che si stanno compiendo i primi passi verso una maggiore trasparenza e disclosure delle dinamiche di mercato.
Arte e tecnologia
In quest’ottica, la tecnologia può sicuramente giocare un ruolo fondamentale. Basti pensare ai meccanismi di tracciamento resi possibili dalla blockchain, alle piattaforme di analytics che offrono uno storico sull’opera e interessanti spunti di riflessione sul valore di mercato dei diversi artisti, ai siti di e-commerce e a quelle start up di collettivizzazione dell’acquisto che rendono più democratico l’accesso al mercato dell’arte, spesso ancora considerato d’élite.
Arte come asset class
Emotional asset, passion asset, pleasure asset. I modi con cui la finanza ha rinominato l’investimento in arte e beni da collezione sottolineano la forte componente emotiva e soggettiva che queste asset class presentano. Se la passione rimane il principale motore dell’acquisto per i collezionisti, l’attenzione al dato finanziario non deve venir meno. Per sette collezionisti su dieci, infatti, la decisione d’acquisto nasce sì dalla passione e dal gusto estetico ma una seria attenzione alla componente finanziaria dell’investimento non deve mancare, riporta lo studio di Deloitte & ArtTactic.
Come il wealth management include l’arte
Ma qual è il valore aggiunto che il wealth manager può offrire al proprio cliente includendo anche tematiche arte?
Il valore aggiunto che il wealth management infonde all’arte. In quattro punti
- Accumulo di valore nel tempo tramite strategie che accrescano il potenziale del patrimonio artistico: prestiti a musei, investimenti diretti e indiretti in arte, investimenti a impatto sociale.
- Protezione del patrimonio artistico contro i rischi: servizi di art advisory, valutazione, reportistica, assicurazione, gestione della collezione, gestione dei rischi.
- Conversione del valore in reddito e utilizzo del patrimonio artistico come forma di garanzia in casi di necessità di liquidità.
- Trasferimento del patrimonio: consulenza filantropica, pianificazione successoria, cartolarizzazione, istituzione di musei privati.
Il beneficio finale? La possibilità di una rendicontazione patrimoniale complessiva, che includa non solo asset finanziari ma anche asset immobiliari e pleasure asset. In questo modo, sia cliente che consulente avranno la possibilità di ottenere una visione d’insieme e di scegliere le strategie che meglio accrescano e proteggano il valore dell’intero patrimonio nel lungo periodo.
Non solo opere d’arte
Da ricordare, infine, che l’investimento in arte offre oggi possibilità alternative al tradizionale acquisto dell’opera d’arte fisica. Gli investimenti indiretti avvengono tramite fondi d’arte, azioni di società operanti nel sistema dell’arte (Sotheby’s è stata quotata nel NYSE fino al 14 ottobre 2019, quando è stata privatizzata dopo l’offerta di $3,7 miliardi di Patrick Drahi, magnate francese delle comunicazioni), private equity e finanziamento di start up e imprese culturali, investimenti a impatto sociale, acquisti collettivi di opere d’arte e persino strumenti derivati.
Fare rete (ri)paga
La crescita dell’industria di arte e finanza avverrà anche grazie allo sviluppo di “figure specializzate in gestione patrimoniale e art advisory. Mancano, infatti, professionisti ibridi che vengano da un percorso di studi che combini queste competenze”, sottolinea Barbara Tagliaferri. Ecco che il wealth manager dovrà, direttamente o indirettamente, acquisire via via le competenze necessarie nella gestione di un asset class così caratterizzante come l’arte e i beni da collezione. Nel frattempo, il consulente potrà circondarsi di terze parti affidabili e riconosciute nel settore, coinvolgendo anche gli operatori del mercato: fare rete, nel caleidoscopico sistema-arte, ripaga.