Da quando si apre il cancello e si imbocca la salita alla villa, si entra in una sorta di Arcadia in cui si alternano la natura del grande parco secolare, la campagna coltivata a ulivi e vite e le opere d’arte. E si percepisce chiaramente l’unitarietà del tutto, la visione straordinaria, il pensiero illuminato, la volontà e anche lo sforzo del mecenate cha voluto e creato tutto questo.
Uno dei pezzi più significativi della collezione Gori: Daniel Buren, La cabane éclatée aux 4 salles, 2005
Si differisce dall’arte ambientata che installa una scultura in un luogo dopo che l’artista l’ha pensata e realizzata non per quell’ambiente specifico. Questo concetto è fondamentale per comprendere la Collezione della Fattoria di Celle, dove le opere interagiscono con il luogo e “I diritti dell’arte incominciano dove finiscono quelli della natura”.
Fausto Melotti, Tema e variazioni II, 1981
Giuliano Gori, dal 1961, sceglie gli artisti, li invita nella sua Casa e valuta con loro la possibilità di realizzare un’opera. Da lì, occorrono, di solito, da cinque a sei mesi per il progetto, ma a volte anche due anni.
Le opere sono tutte realizzate da maestranze e da artigiani locali. La collezione oggi comprende 80 opere, di cui circa 50 nel parco e una trentina nella villa e nei casolari della tenuta. Fausto Melotti, Daniel Buren, Richard Serra, Anselm Kiefer, Alessandro Mendini, Sol Lewitt, Menashe Kadishman, Alberto Burri, Richard Long, Loris Cecchini, Dani Karavan, Luigi Mainolfi, Giuseppe Penone…difficile selezionarne solo alcuni.
Robert Morris, Labirinto, 1982
A Celle si possono scoprire artisti che non si conoscevano, ma di cui ci si innamora facilmente. E gli stessi artisti qui si lasciano coinvolgere dalla forza e dall’energia del luogo, sconvolgendo a volte il loro modo di lavorare, mettendosi alla prova, con risultati sorprendenti.
Altri due importanti pezzi della collezione Gori: Sol Lewitt, Progetti murali 445 e 494; Richard Long, Anello verde, 1985
È così Richard Serra progetta, su un grande prato scosceso, un’opera creata con enormi massi di pietra che seguono la pendenza della collina, “Open Field Vertical Elevations“ (1982), e Magdalena Abakanowicz lavora per la prima volta con il bronzo in “Katarsis” (1985 – foto d’apertura): trentatré figure in bronzo, viste di schiena, aperte come gusci, modellate ognuna individualmente. Un esercito senza testa né braccia che fissa un muro di pietra. Niente di più contemporaneo, ahimè.
Bukichi Inoue, Il mio buco nel cielo, 1989
Toccante e straniante anche l’incredibile “Labirinto” di Robert Morris (1982), in marmo bianco e verde, come le antiche chiese romaniche toscane. Disposto nella naturale pendenza del prato, si sviluppa all’interno di un triangolo equilatero, decifrabile solo da una visione dall’alto. Un percorso, stretto e obbligato, in continuo saliscendi, che crea un certo disagio a chi lo percorre, un senso di precarietà e di incertezza.
Nella storica voliera (progettata da Bartolomeo Sestini all’inizio dell’800) interviene Jean Michel Folon (2002). L’artista, rimuove parte della rete di copertura, ridando agli uccelli la libertà di entrare e uscire dalla gabbia. Al suo interno, inserisce un grande albero in bronzo dai frutti dorati. I suoi rami sono come braccia che terminano come mani curve, a forma di nido, pronte a nutrire i volatili di passaggio. Che poesia!
Dal 1982 (quarant’anni fa), Giuliano Gori e la sua famiglia hanno deciso di condividere la loro collezione con chi ama l’arte, la natura e sa comprende la filosofia alla base del loro progetto. Riconosciuta come modello in tutto il mondo, durante l’estate, la Fattoria di Celle è visitata da direttori di musei, studiosi, artisti e appassionati. E non chiedete com’è nata la collezione, ma quali sono i progetti futuri!