Token e design, 450mila dollari per mobili che non esistono

L’operazione del design in forma di token ha il sapore della pura speculazione. Il designer è l’argentino Andrés Reisinger, di stanza a Barcellona. La piattaforma attraverso cui è avvenuta la vendita è la Nifty Gateway dei gemelli Winklevoss
Fenomeni speculativi come quello in questione servono a rendere liquido il mercato. Ovvero a creare un mercato secondario per questi asset, in modo da poterli rivendere agevolmente. Ogni pezzo vale perché è un Ntf
Quando si tratta di questi asset, «il mercato secondario non solo deve esistere, ma deve essere profondo e liquido». L’investimento in opere d’arte e di design è solo una delle possibilità che offrono i token
Al momento però un mercato secondario per gli asset tokenizzati non esiste. I primi a debuttare potrebbero essere paesi come la Cina o l’India. O gli Usa. «È difficile che l’Europa sia trainante, in tal senso»
Ogni pezzo vale perché unico. La sua autenticità dipende dal fatto che corrisponde a un Nft, un non fungible token, una unità digitale irriproducibile grazie alla validazione blockchain. Attenzione però: in generale, «per quanto certificata da blockchain, una truffa resta sempre tale», avverte Bisioli. A tendere, «si arriverà a un compromesso». Scopo della tokenizzazione è quello di rendere liquidi, cioè facilmente vendibili, le opere d'arte e i beni di lusso. Anche spezzettandoli. Con questo termine di origine inglese (token, letteralmente “gettone”) si intende infatti letteralmente la frammentazione di un bene in atomi digitali.
Dichiara il designer Reisinger alla stampa: «Scommetto da anni sui regni e i mobili digitali. Ho creato un ampio portfolio di collezionisti in tutto il mondo che supportano la mia pratica e le mie idee . La stampa ama pubblicare enormi titoli puntando sulla quantità di denaro, ma non si interessa del valore». Ma è proprio l'esistenza di «valore» a suscitare dubbi negli osservatori, memori del destino della piattaforma di vite virtuali Second Life. Nata un anno prima di Facebook, ha condiviso solo una pallida infinitesimale frazione del successo dei social e adesso nessuno più se ne ricorda, «con buona pace degli investitori» conclude Bisioli. La vita reale, seppur mediata dai social, è quella che vince ancora. Anche negli investimenti.
