Design Made in Italy, com’è andato il 22, come andrà il 23

Nicole Valenti
17.1.2023
Tempo di lettura: 3'
Il 2022 è stato un anno non semplice dal punto di vista geo-economico. In che modo le incertezze del contesto hanno impattato l’andamento del settore arredo e design fatti in Italia? Qui i risultati, con le previsioni per il 2023

Come ha reagito alla crisi mondiale il settore arredo Made in Italy 


Il 2022 si è appena chiuso e ora ci troviamo alle porte del 2023 in un clima di incertezza e preoccupazione. Il 2021 aveva segnato l’anno della ripresa nel settore arredo, chiudeva con un +11% rispetto al 2019, per un valore complessivo di fatturato pari a oltre 26 miliardi di euro e un saldo commerciale attivo pari a 9,3 miliardi di euro in crescita del +19,7% sul 2020 e del +9,3% sul 2019 ma purtroppo nel 2022 i numeri del nostro Made in Italy cominciano nuovamente a calare. Quello dell’arredo è per l’Italia un settore fondamentale, nello specifico le esportazioni italiane in questo ambito rappresentano il 37% del fatturato totale con un valore pari a 18 miliardi di euro che confermano Francia, Germania e Stati Uniti tra i maggiori importatori, fino a poco tempo fa il Regno Unito era al quarto posto della classifica ma registra oggi un forte calo delle importazioni a causa della crisi pandemica e al clima di incertezza dovuto dall’uscita dall’Unione Europea. 

Le cause della crisi 


Il caro energia, la guerra, i costi della logistica hanno minato la crescita di questo settore e nonostante l’edizione del Salone del Mobile di Giugno abbia registrato una presenza di pubblico crescente, purtroppo in termini di fatturato il mercato del design ha subito un grosso colpo.

Il primo momento di crisi di questo settore era stato nel 2020 a causa della pandemia, il 2021 aveva invece rappresentato un momento di ripresa ma la speranza che l’andamento avrebbe continuato a crescere è stata stroncata dall’inizio della guerra. Una delle problematiche riscontrate nel 2022 è stato l’aumento dei prezzi da parte delle aziende e dei produttori causato dall’innalzamento dei costi delle materie prime e dell’energia. Questo oltre a rappresentare un forte rincaro sui prodotti finali ha anche fatto diminuire il ricarico portando a una diminuzione dei guadagni netti. 

La crisi russo-ucraina ha determinato una grossa problematica nel campo dell’approvvigionamento energetico e questo avrà pesanti ripercussioni economiche anche nel 2023. Fin dal primo semestre del 2022 si è registrata una minore dinamicità delle esportazioni che ha continuato a peggiorare nel secondo semestre, la guerra in Ucraina, con tutte le sue conseguenze, sta aggravando una situazione già critica. 

L’ innalzamento dei prezzi da parte delle nostre aziende fa si che a livello mondiale non risultino più competitive come prima e quindi determina una diminuzione delle vendite e un raffreddamento della domanda. In questo momento il sentimento generale verso il futuro è di grande incertezza e preoccupazione in quanto questa guerra potrebbe bloccare completamente la fase di recupero dell’economia italiana portando a una recessione. 

Stiamo assistendo al blocco di intere catene produttive a causa dei costi dell’energia ormai insostenibili e del problema della disponibilità delle materie prime. Metà delle fornaci vetraie di Murano hanno dovuto chiudere così come le fonderie metalliche e le falegnamerie, tutte le imprese che basano le loro lavorazioni su un alto consumo energetico si sono trovate senza una scelta. 

Chi è riuscito a tenere aperti i battenti ha dovuto obbligatoriamente aumentare i prezzi e questo ha determinato un notevole rincaro sul costo dei prodotti finali.

In crisi anche il settore contract dell’arredo dedicato all’hospitality, questo settore segue dinamiche diverse rispetto all’arredo domestico e deve fare i conti con il rallentamento del turismo, la presenza dei clienti negli alberghi è infatti diminuita, sono circa 39 milioni in meno rispetto al 2019 (-10,3%) e l’attività aerea ha chiuso con un traffico passeggeri in calo, le previsioni si aspettano un ritorno alla normalità non prima del 2024. 


La Russia 

L’Italia dopo la Cina era inoltre il secondo paese come volumi di export di arredamento in Russia con un 24,5% delle quote di mercato, aver dovuto interrompere questi rapporti commerciali a causa della guerra ha sicuramente influito a peggiorare la crisi di questo settore.

Il peso della Russia sulla filiera legno-arredo è pari a 410 milioni di euro annui, oltre ad essere un mercato per l’Export la Russia era anche un importante fornitore di legname, con il blocco delle vendite i prezzi della materia prima sono aumentai oltre a renderne difficile l’approvvigionamento rischiando quindi di creare un corto circuito in cui non si riescono ad evadere gli ordini per la mancanza di materiale. 

Questo rende urgentissima la necessità di attuare un cambio di rotta verso nuovi mercati che possano sostituire quello russo. 


Come reagiscono gli imprenditori italiani 

Gli imprenditori italiani mai come in questo momento sono allarmati per il futuro e per le loro sorti, molte aziende hanno dovuto chiudere soprattutto quelle più piccole e non ultimi i nostri preziosi artigiani italiani che hanno sofferto più di tutti. la situazione è grave, ormai produrre sembra diventato un lusso e sempre meno aziende possono permettersi di farlo sul territorio italiano, questo spinge a rivolgersi all’estero come ad esempio alla Cina o ad altri paesi in via di sviluppo dove la manodopera ha costi molto più bassi, portando così alla decentralizzazione delle produzioni e a spostare i capitali all’estero.

Purtroppo nonostante le richieste e l’emergenza, lo Stato italiano non è ancora riuscito a fornire un valido aiuto a queste aziende in difficoltà. La responsabilità è lasciata nelle mani del singolo imprenditore, costretto a dover trovare da solo una soluzione per non dover chiudere l’azienda.

Le nostre aziende hanno dimostrato in questi ultimi due anni di essere flessibili e resilienti ma ormai le “stangate” sono state troppe e il margine di ripresa comincia ad assottigliarsi sempre più. 

Quello che più mi colpisce di questa situazione, essendo io designer e fondatrice di un’azienda italiana che si occupa di arredo, è aver assistito negli ultimi due anni alla chiusura di molte aziende artigiane con cui collaboravo. La perdita non è solo a livello economico ma è soprattutto l’aspetto culturale che sta scomparendo, è il “saper fare” dell’artigianato italiano, il nostro fiore all’occhiello che ci ha reso riconoscibili nel mondo. Con la chiusura dei laboratori artigiani, gli “antichi saperi” piano piano si estingueranno, le tecniche di lavorazione che permettevano la realizzazione di oggetti straordinari verranno presto dimenticate se non si troverà velocemente una soluzione per sostenere le nostre aziende. Le realtà di questo settore che hanno resistito alla chiusura hanno aumentato notevolmente i prezzi e questo pesa a tal punto da far sembrare impossibile le produzioni sul territorio italiano. L’unica cosa in cui possiamo sperare è che questo momento di crisi ci dia la spinta per ripensare ai nostri sistemi produttivi dalle basi, trovando fonti di energia pulita alternativa in loco, riutilizzando le materie prime seconde e ricevendo incentivi economici dallo Stato italiano. 

Ci auguriamo che questo 2023 possa essere l’inizio di una nuova era più equa, pacifica e sostenibile. 


Foto apertura: CTRLZAK, Hybrid World x Seletti

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Nicole Valenti è una designer. Altoatesina, si laurea in decorazione con specializzazione in design e arti multimediali all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove vive. Contestualmente, si diploma in grafica alla scuola Internazionale di Comics della stessa città. Subito dopo la laurea, insegna nella sua accademia per la cattedra di decorazione. Nel 2018 fonda lo studio NIVA design, fra le cui eccellenze produttive figura la maniglia, reinterpretata traendo ispirazione da un immaginario vivido, non estraneo al mondo onirico. Attualmente Nicole collabora tramite il suo studio con artisti e designer internazionali come pure con gallerie di collectible design, sempre sperimentando e ricercando nuove modalità espressive.

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