La sceicca e la sua perla. Occhi sulla scena artistica di Doha

21.1.2022
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Al Mayassa bint Hamad bin Khalifa Al Thani aveva appena vent'anni quando fu incaricata dal padre, il fondatore di Al Jazeera, di costruire il primo museo di Doha. Da allora, si è affermata come collezionista investitrice e mente creativa dell'emirato
La sceicca Al Mayassa bint Hamad bin Khalifa Al Thani aveva appena vent'anni quando fu incaricata dal padre Hamad Khalifa Al Thani - precedente emiro del Qatar nonché fondatore di Al Jazeera - di costruire il primo museo di Doha. Un decennio e un cambio di potere dopo (l'attuale emiro è il fratello di Al Mayassa, Tamim bin Hamad Al Thani), la sceicca è oggi chairperson dei musei qatarioti, mente creativa dell'emirato e collezionista affermata. Grazie alle ingenti ricchezze familiari – basti pensare che il fondo patrimoniale pubblico qatariota è stimato a $320 miliardi e che fino allo scorso anno il Qatar era il paese più ricco pro-capite del mondo – e all'ottimo fiuto per gli affari di Al Mayassa, la famiglia Al Thani ha acquistato diverse opere da aggiungere al proprio patrimonio.
Tra queste, “White Center (Yellow, Pink and Lavender)” di Mark Rothko è stato comprato tramite Sotheby's dal precedente proprietario David Rockefeller per $72.8 milioni, “The Men in Her Life” di Andy Warhol è stato aggiudicato da Phillips nel 2010 per $63.4 milioni e “The Card Players” di Paul Gauguin tramite vendita privata (2011) di Sotheby's per un prezzo superiore ai $250 milioni.
Al di fuori del patrimonio familiare, si stima che la cifra destinata annualmente all'acquisto di opere per i musei qatarioti sia di circa $1 miliardo, utilizzato negli ultimi anni sia per la creazione di opere “pubbliche” (quali una prima mostra di Damien Hirst, “The Miracolous Journey”, inaugurata nel 2013), sia per la costruzione di edifici di design. Il primo passo di Doha nel mondo dell'arte è stata la creazione del Museo di Arte Islamica (MIA), progettato dallo studio dell'architetto IM-Pei (ideatore della piramide di vetro del Louvre) ed inaugurato nel 2008.
L'edificio, che si trova su un'isola artificiale adiacente il lungomare di Doha, è ispirato alla Sabil, la fontana delle abluzioni presente nella moschea Ahmad Ibn Tulun del Cairo. Il suo interno comprende più di ottocento opere d'arte islamica – tra cui il manoscritto persiano Shahnameh, uno dei primi strumenti di navigazione iracheni e svariati smeraldi intagliati indiani – e una biblioteca con 21.000 libri arabi ed inglesi. Al MIA si sono poi aggiunti sia altri edifici pubblici di interesse artistico - il Museo Arabo di Arte Moderna (Mathaf, 2010) e il Museo Nazionale del Qatar (NMoQ, 2019, progettato da Jean Nouvel) - sia progetti privati, quali la Anima Gallery della giornalista Ghada Sholy (fondata nel 2012 per connettere artisti locali e stranieri) e la galleria A29 dell'Hotel Marriott.

La parte più interessate e forse meno scontata dell'evoluzione artistica di Doha, però, è iniziata ora. La sceicca ha infatti recentemente dichiarato al Financial Times che all'inizio del proprio mandato non aveva un'idea chiara della traiettoria da seguire e che l'impatto degli investimenti fatti era ancora poco visibile. “Per i prossimi dieci anni” ha spiegato, “il focus sarà quello di un'economia creativa”, basata su una comunità di creatori e sulle fondamenta “costruite organicamente” negli ultimi quindici anni (il tutto, ricordiamo, in un ambiente che ha ancora passi da fare in termini di libertà di parola, diritti degli immigrati e dei lavoratori, in parte limitati). Il progetto originario è quindi mutato in meglio, trascendendo l'idea di museo “classico” e adattandola al ventunesimo secolo, per ricomprendere la riqualificazione di siti storici, residenze per artisti e nuove connessioni tra arte, design e moda.
Al Mayassa ha recentemente ospitato a Doha la seconda edizione del festival culturale #QatarCreates, permettendo a designer, curatori, editori, giornalisti ed artisti di partecipare a talks ed esplorare il territorio. Uno dei luoghi più visitati è stato il progetto di riqualificazione della riserva naturale Brouq, in cui Richard Serra ha installato “East-West/West-East” (2014). L'opera consiste in quattro monoliti d'acciaio, ciascuno alto quattordici metri, disposti nel raggio di un chilometro all'interno del deserto qatariota. Il risultato porta ad un allargamento dello spazio e alla fusione degli elementi di land art con il paesaggio circostante, che si riflette nel metallo seguendo il ciclo del sole.
Al di fuori del patrimonio familiare, si stima che la cifra destinata annualmente all'acquisto di opere per i musei qatarioti sia di circa $1 miliardo, utilizzato negli ultimi anni sia per la creazione di opere “pubbliche” (quali una prima mostra di Damien Hirst, “The Miracolous Journey”, inaugurata nel 2013), sia per la costruzione di edifici di design. Il primo passo di Doha nel mondo dell'arte è stata la creazione del Museo di Arte Islamica (MIA), progettato dallo studio dell'architetto IM-Pei (ideatore della piramide di vetro del Louvre) ed inaugurato nel 2008.
L'edificio, che si trova su un'isola artificiale adiacente il lungomare di Doha, è ispirato alla Sabil, la fontana delle abluzioni presente nella moschea Ahmad Ibn Tulun del Cairo. Il suo interno comprende più di ottocento opere d'arte islamica – tra cui il manoscritto persiano Shahnameh, uno dei primi strumenti di navigazione iracheni e svariati smeraldi intagliati indiani – e una biblioteca con 21.000 libri arabi ed inglesi. Al MIA si sono poi aggiunti sia altri edifici pubblici di interesse artistico - il Museo Arabo di Arte Moderna (Mathaf, 2010) e il Museo Nazionale del Qatar (NMoQ, 2019, progettato da Jean Nouvel) - sia progetti privati, quali la Anima Gallery della giornalista Ghada Sholy (fondata nel 2012 per connettere artisti locali e stranieri) e la galleria A29 dell'Hotel Marriott.
Museo di Arte islamica (MIA) fondato dalla sceicca Al Mayassa
La parte più interessate e forse meno scontata dell'evoluzione artistica di Doha, però, è iniziata ora. La sceicca ha infatti recentemente dichiarato al Financial Times che all'inizio del proprio mandato non aveva un'idea chiara della traiettoria da seguire e che l'impatto degli investimenti fatti era ancora poco visibile. “Per i prossimi dieci anni” ha spiegato, “il focus sarà quello di un'economia creativa”, basata su una comunità di creatori e sulle fondamenta “costruite organicamente” negli ultimi quindici anni (il tutto, ricordiamo, in un ambiente che ha ancora passi da fare in termini di libertà di parola, diritti degli immigrati e dei lavoratori, in parte limitati). Il progetto originario è quindi mutato in meglio, trascendendo l'idea di museo “classico” e adattandola al ventunesimo secolo, per ricomprendere la riqualificazione di siti storici, residenze per artisti e nuove connessioni tra arte, design e moda.
Al Mayassa ha recentemente ospitato a Doha la seconda edizione del festival culturale #QatarCreates, permettendo a designer, curatori, editori, giornalisti ed artisti di partecipare a talks ed esplorare il territorio. Uno dei luoghi più visitati è stato il progetto di riqualificazione della riserva naturale Brouq, in cui Richard Serra ha installato “East-West/West-East” (2014). L'opera consiste in quattro monoliti d'acciaio, ciascuno alto quattordici metri, disposti nel raggio di un chilometro all'interno del deserto qatariota. Il risultato porta ad un allargamento dello spazio e alla fusione degli elementi di land art con il paesaggio circostante, che si riflette nel metallo seguendo il ciclo del sole.

Il Culture Pass Club (CP Club), creato nel 2020 a Msheireb, il quartiere che ospita i Fashion Trust Arabia Awards e il Tasweer Photography Festival è diventato un nuovo punto di ritrovo in città per le menti creative. Per curare il progetto, la sceicca ha collaborato con Whitney Robinson, precedente editor-in-chief di Elle Decor US, per creare un ambiente quanto più inclusivo a livello internazionale e locale. Il CP Club è formato da una corte-giardino principale, attorno alla quale si sviluppano una clubhouse con caffè bar e quattordici townhouse arredate da designer qatarioti (Wadha Al Hajri e Aisha Al-Sowaidi) ma anche internazionali, quali Rossana Orlandi, India Mahdavi e Diane Von Furstenberg.
I membri del CP Club hanno accesso esclusivo alla clubhouse, agli eventi organizzati dal club e accesso prioritario per l'affitto delle quattordici townhouse. Anche in questo caso, l'intento della sceicca è quello di creare un posto dove l'arte possa essere originata tramite l'incontro di culture. Ne sono un esempio i vestititi “sponsorizzati” di Abdel El Tayeb, che ha rivisitato le tecniche stilistiche Sudanesi (essendo il Sudan il suo paese d'origine) tramite la nuova visione acquisita vivendo in Italia.
La townhouse del CP Club curata da Rossana Orlandi
Un altro progetto di rilievo è Liwan, un hub per designer emergenti. L'edificio - vuoto dal 2005 - ha ospitato dagli anni '50 la più antica scuola per ragazze del Qatar. La direttrice e designer Aisha Al-Sowaidi ha riqualificato l'edificio con stile anni '70 (ispirato a Wes Anderson), inserendo piastrelle color pastello e mantenendo gli elementi d'arredo e biblioteca originari. Radicalmente diverso dal CP Club, Liwan offre ai propri membri (a fronte del pagamento di circa $300 l'anno e della conferma della loro residenza in Qatar) dei laboratori con stampanti 3D, uno studio fotografico, camera oscura e un laboratorio di ceramiche.
Infine, sembra che la direzione presa dalla sceicca con Qatar Museums impatterà anche sui progetti futuri. Come dichiarato da Whitney Robinson, Qatar Museums, operando sostanzialmente come fondo pubblico destinato alle arti, sta sviluppando e rinnovando siti storici nel paese. India Mahdavi sta curando la ricostruzione del villaggio di Al Jemail, sulla costa nord del Qatar, basandosi sul concetto italiano di albergo diffuso. In quest'ultimo caso, la popolazione verrà coinvolta tramite iniziative specifiche, come ristoranti di pesce affidati ai pescatori del luogo.