Il reporter Marcello Rubini, interpretato da un sublime Marcello Mastroianni, scorrazzava per le strade capitoline proprio su una TR3 corvina, in compagnia delle sue fiamme, tra cui Anita Ekberg, protagonista della scena nella fon- tana di Trevi, una delle più famose della storia del cinema. La TR3 della Dolce Vita, scomparsa poco dopo la fine delle riprese, fu ritrovata quasi casualmente nel 2016, quando un appassionato, approfondendo la storia dell’esemplare ritargato che aveva appena acquistato, scopri? dal certificato cronologico la targa originale della vettura, Roma 324229, nonché le generalità del relativo intestatario, la società “Film Riama”, produttrice del film.
Da un rapido controllo dei fotogrammi, la targa corrispondeva, ma non il colore. Nera, o comunque scura, quella del film (che era in bianco e nero), bianca invece quella dell’esemplare ritrovato, colore certificato peraltro dalla Triumph stessa come quello di origine. Grattando la vernice nei punti più nascosti il nero salto? fuori, segno che la vettura era stata cosi? verniciata per le riprese e poi ridipinta in bianco negli anni successivi.
La TR3 protagonista de La Dolce Vita di Federico Fellini
Si può facilmente immaginare come simili scoperte costituiscano eccezionali colpi di fortuna, tali da far più che decuplicare il valore della vettura. La serie TR, letteralmente Triumph Roadster, e? di certo la più significativa della storia della Casa inglese, nata a fine Ottocento come fabbrica di biciclette, e poi divenuta, alla fine degli anni dieci del Novecento, il primo produttore inglese di motocicli; dal 1923 Triumph si dedico? anche alla costruzione di automobili, ottenendo il maggior successo commerciale con la Super Seven, prodotta in più di trentamila esemplari.
Uscita a pezzi dalla Seconda Guerra Mondiale, fu acquisita dalla Standard di John Black, che per il rilancio della Triumph tento? dapprima, ed inutilmente, di acquistare la Morgan Car Company, cui forniva gia? i motori Standard Vanguard, poi di concentrarsi su un nuovo modello di vettura Sport, motorizzata Standard, per contrastare nell’importante mercato americano la tradizionale MG TD e la costosa Jaguar XK 120.
E? cosi? che nasce la serie TR, che abbraccera? quasi un trentennio del secolo scorso, giungendo al termine solo nel 1981 con la TR8. Curiosamente in una gamma cosi? significativa manca la numero 1: la TR1 non e? infatti mai esistita, poiche? la produzione in serie inizio? direttamente con la TR2. Cio? a seguito delle critiche ricevute dal primo prototipo di TR presentato al Salone di Londra del 1952.
La TR2, completamente rinnovata nel telaio, rinforzato e irrigidito, oltreche? nei volumi, con una nuova coda piu? lunga ed armonica, fu invece un successo, incentivato anche dalle numerose vittorie conseguite nelle competizioni. Ma la vera affermazione internazionale venne raggiunta dalla Triumph con la TR3, nata nel 1955 come evoluzione della TR2 e che fu prodotta in quasi sessantamila esemplari, dei quali oltre l’80% esportati negli Stati Uniti.
Nella TR3 il concetto di Roadster (o, all’italiana, Spider) e? esasperato. La vettura e? essenziale, spartana, mancano i vetri laterali poiché, per la forma delle portiere, non possono scorrervi all’interno, mancano le maniglie, la capote non e? fissata alla carrozzeria. Il posto guida e? terribilmente basso, vicino all’asfalto, che si può toccare con il palmo della mano, e il grande volante e? quasi verticale ed impone una guida a braccia raccolte. Tutto ciò, che potrebbe apparentemente sembrare scomodo e disagevole, contribuisce al contrario a rendere la vettura più affascinante e desiderabile.
Lo slancio della linea segnata dei parafanghi anteriori verso quelli posteriori, che riproducono una linea retta simile verso la coda, caratterizza inequivocabilmente la vettura, donandole aggressività e dinamismo. Altrettanto inconfondibile e? la calandra, più piccola sulla prima serie (detta small mouth) e poi divenuta “bocca larga” nella versione guidata da Mastroianni.
La precarietà dei presidi antipioggia ed antivento, mitigata dalla disponibilità di finestrini laterali rigidi applicabili alla bisogna, estremizzano il concetto di guida “en plein air”, cosi? amato dagli inglesi che guidano le roadster aperte anche sotto la pioggia. La minima altezza delle portiere, con il tipico incavo scavato a mo’ di invito per il gomito (già presente anche sulla rivale XK 120), consente la massima visione della strada e costituisce oggi un valore aggiunto nelle gare di regolarità, anche se le maniglie (previste solo dal 1957) sono a meno di 50 centimetri da terra.
La TR3 impone una guida attenta, ma assolutamente appagante. Il retrotreno a ponte rigido e balestre richiede un minimo di impegno e deve essere controllato se tende a balzellare o a ondeggiare; la guida e? quindi piuttosto fisica… quasi con il fondo-schiena (come dicevano i collaudatori di una volta) per percepire con la parte del corpo più a contatto con la vettura il comportamento e le vibrazioni, per sentirne le reazioni, l’aderenza, la trazione.
Ma l’assetto rigido, nel complesso, trasmette sensazioni di forza, robustezza e potenza, anche se può far apparire la TR3 un po’ rude, tanto da farla spesso considerare un’auto al maschile e definire “il” TR anziché “la” TR. Il piccolo 4 cilindri a valvole in testa, 1991 di cilindrata, e? robusto e performante, al punto da consentire a molti piloti dell’epoca (come un Andrea De Adamich ad inizio carriera) di conquistare numerosi successi e da rendere ancora oggi la vettura competitiva nelle manifestazioni per auto storiche, prima fra tutte la Mille Miglia, dove sono ammesse le TR ante 1957.
E ciò nonostante il propulsore e quel suo sound cosi? coinvolgenti abbiano origini tutt’altro che sportive, avendo in precedenza equipaggiato addirittura i trattori agricoli Ferguson… La ruggente TR3 non passa mai inosservata, specie se equipaggiata con gli accessori tipicamente britannici disponibili, come il tonneau-cover con sagoma del volante, per coprire
il lato passeggero in movimento o chiudere l’abitacolo senza alzare la capote, o il portapacchi esterno cromato sul bagagliaio posteriore. Vederla sfrecciare rimanda in un attimo alle atmosfere dei film anni ’60 ed al fascino degli attori di quell’epoca, non solo Mastroianni e la Ekberg, ma anche Ingrid Bergman e Anthony Perkins nel film Le piace Brahms?, o Brigitte Bardot e Sami Frey, nelle loro fughe d’amore durante le riprese de La Verita?.
Anche queste suggestioni contribuiscono senza dubbio a rendere la TR3 una delle scoperte più desiderate, tanto da farla passare di mano in mano con grande facilita?; nonostante sia stata prodotta in un numero di esemplari non certo esiguo, le TR3 non scendono praticamente mai sotto i 50mila euro, per superare agevolmente i 70mila nel caso delle prime serie ante ’57 (quelle candidabili Mille Miglia), definite spesso impropriamente TR-A.