Questa rivoluzione rappresenta chiaramente una nuova frontiera e una nuova sfida per il diritto dell’arte: spesso si tratta di opere fruibili in licenza Creative Commons Zero, cioè libera e gratuita, con facoltà per il pubblico di scaricare, riprodurre, condividere e modificare senza vincoli, anche per finalità commerciali … ma se – in un futuro che ormai non sembra più così lontano – alle aste, nei musei e nelle esposizioni, si sostituissero gli originali con i loro fac-simile? O, spingendosi ancora più in là, se le copie in 3D venissero (più o meno lecitamente) commercializzate?
Questa è stata l’indicazione del Parlamento, pronunciatosi con la Risoluzione del 3 luglio 2018 intitolata “stampa tridimensionale, una sfida nell’ambito dei diritti di proprietà intellettuale e della responsabilità civile (2017/2007(INI))”, emessa, tra l’altro, sulla falsariga della Raccomandazione della Commissione del 27 ottobre 2011, in tema di digitalizzazione e accessibilità in rete dei materiali culturali e di conservazione digitale.
La risoluzione ha tuttavia evidenziato l’assenza di una normativa aggiornata, chiara ed adeguata circa l’utilizzo delle stampanti 3D anche per la riproduzione dell’opera originale, sollecitando un intervento regolatore da parte della Commissione Europea.
Più nello specifico, poi, è stata affrontata anche la delicata questione della tutela del copyright e della proprietà intellettuale, senza nascondersi che le tecnologie 3D possono evidentemente favorire le contraffazioni, soprattutto nel settore dell’arte: “… per i processi impiegati, la stampa 3D comporta ciò che l’industria ha descritto come una sorta di “smembramento dell’atto della creazione”, nella misura in cui l’opera può circolare in formato digitale già prima di assumere una forma fisica, agevolando la copia dell’opera e complicando la lotta alla contraffazione …”.
In questo contesto, il quadro normativo italiano non appare sempre omogeneo, adeguato e “al passo con i tempi”. Se infatti, da un lato, si trova maggiore chiarezza dal punto di vista del diritto tributario e fiscale, dall’altro, la legge italiana sul diritto d’autore e sulla proprietà intellettuale – e la giurisprudenza che la applica e interpreta – danno l’impressione di non essere del tutto aggiornate.
L’Agenzia delle Entrate (v. risposta n. 303 del 2 settembre 2020) ha chiarito che la scultura in 3D non può considerarsi oggetto d’arte ai sensi e per gli effetti di cui alla tabella prevista dall’art. 36, comma 1, del D. L. 41/1995 (i.e. oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione), e quindi che la cessione da parte del suo autore (o degli eredi o legatari di quest’ultimo) non è soggetta all’aliquota IVA agevolata del 10%.
La decisione è stata motivata rilevando che, a fini tributari, sono oggetti d’arte solo quelli per cui ricorrano – nel processo creativo adottato e nella quantità di oggetti prodotti – determinate condizioni, ivi compreso il fatto che il bene sia eseguito interamente dall’artista. Cosa che non accade laddove intervenga, nell’atto creativo, in tutto o in parte, un procedimento meccanico, quale quello di stampa o modellazione in 3D, nell’ambito del quale l’intervento manuale dell’artista risulta residuale e/o limitato, e tanto più laddove siano prodotti multipli della stessa creazione (nel caso esaminato dall’AdE, si trattava di 50 o 200 pezzi per colore).
Per quanto concerne il diritto d’autore, è doveroso innanzitutto ricordare che esso protegge le opere originali, ma non la semplice riproduzione di un oggetto già esistente.
Tanto chiarito, i principali aspetti che presentano delle criticità possono, a mio avviso, essere così riassunti: 1. il processo di scansione e stampa in 3D di un’opera d’arte ne presuppone la dematerializzazione in un file, il che comporta, a sua volta, che l’opera non viva più come unicum e che debba essere quindi tutelata contro atti di riproduzione non autorizzata; 2. chi si avvale della tecnica di riproduzione in 3D si è previamente assicurato di acquisire legittimamente la (necessaria) titolarità del relativo diritto di riproduzione dell’opera originale? Il problema non sussiste per le opere in pubblico dominio, ma cosa dire delle altre, per cui esiste un “proprietario” dei diritti di utilizzazione?; 3. qual è lo statuto giuridico dell’opera riprodotta? Si tratta di creazione autentica, o no?
Questi quesiti rimangono senza una chiara risposta normativa, e sorge quindi spontanea un’ulteriore e più generale domanda: quanto a lungo dovremo attendere affinché il mondo del diritto si avvicini alle esigenze del presente, anche nell’ambito delle stampe 3D?