Passato il gelo della crisi covid, i grandi attori del lusso consolidano la loro presenza digitale e la loro potenza distributiva: entro il 2025 infatti un prodotto di lusso su cinque sarà acquistato da clienti della generazione Z (i centennial, nati dal 1996), attenta non solo ai nuovi canali distributivi digitali (come il metaverso), ma anche a temi collegati alla sostenibilità, che le aziende incorporano nelle loro strategie con modelli di re-immissione sul mercato (i cosiddetti pre-loved / pre-amati, re-selling / rivendita, rental / noleggio). Sul versante dell’offerta la sfida principale è invece quella di gestire l’inflazione galoppante, dovuta principalmente all’aumento delle materie prime. Questo è lo scenario di massima emerso dall’ultima edizione (la settima) del Global Fashion & Luxury Private Equity and Investors Survey 2022 di Deloitte, studio che analizza tendenze e operazioni aggregative nel mercato del lusso.
«Da un punto di vista geografico, l’Asia e gli Stati Uniti stanno trainando la ripresa del mercato con i consumatori cinesi che si confermano come i più attivi nel 2022, grazie a un mercato interno dinamico». In particolare, «entro il 2025 si prevede che quasi il 50% degli acquisti di lusso sarà effettuato da consumatori cinesi», rivela Tommaso Nastasi, partner di Deloitte. Ed è una notizia positiva, dopo la crisi pandemica, quando gli unici settori a registrare una crescita positiva erano stati quelli dell’arredamento (+4.2%) e degli yatch (+3.0%).
Sul fronte delle operazioni di aggregazione societaria, nel 2021, il numero di deal in ambito m&a è risultato leggermente superiore rispetto all’anno precedente. Il segmento dei beni di lusso personali (personal luxury goods) ha fatto registrare un incremento interessante, specie nella categoria abbigliamento e accessori (apparel & accessories).
Particolarmente attivi si sono dimostrati gli investitori finanziari, offerenti nel 58% degli accordi di operazioni straordinarie e in posizione di venditori nel 46% dei casi. I fondi che hanno stretto il maggior numero di accordi rispetto al 2020 sono stati quelli di private equity e venture capital. In termini di aree geografiche la crescita più significativa si è registrata in Nord America (+24 accordi). L’area Asia-Pacifico ha invece conosciuto il maggior decremento (-31 deal), sempre rispetto all’anno precedente. Un “numero record” di società si è quotato durante nel 2021.
Il 50% degli investitori intervistati, nonostante gli strascichi lasciati dalla pandemia, si dice convinto che il mercato del lusso tornerà ai livelli pre-covid nel giro di un anno. Il 21% del campione ritiene invece che il settore è già stato in grado di recuperare appieno le sue attività nel corso del 2021. Certo rimane il pesante impatto che l’emergenza pandemica ha avuto sui segmenti collegati al turismo (settore alberghiero, crociere e ristoranti). Questi comparti ne soffriranno le conseguenze anche nel 2022. Tuttavia, la pandemia ha messo a segno un cambiamento anche nelle strategie di business, come ad esempio la decisione di dotarsi di un canale di vendita e-commerce. Ad ogni modo, per il 2022 gli investitori sono fiduciosi. È unanime la volontà dei fondi di investire in asset appartenenti al settore moda e lusso, con una particolare predilezione per il segmento cosmetici e profumi (53%).