Per il lusso il bene più prezioso è la reputazione

13.12.2021
Tempo di lettura: 5'
Incertezza, nuovi modelli di consumo e di business. Le imprese del lusso si stanno rivelando capaci di adattarsi a una realtà mutevole. Ma c'è un rischio che, su tutti, spaventa: quello reputazionale
Capacità di intercettare i nuovi gusti e modelli di consumo, resistenza (più che resilienza), investimenti in tecnologie a prova di lockdown. Ma non basta. Ciò che le imprese del comparto lusso temono maggiormente, è il rischio di reputazione. Lo conferma il recente Global Luxury Brands Survey di Willis Towers Watson. La società di consulenza ha intervistato 100 decisori. aziendali presso marchi finali del lusso in Europa, Usa e Asia. Nel gruppo di intervistati rientrano 50 marchi con valore superiore a 250 milioni di dollari e 14 oltre i cinque miliardi. Il 75 per cento delle aziende dichiara che la reputazione è cruciale per il successo dei marchi di alta gamma. Nello stesso momento, il 72 per cento delle imprese ritiene che i rischi reputazionali siano più difficile da gestire rispetto ad altri.
«Il rischio reputazionale è cruciale per tutti i settori industriali, ma ancora di più per quello del lusso dove l'immagine è messa in primo piano», commenta Alessandra Capua, head of fine art, jewellery and specie, Italia ed Europa di Willis Towers Watson. Il consumatore contemporaneo è esigente come non mai quando si tratta di valutare la “moralità” di un marchio del lusso. L'approccio verso i consumatori più giovani e socialmente sensibili risulta infatti dalla ricerca una delle principali sfide (36% intervistati). I clienti più giovani tengono infatti molto alla sostenibilità (33% intervistati) e secondo il 30% dei rispondenti si sono allontanati dai beni di lusso dopo la pandemia. Anche per questo motivo, alcuni marchi stanno abbracciando per la prima volta il mercato del vintage / usato, ritenuto dai consumatori più sostenibile (e conveniente).
La sostenibilità chiama i principi esg. In questo ambito, la preoccupazione maggiore è data dalla governance. E quasi il 70% ha indicato come la composizione del consiglio di amministrazione e la struttura del comitato di controllo siano tra i cinque maggiori rischi esg. Seguono la biodiversità, il cambiamento climatico e la deforestazione (52%), la gestione delle risorse idriche e la scarsità d'acqua (50%). Quasi i due terzi (66%) delle imprese coinvolte nella ricerca stanno implementando un processo formale di gestione dei rischi esg, nel quale tutti in azienda vengono formati. Tuttavia, pochissimi (4%) lo stanno misurando, il che suggerirebbe che molti non stiano al passo con il cambiamento e l'evoluzione dei rischi esg.
La sostenibilità chiama i principi esg. In questo ambito, la preoccupazione maggiore è data dalla governance. E quasi il 70% ha indicato come la composizione del consiglio di amministrazione e la struttura del comitato di controllo siano tra i cinque maggiori rischi esg. Seguono la biodiversità, il cambiamento climatico e la deforestazione (52%), la gestione delle risorse idriche e la scarsità d'acqua (50%). Quasi i due terzi (66%) delle imprese coinvolte nella ricerca stanno implementando un processo formale di gestione dei rischi esg, nel quale tutti in azienda vengono formati. Tuttavia, pochissimi (4%) lo stanno misurando, il che suggerirebbe che molti non stiano al passo con il cambiamento e l'evoluzione dei rischi esg.
Conferma Alessandra Capua: «I maggiori rischi evidenziati nel Global Luxury Brands Survey sono legati all'ambientale, alla supply chain, al richiamo dei prodotti e al rischio cyber, ma è preoccupante il fatto che ben il 65% degli intervistati abbia difficoltà nel quantificare il rischio reputazionale - un requisito chiave prima di poter iniziare a gestire i rischi in modo efficace. Solo il 29% inoltre ha detto di avere un'assicurazione specifica per coprire questa tipologia di rischi».
La pandemia è stata e resta una sfida. Il 50% ha indicato la salute come uno tra i maggiori rischi per il successo finanziario. Tuttavia, il 70 per cento delle imprese prevede di incrementare i propri profitti di qui a due anni. Il 40% degli intervistati conferma che l'impennata delle vendite online è un'opportunità, seppure la stragrande maggioranza non crede che in futuro esse sostituiranno le vendite in negozio e che la loro quota resterà la stessa (per l'81%). In ogni caso, il digitale continuerà a crescere e faciliterà il business, e i brand stanno adottando tecnologie che miglioreranno l'esperienza dei consumatori, facilitando le vendite. Per il 44%, l'investimento è sui modelli di pagamento “buy now pay later”, considerati in grado di aumentare le vendite. Il 38% ha indicato il “pay-by-link” o altri metodi di pagamento alternativi.

Conclude l'esperta: «Il mondo del lusso sta cambiando e sono ben evidenti le macro tendenze di mercato che segnano il passo a cominciare dalla digitalizzazione, dove i marchi devono sfruttare il potere del digitale per ispirare e motivare i clienti e per parlare a una fascia demografica più giovane, anche se la maggior parte delle vendite continuerà in negozio. E poi la sostenibilità, la personalizzazione con sempre più contenuti ed esperienze su misura, le vendite in-country, perché è probabile che le limitazioni sui viaggi continuino». Da qui, anche per il lusso, nasce un ritorno ai valori chiave per la reputazione: «I marchi si stanno rifocalizzando sulle proprie radici di qualità, artigianalità, design e attenzione ai dettagli per riaffermare la loro unicità e autenticità”.
La pandemia è stata e resta una sfida. Il 50% ha indicato la salute come uno tra i maggiori rischi per il successo finanziario. Tuttavia, il 70 per cento delle imprese prevede di incrementare i propri profitti di qui a due anni. Il 40% degli intervistati conferma che l'impennata delle vendite online è un'opportunità, seppure la stragrande maggioranza non crede che in futuro esse sostituiranno le vendite in negozio e che la loro quota resterà la stessa (per l'81%). In ogni caso, il digitale continuerà a crescere e faciliterà il business, e i brand stanno adottando tecnologie che miglioreranno l'esperienza dei consumatori, facilitando le vendite. Per il 44%, l'investimento è sui modelli di pagamento “buy now pay later”, considerati in grado di aumentare le vendite. Il 38% ha indicato il “pay-by-link” o altri metodi di pagamento alternativi.
Alessandra Capua
Conclude l'esperta: «Il mondo del lusso sta cambiando e sono ben evidenti le macro tendenze di mercato che segnano il passo a cominciare dalla digitalizzazione, dove i marchi devono sfruttare il potere del digitale per ispirare e motivare i clienti e per parlare a una fascia demografica più giovane, anche se la maggior parte delle vendite continuerà in negozio. E poi la sostenibilità, la personalizzazione con sempre più contenuti ed esperienze su misura, le vendite in-country, perché è probabile che le limitazioni sui viaggi continuino». Da qui, anche per il lusso, nasce un ritorno ai valori chiave per la reputazione: «I marchi si stanno rifocalizzando sulle proprie radici di qualità, artigianalità, design e attenzione ai dettagli per riaffermare la loro unicità e autenticità”.