Premessa. Sabato 25 giugno 2022, all’età di 88 anni, è scomparso, nella sua casa di Washington D.C., Sam Gilliam, uno dei più grandi innovatori della pittura americana del dopoguerra e “un gigante del Modernismo […] che seppe trasmettere i comuni tormenti e trionfi della vita attraverso il linguaggio universale dell’astrazione.” Così, lo ricorda il gallerista Arne Glimcher, fondatore della Pace Gallery, che insieme alla David Kordansky Gallery rappresentano l’artista. “Sam ha cambiato il corso della mia vita, come ha ispirato la vita di molti altri, come insegnante generoso, amico malizioso e mentore saggio. Soprattutto, ha incarnato uno spirito vitale di libertà raggiunta con impavidità, ferocia, sensibilità e poesia”, conclude David Kordansky.
Sam Gilliam, nei suoi 70 anni di carriera, ha saputo reinventare e continuamente rimodellare la pittura e la scultura astratta, utilizzando ricche costellazioni di forme, trame e materiali per forgiare le sue composizioni creative che hanno esercitato, e continueranno a esercitare, una profonda influenza su generazioni di artisti successivi, tra cui David Hammons, Jessica Stockholder e Rashid Johnson.
Sam Gilliam, Studio, 1969. Museum of Modern Art. Credit: Sam Gilliam Artists Rights Society, ARS New York Collection of The Museum of Modern Art New York NY. Photograph by Fredrik Nilsen Studio
Una serie di scoperte formali si tradussero presto nei suoi canonici dipinti drappeggiati, che hanno ampliato i principi dell’espressionismo astratto in modi straordinari e completamente nuovi. Sospendendo alle pareti o ai soffitti degli spazi espositivi lunghe tele dipinte senza telaio, Gilliam ha trasformato il suo mezzo e i contesti in cui si inseriva. In quanto artista afroamericano nella capitale della nazione al culmine del movimento per i diritti civili, questa novità andava oltre a una mera proposta estetica, era un modo per definire il ruolo dell’arte in una società in forte cambiamento. Da questa prima rivoluzione, il suo percorso creativo si è sempre distinto per il carattere pionieristico e sperimentale. Ispirandosi all’etica dell’improvvisazione del jazz, le sue astrazioni liriche continuano ad assumere una crescente varietà di forme, materiali e stati d’animo.
Sam Gilliam, A and the Carpenter I, 1973. Credit: Sam Gilliam and Artists Rights Society NY
L’Artista. Settimo di otto figli, Sam Gilliam nasce il 30 novembre 1933 a Tupelo, nel Mississippi. Suo padre, Sam, era falegname e ferroviere, mentre sua madre, Estery, un’insegnante e casalinga. Ai giocattoli preferisce i pennarelli e le matite colorate, mostrando le sue doti artistiche fin dalla tenera età. Gilliam si diploma alla Central High School di Louisville, nel Kentucky, e prende la sua prima laurea in Belle Arti presso l’Università della città. Dal 1956 al 1958 presta servizio nell’esercito degli Stati Uniti come impiegato a Yokohama in Giappone e, nel 1961, ritorna all’Università di Louisville conseguendo la laurea magistrale in Pittura.
Sam Gilliam A and the Carpenter I 1973
L’anno successivo si trasferisce a Washington con la prima moglie, Dorothy Butler, alla quale era stato offerto un lavoro al Washington Post come primo reporter di colore della testata, e lui assume l’incarico di professore d’arte in una scuola superiore locale, una delle poche professioni che all’epoca poteva portare un artista nero al successo. Dopo la separazione, all’inizio degli anni ’80, Gilliam inizia a convivere con Annie Gawlak, mercante d’arte e consulente, nonché sua compagna di vita per 35 anni.
Agli esordi, Gilliam dipingeva prevalentemente in modo figurativo e il passaggio all’astrazione avviene, a suo dire, grazie all’incoraggiamento della Washington Color School, un gruppo di artisti che comprendeva, tra gli altri, Kenneth Noland, Morris Louis e Thomas Downing uniti nell’enfatizzare i grandi campi di colore come risposta alle opere dell’Espressionismo astratto della Scuola di New York. Sebbene Gilliam non sia mai appartenuto ufficialmente a questo movimento, è proprio Downing a fare da mentore al giovane artista, incoraggiandolo a sviluppare una tecnica pittorica più sciolta e fluida.
Sam Gilliam, Double Merge, 1968. At Dia Beacon Image Ben Davis
Negli anni ‘60 a Washington e a New York primeggiava la pittura Color Field con la sua dipendenza dai colori brillanti e a macchie. Sempre interessato alla natura fisica della pittura, Gilliam si ritaglia il proprio percorso perseguendo uno stile ben preciso. È in questo periodo che comincia a lavorare ai cicli che lo renderanno famoso: nel 1967 crea i primi «Beveled-edge paintings» (noti anche come «Slice paintings»), nei quali la tela grezza è macchiata con vernice acrilica, accartocciata prima dell’asciugatura del colore per creare astrazioni dimensionali e liriche e, in seguito, posta su montaggi in legno dai bordi smussati.
Ma l’intervento più radicale arriva nel 1968 con i «Drape paintings», simili ai precedenti nel modo in cui applica il colore ma privi di barre di sostegno, affinché le tele pendano direttamente dall’alto. Liberate dai telai, Gilliam proietta le sue composizioni nello spazio dando vita alla terza dimensione scultorea della pittura: sospese ai soffitti o alle pareti, le opere “drappeggiate” cadono e si sollevano in grandi onde e anse curve, guidate in parte dalla gravità, “come uno stendibiancheria pieno di vestiti con così tanto peso da dover essere sostenuti”. Aggressive e seducenti al tempo stesso, interferiscono con il luogo dello spettatore e forniscono una miriade, apparentemente caotica, di dettagli di pittura e colore. Queste opere rivoluzionarie, che l’artista inizia a produrre alla fine degli anni ’60, cambiarono la storia dell’arte.
Sam Gilliam, Double Merge, 1968. Installation view Dia Beacon Beacon New York. Sam Gilliam. Ph Bill Jacobson Studio New York courtesy of Dia Art Foundation New York
“I miei ‘Drape’ non sono mai appesi due volte nello stesso modo – precisa l’artista a The Art Newspaper nel 2018 – Uno studio della composizione è sempre presente, ma bisogna lasciar che le cose seguano il loro corso ed essere aperti all’improvvisazione, alla spontaneità, a ciò che accade in uno spazio mentre si lavora.”
La via per il successo si apre ufficialmente nel 1969, quando presenta alcuni di questi lavori in una mostra alla Corcoran Gallery of Art di Washington all’interno della George Washington University. Tre anni dopo, nel 1972, è il primo artista di colore a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia.
Sam Gilliam, Lady Day II, 1971. Courtesy Christie s NY
“Nessuno può dimenticare l’opera di 23 metri che Sam realizzò per il Padiglione americano alla Biennale di Venezia del 1972. Ha rubato la scena quell’anno e ha lasciato un’impronta profonda su tutti coloro che l’hanno vista – ha dichiarato Arne Glimcher – In verità, era impossibile non percepire l’audacia, la grandezza e la complessità di ciò che Sam stava cercando di fare. Ha fatto esplodere i confini tra scultura, pittura e installazione, reinventando il colore e lo spazio nell’ambito della pittura astratta. Un evento emozionante a cui assistere.”
L’arte di Gilliam oscilla continuamente tra pittura, scultura e installazione, come in “‘A’ and the Carpenter, I” (1973), dove ha ammucchiato una grande fascia di tela dipinta con macchie di rosa, giallo e blu tra due cavalletti di legno, introducendo un elemento di lavoro manuale in un’opera elegante, anche se incompiuta, e che, come gran parte del suo lavoro, appare diverso ogni volta che viene installato.
Sam Gilliam, Swing, 1969, acrylic and aluminum on canvas. Smithsonian American Art Museum. Gift of Mr. Edwin Janss Jr. 1973.189
Basandosi sul lavoro degli anni ’60, Gilliam ha continuato a esplorare e a spingere i confini della propria pratica nei decenni successivi in una vera e propria lotta con la fisicità della pittura, impiegando nuove tecniche che sfidavano la comprensione tradizionale di ciò che costituisce il mezzo pittorico. Negli anni ’80, ha sviluppato i suoi «Quilt paintings», lavori che comprendono più strati di pittura acrilica spessa su tela, tagliati in forme geometriche e riorganizzati in motivi astratti, spesso intitolati in riferimento ai suoi eroi artistici come “To Braque and Flowing Birds” (1982) o “The Saint of Moritz Outside Mondrian” (1984). Infine, le opere più recenti includono dipinti su carta e legno, oltre a numerose importanti commissioni pubbliche site specific, tra cui “Yet Do I Marvel”, realizzata per la lobby del National Museum of African American History and Culture che ha aperto a Washington nel 2016, e “Yves Klein Blue”, un monumentale drape in nylon presentato al padiglione principale dei Giardini alla Biennale di Venezia nel 2017.
Diversi lavori rendono, poi, omaggio al jazz e al blues e alla cultura sudamericana come “New Orleans #2” (1984), un mix di metallo e tela, rossi profondi e arancioni con elementi neri mescolati; “April 4” (1969), una tela rosso sangue che ricorda l’assassinio di Martin Luther King; o, ancora, “Three Panels for Mr Robeson” (1975), un enorme drappo che fa esplicito riferimento alla storia dei neri.
Sam Gilliam, The Saint of Moritz Outside Mondrian, 1984. Sam Gilliam Artists Rights Society ARS New York
Il lavoro di Gilliam trova casa nelle principali collezioni museali di tutto il mondo, dal MoMA al Metropolitan Museum of Art di New Tork, dalla National Gallery of Art di Washington all’Art Institute di Chicago, dalla Tate Modern di Londra al Louisiana Museum of Modern Art in Danimarca fino al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris. Nel 2021, la Dia Art Foundation e il Museum of Fine Arts di Houston hanno acquisito congiuntamente il suo primo dipinto “Drape Double Merge” (1968).
All’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington è attualmente in corso fino all’11 settembre 2022 la mostra “Sam Gilliam: Full Circle” che riflette, attraverso i suoi nuovi dipinti circolari, l’instancabile propulsione di Gilliam per le linee di astrazione.
Note di mercato. Nonostante il successo commerciale sia arrivato più tardi di quello di altri artisti della sua generazione, forse a causa di un sistema chiuso che escludeva gli artisti di colore o forse in parte perché egli stesso non desiderava apparire nel caotico mondo dell’arte newyorkese, Sam Gilliam è al 372° gradino della classifica mondiale di Artprice degli “artisti più quotati” con un fatturato annuale, generato in asta nel 2021, di oltre $4.1 milioni.
Sam Gilliam, Yves Klein Blue, 2017. Biennale di Venezia
Per lo più amato da collezionisti americani (il 98% dei lotti è stato venduto negli Stati Uniti), a novembre 2021, durante la celebre Contemporary Art Evening Auction di Sotheby’s New York, è stata aggiudicata l’opera “Atmosphere” (1972) per $1.85 milioni (commissioni incluse). Anno d’oro dell’artista è, tuttavia, il 2018 quando da Christie’s New York è stata esitata la grande tela “Lady Day II” (1971) alla cifra record di $2.17 milioni (commissioni incluse). Appartenente alla serie di opere conosciute come “Slice”, Lady Day II è un chiaro esempio di quanto l’artista amasse il jazz e ne fosse profondamente influenzato.
Il titolo, infatti, si riferisce all’inimitabile Billie Holiday, soprannominata Lady Day dal suo amico e partner musicale Lester Young. Improvvisazione e sperimentazione convergono sulla superficie splendente di questo capolavoro che mette in mostra la tecnica pittorica pionieristica di Gilliam, dove manipola fisicamente sia il pigmento sia la tela per produrre una serie di astrazioni straordinariamente colorate. Bande di blu, rosso rubino, rosa caldo e giallo dorato si fondono insieme dando forma a profonde pozze di pigmento che si dissolvono l’una nell’altra producendo uno straordinario senso di dinamismo che ci riporta inevitabilmente ai dripping di Jackson Pollock. Lady Day II con i suoi telai dai bordi smussati – che danno l’impressione che l’opera stia emergendo dal muro con una sua fisicità – e la sua ricca esposizione di cromia traslucida sovrapposta, è tra i dipinti più importanti e ammirati dell’artista americano.
Sam Gilliam, courtesy of David Kordansky Gallery e Pace Gallery. Ph. Fredrik Nilsen Studio
Conclusioni. Dalle sue interpretazioni pittoriche nello splendore dei drappeggi alle evocative accumulazioni di pigmenti e colori, Sam Gilliam ha lasciato un segno indelebile nella pittura astratta modernista abbracciando il caso e rinunciando al controllo. “Una delle cose che deve far parte dell’arte, ora che gli artisti sono multimediali e l’arte è così simultanea che è difficile rimanere su un problema, è formare il proprio problema e avere tenacia.” È questo il messaggio che Gilliam ci lascia, insieme alle sue incredibili astrazioni che ci suggeriscono che la pittura non ha bisogno di essere bidimensionale ma deve andare oltre, anche nella terza dimensione.